Ambientato in ” Berlino divisa a metà” e comprendente “sei atti e un epilogo”, il film di Guadagnino parte dalla premessa di Argento e la sceneggiatura originale di Daria Nicolodi, a sua volta ispirata a fonti diverse come Thomas De Quincey e Biancaneve. Dakota Johnson è Susie, l’americana che si unisce alla prestigiosa Helena Markos Dance Company, nelle cui enclavi scopre i segreti delle streghe. “C’è molto di più in quell’edificio rispetto a quello che puoi vedere”, dice Patricia.
Quando Patricia scompare, la coreografa Madame Blanc (Tilda Swinton), , suggerisce che ha lasciato la compagnia a causa delle sue convinzioni politiche e dei suoi programmi. Nel frattempo, mormorii di lotte di potere terreno si mescolano a sussurri che riguardano il triumvirato di madri  le cui ombre infestano l’accademia. Mentre Susie, impressiona Blanc con la sua miscela unica di innocenza e forza, sale in cima alla troupe di ballo, interpretando il protagonista nella provocatoria danza “Volk”.
Mentre la fantasia sognante di Argento possedeva una qualità astratta e senza tempo, lo sceneggiatore di Guadagino e A Bigger Splash David Kajganich si concentra sulle specificità socio-politiche del loro contesto del 1977. I resoconti del gruppo Baader-Meinhof e le discussioni sull’eredità del nazismo sono costantemente alla ribalta.
Sembra intrigante, ma spesso il risultato è meccanico, tendendo di tanto in tanto verso il risibile.
Sul fronte delle prestazioni, Dakota Johnson taglia una figura imponente, passando . Mia Goth, inoltre, è incredibilmente efficace come compagna di ballo Sara, mentre la star originale Jessica Harper ha un ruolo da cameo. Per quanto riguarda Tilda Swinton, interpreta tre ruoli, uno dei quali la vede essenzialmente fare un’impressione di Padre Merrin di Max von Sydow da The Exorcist,
La tavolozza dei colori può a volte essere spenta a differenza del film originale, e c’è un’energia eccessiva che combacia con l’angoscia della narrazione, completata dalle  sollecitazioni della musica di Thom Yorke.
A volte viene in mente il Climax iperventilato di Gaspar Noé, un film sconvolto che funzionava a un livello quasi interamente esperienziale. Nel suo libro definitivo Dario Argento: L’uomo, i miti e la magia, lo scrittore Alan Jones cita Argento nel chiamare la sua originaria Suspiria “un incubo sperimentale crescente … un vero e proprio viaggio acido magico e gioioso”. È quel senso di gioia che manca nella versione di Guadagnino. Questa Suspiria rimane particolarmente severa, appesantita dalla gravità ma mantiene una capacità visionaria e coraggiosa che ne fanno un’opera da vedere, ma certamente distante dall’originale.

Voto 7
Vito Casale