Production companies: Temple Hill, Perfect World Pictures
Distributor: Universal
Cast: Ryan Gosling, Claire Foy, Jason Clarke, Kyle Chandler, Corey Stoll, Patrick Fugit, Christopher Abbott, Ciaran Hinds, Olivia Hamilton, Pablo Schreiber, Shea Whigham, Lukas Haas, Ethan Embry, Brian D’Arcy James, Cory Michael Smith, Kris Swanberg
Director: Damien Chazelle
Screenwriters: Josh Singer, based on the book First Man: The Life of Neil A. Armstrong by James R. Hansen
Producers: Wyck Godfrey, Marty Bowen, Isaac Klausner, Damien Chazelle
Executive producers: Steven Spielberg, Adam Merims, Josh Singer
Director of photography: Linus Sandgren
Production designer: Nathan Crowley
Costume designer: Mary Zophres
Music: Justin Hurwitz
Editor: Tom Cross
Visual effects supervisor: Paul Lambert
Casting: Francine Maisler
Venue: Venice Film Festival (Competition)
Non ci sono dubbi sul risultato finale del dramma di Damien Chazelle sulla missione Apollo 11 della NASA del 1969, che ha fatto la storia mettendo gli astronauti sulla luna dopo una serie di tentativi di tentativi ed errori. Eccellente.
Colonna sonora strepitosa, effetti speciali ottimi,e un interpretazione meditativa di Ryan Gosling nei panni di Neil Armstrong, a cui conferisce un immagine sobria e contemplativa veramente unica.
Il film è un adattamento sorprendentemente intelligente di un momento decisivo per l’America che amplia la gamma tonale di Chazelle, chiaramente un talento versatile, dopo Whiplash e La La Land. Ciò che è forse più notevole è il rifiuto del film di impegnarsi nell’attesa autocelebrazione che un evento simile sembrerebbe esigere. Per la generazione del boom, lo sbarco sulla Luna di Armstrong e del collega astronauta Buzz Aldrin è stato un momento formativo, che ha confermato la promessa del programma spaziale esteso di John F. Kennedy.
Il film si apre con la prima delle numerose sequenze bianche mentre Armstrong esegue un volo di prova in solitaria a 140.000 piedi da terra, uscendo e rientrando poi nell’atmosfera terrestre con un rimbalzo difficile sulla via del ritorno. Chazelle richiama immediatamente echi di grandi film di esplorazione spaziale da The Right Stuff a Gravity con il rumore infernale e il crepitio di quella che sembra una lattina che sfreccia nel vuoto. La fragilità di queste navi è una costante in tutto.
Ma la sceneggiatura decolla soprattutto quando descrive Armstrong raffigurato come un uomo umile, non un eroe temerario come tutti si sarebbero aspettati. La sua natura intensamente privata è aggravata dalla perdita paralizzante della figlia Karen a causa di un tumore al cervello prima del suo terzo compleanno mentre Armstrong lavora in una base aeronautica nel sud della California. La moglie di Armstrong è interpretata da Claire Foy in una performance che affascina, che elude con grazia il cliché mentre cammina sul confine tra l’essere emotivamente solidale e mostrare la propria spina dorsale solida e schietta e pragmatica.
Damien Chazelle Shoots the Moon: il miglior regista più giovane di Oscar cresce con “First Man” Attori di prim’ordine come Kyle Chandler e Ciaran Hinds prestano la loro abituale consuetudine alle figure autorevoli della NASA, e Corey Stoll ha momenti divertenti come Aldrin.
Ma il grande ensemble prevalentemente maschile generalmente funziona più come unità coesa che come singoli personaggi. La tensione del film deriva dalla consapevolezza, in ogni fase, che le battute d’arresto e i fallimenti sono ciò che conta per la stampa e il pubblico americani.
Scene continue di prove e morti nei test per voli e allungaggio sono efficaci come le scene domestiche, in particolare la rabbia fulminante di Foy quando Janet insiste, alla vigilia del lancio dell’Apollo 11, che Neil parli ai suoi figli della possibilità che non ritorni. Quella di Gosling è una performance sommessa, quasi schiva, che tuttavia fornisce al dramma un centro autorevole. Tornato a lavorare con il suo direttore della fotografia di La La Land, Linus Sandgren, Chazelle utilizza una camera portatile e il taglio rapido del direttore Tom Cross per trasmettere le pressioni a casa e nello spazio. Ma la tecnica non è mai appariscente o stranamente nervosa, rispecchiando invece lo stretto controllo . La tendenza a privilegiare l’understatement è ovunque. E la silenziosa maestosità del dramma deve molto agli infiniti umori della magistrale partitura di Justin Hurwitz, fenomenale per tutto il film, e che raggiunge il suo apice nella scena dell’atterraggio che fa già parte della storia del cinema.
Voto 8
Vito Casale