Scheda film
Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Jeremy Dyson e Andy Nyman
Fotografia: Ole Bratt Birkeland
Montaggio: Billy Sneddon
Scenografie: Grant Montgomery
Costumi: Matthew Price
Musiche: Haim Frank Ilfman
Suono: Dylan Voigt
G.B., 2017 – Horor – Durata: 98′
Cast: Andy Nyman, Martin Freeman, Paul Whitehouse, Alex Lawther, Paul Warren, Kobna Holdbrook-Smith, Nicholas Burns
Uscita: 19 aprile 2018
Distribuzione: Adler Entertainment

Un incubo ad occhi aperti

Il professor Goodman (Andy Nyman) è una sorta di indagatore dell’incubo, una specie di emulo – se vogliamo riderci su – del professor Razzi interpretato da Alberto Sordi in Sono un fenomeno paranormale nel 1986 di Sergio Corbucci. Il lavoro dello scienziato è molto più serio, poiché cerca ogni giorno di smontare ogni tipo di manifestazione che apparentemente sfugga alla razionalità umana, anche a costo di togliere la speranza a chi nell’insondato cerca un appiglio per sfuggire alla grigia realtà, come quella ad esempio della morte di un figlio.

Quando riceverà un invito dal professor Cameron, cui si è sempre ispirato fin da giovane per il suo difficile mestiere, ad indagare su tre casi misteriosi che anche per lui sono rimasti irrisolti, dovrà confrontarsi con tutte le proprie paure, il proprio passato e le proprie convinzioni…

“La mente vede ciò che vuole vedere”, questa è la tag-line oltre che la chiave di lettura, benché in senso lato, di Ghost stories di Jeremy Dyson ed Andy Nyman, qui anche protagonista (e già visto nel recente L’uomo sul treno di Jaume Collet-Serra). Tratta da una pièce tatrale scritta e portata in scena con successo dai due autori, il loro lavoro è un omaggio sentito e riuscito ai connazionali film degli Ealing Studios e della Amicus come Incubi notturni (Dead of night) di Alberto Cavalcanti et al. e Le cinque chiavi del terrore (Dr.Terror’s house of horrors) di Freddy Francis, a loro volta citati da produzioni internazionali qua e lù per il mondo, il più delle volte per unire una serie di cortometraggi e dar loro un senso distributivo.

Un vero e proprio incubo da vivere ad occhi aperti: tre storie spaventose con una cornice destinata ad essere più spaventosa degli episodi stessi, nate dalla passione cinefila dei due registi e spogliate di suggestioni cinematografiche per renderle il più teatrali possibili (una sorta de “I monologhi della vagina” in salsa horror, come loro stessi hanno definito la pièce), poi di nuovo tradotte nel linguaggio cinematografico e quindi amplificate per mantere e rinforzare tutte le suggestioni e tutti gli spaventi.

Se fondamentalmente Ghost stories potrebbe essere un film sul senso di colpa, che potrebbe essere l’elemento chiave e risolutivo, nonché scatenante dei racconti, la spiegazione dei tre casi misteriosamente irrisolti, irrivelabile – neanche sotto tortura! – è in realtà molto semplice e pure non nuova, ma è accuratamente ed astutamente preparata e suggerita da una serie di indizi disseminati lungo tutta l’intera pellicola, tanto da meritare una seconda visione per metterli insieme uno per uno.

Se il primo racconto, forse il più spaventoso, è horror puro, il secondo, interpretato dall’ottimo Alex Lawther (già visto in The imitation game di Morten Tyldum e nell’ancora inedito da noi Freak show di Trudie Styler), vira verso la commedia, il terzo invece è il più bizzarro e paradossalmente poco comprensibile, un vero one-man-show dello straordinario Martin Freeman, anche perché si avvicina ineluttabilmente verso lo scioglimento finale.

Ghost stories non è nulla più di un onesto film horror, che forse può fare gridare al miracolo proprio per il suo estremo e sincero citazionismo, molto attuale alla luce di operazioni quali Stranger things e Ready player one, ma che mantiene ciò che promette e che regalerà allo spettatore ciò che cerca in sala: più di un’ora e mezza di brividi e divertimento!

Voto: 7

Paolo Dallimonti