Scheda film

Regia: Doug Liman
Soggetto: Hiroshi Sakurazaka
Sceneggiatura: Christopher Mcquarrie, Jez Butterworth, John-Henry Butterworth
Fotografia: Dion Beebe
Montaggio: James Herbert
Scenografie: Oliver Scholl
Costumi: Kate Hawley
Musiche: Christophe Beck
USA, 2014 – Thriller/Fantascienza – Durata: 113′
Cast: Tom Cruise, Emily Blunt, Bill Paxton, Brendan Gleeson, Jonas Armstrong, Tony Way
Uscita: 29 Maggio 2014
Distribuzione: Warner Bros. Pictures

 Back To the past

In un futuro non ben definito, la terra viene invasa da una rapace e terribile forza aliena che prende il nome di “Mimics”, davanti alla quale le forze militari del nostro pianeta risultano inermi. Lo strapotere di questi extraterrestri sarà messo a dura prova dal Tenente William Cage (Tom Cruise) e dall’intraprendenza e tenacia del Sergente Rita Vrataski (Emily Blunt). Insieme combatteranno questa orda di esseri simili a piovre anfibie grazie al dono di Cage ereditato proprio da un alieno nel suo primo decesso in battaglia, cioè quello di morire ad ogni scontro per poi ritrovarsi intrappolato in un loop temporale ed avere quindi la possibilità di rivivere lo stesso giorno più e più volte; questo porterà i due soldati della United Defense Force a conoscere le tattiche e le strategie del nemico in modo da tenergli testa fino allo scontro finale.
Il regista Doug Liman, conosciuto ai più per aver diretto The Bourne Identity, Mr. & Mrs. Smith e l’incolore Jumper, fa tesoro dell’interessante soggetto tratto dalla light novel “All you need is kill” di Hiroshi Sakurazaka per costruire il suo sci-fi, dove però si limita ad abbozzare e non a creare. Esempi di egregie ripetizioni temporali erano già state portate sul grande schermo dal compianto Harold Ramis con la sua paradossale commedia, ma quanto mai riflessiva e divertente, Ricomincio da capo (1994) con un eccellente burbero/istrionico Bill Murray; e per rimanere in tema fantascienza anche Duncan Jones con lo splendido Source Code (2011) aveva elegantemente ed intellettualmente gestito il tema, ponendo l’attenzione sulla rinascita, che non è solo fisica ma sopratutto mentale, di crescita dei legami e di costruzione spirituale di se stessi.

In Edge of Tomorrow si dà forse troppa importanza all’attrazione rispetto alla narrazione: la sceneggiatura di Christopher Mcquarrie, Jez Butterworth e John-Henry Butterworth (il primo premio Oscar per il
geniale I Soliti Sospetti) non è memorabile e per via di qualche intervallo di troppo non permette al protagonista Tom Cruise di crescere di personalità attraverso la trama. Il ripetersi ma non ripetere non trova terreno fertile, nel trattamento gli enunciati di processo prevaricano quelli di stasi e gli stati d’animo degli attori sono pressoché assenti; anche il trascorrere del tempo viene solo mostrato ma non spiegato. Conseguentemente i rapporti tra i personaggi sono poco fortificati, rimangono figure abbozzate e solo qualche (ri)battuta durante i loop strappa qualche sorriso e riesce a trasmettere una leggera comicità che almeno rende il film gradevole e di intrattenimento.
Il legame Cruise/Blunt si arricchisce di consistenza in rare occasioni ed anche le interpretazioni dei due attori sono routinarie.
Dal punto di vista tecnico il formato 3D (non nativo) non regala particolare pathos al film, i costumi di Kate Hawley (Pacific Rim), che ricordano gli esoscheletri antropomorfi usati in Matrix Revolution e Avatar, sono ben congeniati e contribuiscono a rendere la futuristica battaglia sulle coste britanniche (richiamo esplicito allo sbarco in Normandia durante la seconda guerra mondiale, già reso sul grande schermo da Steven Spielberg in Salvate il soldato Ryan) di grande impatto visivo. Leggermente meno curati sono invece gli effetti visivi di Nick Davis che in passato ci aveva stupito con La fabbrica di cioccolato di Tim Burton e i primi due capitoli della saga di Harry Potter, mentre in questo caso la razza aliena in alcune scene sembra una macchia sullo schermo, senza una forma propria e distinguibile. 

Voto: 5

David Siena

#IMG#I Mimics, temibili esseri tentacolati dalla velocità prodigiosa, hanno conquistato tutta l’Europa, alla stregua delle divisioni della Wehrmacht durante la II Guerra Mondiale. Il Maggiore William Cage, brillante PR dell’esercito americano, viene accusato di diserzione dal Generale Brigham e spedito a combattere in prima linea. Il contrattacco organizzato dalla United Defense Force sulle coste della Francia si risolve però in un massacro, e il Maggiore trova la morte facendosi esplodere assieme a un Mimic. Contaminato dal sangue dell’alieno, Cage rimane intrappolato in un loop temporale, condannato a rivivere all’infinito il giorno della battaglia fino a che non riuscirà a trovare una via d’uscita.
Tratto dal racconto “All You Need is Kill” (2004) di Hiroshi Sakurazaka, in seguito trasposto in un fortunato manga da Ryōsuke Takeuchi e Takeshi Obata, Edge of Tomorrow miscela elementi eterogenei, riuscendo ad amalgamarli con intelligenza inaspettata e una buona dose di arguzia. Da un lato troviamo l’esplicita attenzione per le dinamiche dei videogames, dichiarata dallo stesso Sakurazaka nella postfazione al suo racconto, dall’altro gli ovvi riferimenti a un piccolo classico come Ricomincio da capo (1993) di Harold Ramis. Il meccanismo era stato peraltro già sfruttato in ambito fantascientifico da Duncan Jones in Source Code (2011), dove il soldato Jake Gyllenhaal riviveva più volte gli stessi otto minuti, nel tentativo di risalire all’identità dei responsabili dell’attentato a un treno. Edge of Tomorrow ha un sottotesto meno “politico” di Source Code, palesi aspirazioni da blockbuster, e utilizza come sfondo la più classica delle ambientazioni, quella di un’invasione aliena su vasta scala.
Il Giorno della Marmotta del novellino Tom Cruise è però ben lontano da quello di Bill Murray nell’amena cittadina di Punxsutawney, e assomiglia assai più al D-Day di Salvate il Soldato Ryan. Durante l’operazione Overlord 2.0, infatti, il convulso carnaio in cui viene scaraventato (letteralmente) lo sprovveduto William Cage, a digiuno di addestramento militare e orfano di bellico fervore, rammenta molto da vicino lo sbarco degli Alleati in Normandia. L’esperto Doug Liman, il quale firma il suo film migliore dai tempi di The Bourne Identity (2002), si immerge nel caos della battaglia con la tempra di un Robert Capa e una macchina da presa mobilissima, almeno fino al primo Game-Over, quando Cage si fa saltare in aria con il suo nemico. Niente paura perchè, come ben sa ogni appassionato dell’universo videoludico, è sempre possibile ricominciare da capo, cercando di proseguire evitando gli errori commessi. Il richiamo ai videogames permette a Edge of Tomorrow di scantonare dalle stereotipate dinamiche dell’action-movie, le quali vengono scardinate da un implacabile meccanismo a orologeria, in cui ogni mossa corrisponde alla tessera di un puzzle.
La struttura, che potrebbe risultare fatalmente ripetitiva, è ravvivata sia da soluzioni alternative di regia e di montaggio, che da sferzate d’umorismo. Cage cerca di dissuadere i suoi superiori, avvertendoli del fallimento a cui è destinata l’operazione, ma tra una morte violenta e l’altra, si rende conto che la sua unica speranza risiede nell’allenarsi al combattimento e nel cercare la complicità di Rita Vratasky, una sorta di Giovanna D’Arco in esoscheletro, simpaticamente ribattezzata “Full Metal Bitch”. Rita ha infatti avuto la sua stessa esperienza, la quale si è bruscamente interrotta in seguito a una trasfusione di sangue.
A partire da questo momento, la brillante sceneggiatura di Christopher McQuarrie (I soliti sospetti) e Jez e John-Henry Butterworth si adagia su lidi assai più frequentati, con una convenzionale corsa contro il tempo per distruggere l’Omega, la mente aliena che controlla i Mimics, e porre fine all’invasione, salvo spiazzare lo spettatore con un’impennata conclusiva. L’eterno ritorno di William Cage è però graziato dall’ironia dei dialoghi, dalle buone prove di Tom Cruise ed Emily Blunt e dalla vigorosa regia di Doug Liman, che impregna questa ennesima guerra dei mondi di terragno realismo. Gli eccellenti effetti digitali di Nick Davis e la fotografia di Dion Beebe (Collateral) costituiscono il valore aggiunto per un blockbuster estivo decisamente superiore alla media. 

Voto: 6 e ½

Nicola Picchi