Scheda film
Regia: Alessandro Genovesi
Soggetto: Alessandro Genovesi, ispirato al musical di Broadway “My big gay italian wedding”
Sceneggiatura: Giovanni Bognetti e Alessandro Genovesi
Fotografia: Federico Masiero
Montaggio: Claudio Di Mauro
Scenografie: Luca Merlini
Costumi: Cristina Audisio
Musiche: Andrea Farri
Suono: Roberto Sestito
Italia, 2018 – Commedia – Durata: 89′
Cast: Salvatore Esposito, Diego Abatantuono, Monica Guerritore, Beatrice Arnera, Cristiano Caccamo, Antonio Catania, Dino Abbrescia
Uscita: 1° marzo 2018
Distribuzione: Medusa Film
“So’ tutti quanti bravi a fa’ i gay a Berlino”
Antonio (Giovanni Caccamo) e Paolo (Salvatore Esposito) sono felicemente fidanzati a Berlino, finché non decidono di venire a sposarsi in Italia, in quel di Civita di Bagnoregio, il paesino di cui il padre di Antonio, Roberto (Diego Abatantuono), è nientemeno che sindaco, progressista ma inevitabilmente omofobo. Il viaggio, intrapreso insieme ai due coinquilini Benedetta (Diana Del Bufalo) e, ultimo arrivato, Donato (Dino Abbrescia), uomo di mezz’età cacciato dalla moglie poiché scoperto a travestirsi da donna, sarà fonte di mille disavventure, ma anche occasione di confronto per la coppia tra loro stessi e non solo…
Alessandro Genovesi, autore, attore e regista milanese, ci fa simpatia: innanzitutto per la semi-omonimia col nuovo Re Mida della commedia nazionale Paolo Genovesi, che spesso – gli auguriamo – gli avrà anche portato fortuna, e poi perché nelle sue commedie cerca sempre di sperimentare e di tentare strade non sempre già battute, come fu con Soap opera. Anche in questo Puoi baciare lo sposo pare essersi ispirato ad una commedia musicale andata in scena a Broadway, “My Big Gay Italian Wedding” di Anthony J. Wilkinson. E i problemi cominciano proprio da qui: se moltissime opere hanno avuto la loro trasposizione musicale, come 8 e ½ con Nine o Per favore non toccate le vecchiatte con The producers, tanto per citarne due, il contrario è molto meno frequente e presuppone un solido copione che possa andare a colmare le lacune aperte dall’assenza delle canzoni.
Invece la sceneggiatura, scritta dal regista insieme a Giovanni Bognetti, si ricorda del musical solo in tracce risultando molto debole e presentando notevoli problemi di scrittura: probabilmente diverse revisioni hanno reso necessario l’aggiunta di un presunto elemento comico di rinforzo rappresentato dal Donato La Vopa interpretato da Dino Abbrescia, elemento che però rimane macchinoso sia come personaggio che per l’utilizzo narrativo che se ne fa nel corso del racconto, risultando in finale solo pleonastico e posticcio. Anche la presenza (scarsa a livello scenico) di un Diego Abatantuono, incapace ormai di fare anche il più piccolo birignao. di quelli cui ci aveva abituato nell’era Salvatores, pur rimanendo spesso in scena quasi come un Golem senza senso, non aiuta. La questione principale è che in un copione mal scritto, con sul groppone pure diversi personaggi mal delineati, non si capisce perché due genitori progressisti debbano rivelarsi come i peggiori omofobi di questo mondo, senza che questo venga spiegato a dovere, ma imposto solo a mo’ di dogma.
I due giovani protagonisti ce la mettono tutta, come anche la giovane Beatrice Arnera, pur in un personaggio, quello della ex di Antonio, privo di significato e spessore.
Neanche il finale, sulle note di “Don’t leave me this way”, riesce a riscattare il risultato, anzi, come parentesi e citazione “musical”, finisce per affossarlo ancor di più, istillandoci la domanda: perché?!
Voto: 5
Paolo Dallimonti