Scheda film
Titolo originale: Beauty and the Dogs
Regia: Kaouther Ben Hania
Soggetto e Sceneggiatura: Kaouther Ben Hania
Fotografia: Johan Holmquist
Montaggio: Nadia Ben Rachid
Scenografie: Moncef Hakouna
Costumi: Nadra Gribaa
Musiche: Amin Bouhafa
Suono: Moez Cheikh, Raphael Sohier
Tunisia/Francia/Svezia/Norvegia/Qatar/Svizzera/Libano, 2017 – Drammatico – Durata: 100’
Cast: Mariam Al Ferjani, Ghanem Zrelli, Noomen Hamda, Mohamed Akkari, Chedly Arfaoui
Uscita: 26 luglio 2018
Distribuzione: Kitchenfilm

La notte è troppo grande per me

Non c’è luogo sulla faccia della Terra, indipendentemente dalla latitudine e dalla longitudine, dove i diritti individuali o collettivi non vengano quotidianamente calpestati o messi seriamente in discussione. In misura diversa, questi vengono gravemente e impunemente negati, ma per fortuna ci sono persone che ieri come oggi hanno e continuano a chiedere ad alta voce giustizia. Il prezzo però per averla rivendicata e per avere denunciato tali violazioni è stato ed è ancora molto salato.

È il caso della protagonista de La bella e le bestie, nelle sale nostrane con Kitchenfilm a partire dal 26 luglio a distanza di un anno circa dalla presentazione in quel di Cannes nella sezione Un Certain Regard, scaraventata in un ginepraio senza via d’uscita. La pellicola scritta e diretta da Kaouther Ben Hania, infatti, si ispira ad una storia realmente accaduta, un tra le tante, tantissime, insabbiate e taciute che non hanno mai trovato giustizia. L’opera terza della cineasta tunisina, già autrice del pregevole Zaineb Hates the Snow, ci catapulta senza senza rete di protezione al seguito di Myriam, una ragazza che, seppure cresciuta in una famiglia conservatrice, crede nella Tunisia dell’Islam democratico. Pensa che sia possibile per una ventunenne nubile trascorrere una serata allegra a ballare con le amiche, ma scoprirà che non è così quando durante una festa studentesca incontra il misterioso Youssef ed esce con lui. Inizia una lunga notte, nel corso della quale dovrà combattere per i suoi diritti e la sua dignità dopo essere stata violentata. Ma come può avere giustizia quando si trova dallo stesso lato dei suoi aggressori? Ci riuscirà? Alla visione ovviamente l’ardua sentenza.

Quella che si materializza sullo schermo è una vera e propria odissea umana, resa attraverso un’immersione di natura kafkiana ai danni di una ragazza che si troverà a scontarsi faccia a faccia, in una notte che sembra non avere fine, con le dinamiche distorte, le nefandezze, gli abusi di potere e persino con l’assurda burocrazia di uno Stato e con le machiavelliche ragioni di quest’ultimo. Insomma, un autentico calvario che l’autrice restituisce sottopondo lo spettatore di turno ad una discesa in assetto variabile, con momenti ansiogeni e claustrali che lasciano pochissimi margini di respiro. Questi si riversano e vengo circoscritti in nove capitoli di un piccolo romanzo dell’orrore, con altrettanti lunghi piani sequenza, alcuni dei quali di buonissima fattura (vedi l’incipit nella sala feste dell’albergo o quello di transizione tra l’interno dell’abitacolo del taxi e la questura), a scandire le fasi di un racconto lineare che riescono per gran parte di questi a tenere a sé il fruitore da un punto di vista prettamente empatico.

Ciononostante, l’uso chirurgico della steadycam dentro e fuori dalle topografie interne (albergo, ospedale, clinica privata, centrale di polizia, questura, camionette, strade e taxi), unito all’intensa e coinvolta interpretazione di Mariam Al Ferjani nei panni di Myriam, non sono sufficiente a garantire al film quanto necessario a spiccare definitivamente il volo. In effetti non è tutto oro ciò che luccica, poiché bisogna registrare non tanto nella messa in quadro quanto nella fase di scrittura qualche limite che ne frena non le ambizioni tematiche, ma la resa narrativa e drammaturgica. In tal senso, si avvertono una certa dose di didascalismi e di forzature che finiscono con il rendere più fragile la struttura del racconto nella sua interezza. La schematicità di alcuni passaggi e la presenza di dialoghi non sempre all’altezza della situazione (sopratutto nel capitolo dell’ospedale e in quello finale della questura) non aiutano la causa, nonostante la bravura della Al Ferjani riesca quantomeno a rendere vivo ed emotivamente palpabile la materia filmica in questione.

Voto: 6 e ½

Francesco Del Grosso