Scheda film
Regia: Ari Aster
Sceneggiatura: Ari Aster
Fotografia: Pawel Pogorzelski
Montaggio: Lucian Johnston
Scenografie: Henrik Svensson
Costumi: Andrea Flesch
Musiche: The Haxan Cloak
Cast: Florence Pugh, Jack Reynor, William Jackson Harper, Will Poulter.
USA, 2019 – Horror – Durata: 147’
Uscita: 25 giugno 2019
Distribuzione: Eagle Pictures

Mezza estate di sangue

È trascorso un anno esatto dall’uscita nelle sale nostrane di Hereditary, la pellicola che ha consegnato agli amanti dei sapori forti e degli horror al cardiopalma un regista da tenere sottocchio, ossia Ari Aster. Ora il cineasta statunitense, che aveva già messo in vetrina le sue indubbie qualità dietro la macchina da presa sulla breve distanza con una serie di pluri-premiati cortometraggi, torna sul grande schermo e lo fa con un secondo lungometraggio che conferma quanto di buono dal punto di vista formale aveva fatto nell’opera prima. In tal senso, quanto messo in quadro in Midsommar – Il villaggio dei dannati è l’ulteriore dimostrazione delle sue doti tecniche, frutto di una consapevolezza e di una maturità formali raggiunte a tempo record. Le soluzioni visive proposte, alcune delle quali di grande efficacia (vedi il piano sequenza nel bosco del trip allucinogeno della protagonista o il capovolgimento aereo del drone durante il viaggio in auto), ne sono la cartina tornasole e la prova tangibile. Alla pari dello studio attento su ogni singola inquadratura e sul gioco di focali utilizzato per rendere la confezione di altro profilo.

Al contempo, la componente narrativa e drammaturgica invece denota un leggero passo indietro rispetto al film precedente, tipico di chi è chiamato a rilanciare per confermare o provare a superare le attese. A conti fatti, Midsommar non tiene il passo di Hereditary, per una serie di problematiche strutturali nella scrittura, che emergono dall’analisi dell’intera architettura. Nonostante la presenza del medesimo background orrorifico che aveva caratterizzato il suo acclamato debutto alla regia, Aster tenta nuovamente di spingere il suddetto genere in direzioni nuove e imprevedibili, riuscendoci però solo in parte. Lo sforzo c’è e si vede nell’arco dei 140 e passi minuti di timeline (eccessivi per l’economia globale del racconto), ma non è sufficiente a garantire all’opera in questione le basi solide e la giusta spinta propulsiva per conquistare ancora una volta il pubblico.

Midsommar funziona a fasi alterne, ossia quando l’autore riesce a farci dimenticare il mash up di The Village, The Wicker Man, The Green Inferno e Dogville che si materializza di default nella mente dello spettatore. Il risultato rievoca dinamiche e situazioni già viste, che entrano in conflitto con altre che diversamente entrano a gamba tesa sul fruitore come nel caso delle scene dedicate ai macabri rituali. Del resto, il plot basta a mettere in evidenza entrambi gli aspetti, con il regista che ci porta in un piccolo villaggio della Svezia dove ogni novant’anni in piena estate si svolge un leggendario Festival. Ma per un gruppo di amici quella che doveva essere una vacanza idilliaca si trasforma ben presto in un incubo terrificante. Viene da sé che come da tradizione e da schema classico, ciò che inizia come una spensierata avventura estiva nella terra della luce eterna, prende una svolta sinistra quando gli abitanti del villaggio invitano i loro ospiti a partecipare alle festività che rendono quel paradiso pastorale sempre più snervante e incredibilmente inquietante.

Il risultato è una fiaba cinematografica impregnata di terrore e dai risvolti splatter, in cui un mondo fatto di oscurità prende vita in pieno giorno. L’ambientazione bucolica e pastorale richiama da vicino le già citate pellicole di Robin Hardy (con relativo remake) e Shyamalan; il che determina una perdita graduale di originalità nel racconto, tamponata dal sali e scendi di tensione ben costruito che caratterizza le varie fasi della timeline.

Voto: 6 e ½

Francesco Del Grosso