Scheda film
Regia: Luca Guadagnino
Soggetto: dal romanzo omonimo di André Aciman
Sceneggiatura: Luca Guadagnino e James Ivory
Fotografia: Sayombhu Mukdeeprom
Montaggio: Walter Fasano
Scenografie: Samuel Deshors
Musiche: Sufjan Stevens
Italia/Francia/Brasile, 2017 – Drammatico/Sentimentale – Durata: 132’
Cast: Armie Hammer, Timothée Chalamet, Michael Stuhlbarg, Amira Casar, Esther Garrel, Victoire Du Bois
Uscita: 25 gennaio 2018
Distribuzione: Warner Bros

Giochi di ruolo, di riflessi sull’acqua, di visioni ancestrali. Di attrazioni invisibili e di penetrazioni indicibili. Oliver e Elio, l’uno il cavallo di Troia dell’altro, sentiero verso un’identificazione del Sé e verso la scoperta dell’amore maiuscolo, deflagrante, tempestoso e impaziente. L’Amore che crea tabù per infrangerli, che cesella anime come scultore imperituro con la materia (ancora) inerte della propria arte.

Chiamami col tuo nome, cast stellare e racconto anemico per la passione proibita tra adolescente arguto e sensibile, e trentenne affascinante e misterioso, interpretati rispettivamente dagli intensi Armie Hammer e Timothée Chalamet, immortalati dall’ultimo Guadagnino. Tra Bertolucci e Sophia Coppola, l’autore de Io sono l’amore sigilla in una confezione lussuosa, levigata di grazia a tratti pretestuosa e inesorabilmente vacua, la sua trilogia sul Desiderio. Trasportando con la pacata raffinatezza di una neo pantomima classica, l’educazione sentimentale del protagonista del romanzo omonimo di André Aciman nel nord borghese tricolore dell’83, nelle bufere chiassose sul pentapartito e nella boscaglia dei luoghi comuni in cui lo Stivale ha sempre galleggiato sopravvivendo alle proprie ipocrisie, di razza, sesso, credo. Come fa anche la famiglia di Elio, diciassettenne musicista e lettore vorace ben nutrito dai genitori accademici, che tuttavia cerca nella propria prospera multicultura di lasciare il figlio libero di scoprire la vita e di andare incontro ai traumi e alla bellezza dell’essere e crescere, con egual spirito e libertà. Così Elio “balla” da solo, nell’estate apparentemente monotona in cui come ogni anno giunge in villa un ennesimo post dottorando acuto e colto.
Quando Oliver, dall’altezza dei suoi due metri yankie, quasi scostante quanto adorabile nel suo distaccato “later” (“a più tardi”) dentro e insieme fuori le dinamiche della famiglia di Elio che lo accoglie per la sua tesi di postdottorato, tra letture cinquecentesche e ritrovamenti ellenistici, inizia a fare amicizia con Elio, esplode anche il terremoto non più solo ormonale ma fisico ed intellettuale del ragazzo. Che fa sesso con le coetanee ma desidera sempre meno segretamente le membra e il cuore del biondo straniero, alieno notturno che scappa in bicicletta e rapisce tutti nella rete “buona” dei suoi sorrisi. Tra party, danze molli nella rigida mollezza della musica dance, incontri di mezzanotte e promesse impossibili, Elio e Oliver trovano il modo di comprendersi e darsi totalmente l’un l’altro, confondersi l’un l’altro nella purezza di un amore imprevisto.

Esplorando (come egli stesso dice) “l’idillio della giovinezza”, Guadagnino ha adattato con James Ivory e con Walter Fasano una storia che quasi s’annega nell’esotismo caldo della Bell’Italia di vacanza ozio e studio, ben ritiro e campo di allenamento protettivo e incantato. A bigger splash nel sole cremasco, in quel “somewhere” tra anima e corpo che Guadagnino sempre ha perimetrato con accoppiamenti arditi e sedativi. Inoltrandosi o meglio restando a bordo vasca, stavolta, di un melodramma abbagliato e insieme sedato dalle luci magnetiche di quella campagna e compagnia virgiliana del tutto lontana dall’epicurea assenza di dolore eppure priva di reale sofferenza e coinvolgimento. Quello che i protagonisti provano è lacerazione silenziosa negli anni ’80 dell’edonismo mediatico e della politica truffaldina a carte scoperte. Essi trovano inaspettatamente una strada per amare, tra contraddizioni e non detti, tuttavia tutti, Oliver sopra ognuno, restano incastrati nel torpore di una narrazione che appaga il gusto ma non le viscere e non sembra (ri)conoscere se stessa.

Voto: 5 e ½

Sarah Panatta