Light of My Life di Casey Affleck 7,5
con Anna Pniowsky, Casey Affleck, Elisabeth Moss. USA – Opera prima, Prima
Il vero colpo di fulmine della Berlinale 2019, un film straordinario e struggente, con una curiosa ambientazione in futuro imprecisato, che è solo l’espediente di contorno a una meravigliosa storia tra padre e figlia.
I due vivono in una tenda nel bosco e fuggono ogni volta che la gente inciampa nella loro vita. Rag (abbreviazione di Raggedy Ann) è vestita con un’uniforme androgina, i capelli corti. Papà si riferisce a lei come suo “figlio” in compagnia di altri. Sta diventando sempre più audace mentre invecchia, ed è irata dal dover nascondersi nell’ombra e trasferirsi ogni volta che un tizio curioso dubita della sua natura sessuale. Alla fine i due trovano una casa abbandonata e si stabiliscono, vivendo un momento di normalità domestica prima che una banda predatrice si presenti. Più tardi, entrano in un gruppo religioso, ma il pericolo li segue anche lì purtroppo. Casey Affleck dopo i fasti del meraviglioso A Ghost story qui è al suo meglio. Ci sono campi lunghi e quasi languidi che vagano attraverso aree boscose e strade. Il regista ha un ottimo occhio per le composizioni (vedi: Papà che legge un giornale mentre guardiamo, attraverso una finestra della cucina, mentre gli estranei si avvicinano in sottofondo), e una grande capacità nello scrivere discorsi paterni. I due compiono un grande doppio atto; Pniowsky è particolarmente fenomenale, un giovane interprete che sa esprimere in un batter d’occhio vulnerabilità, curiosità o rabbia. C’è una sequenza in cui Rag si imbatte in un vestito e si ammira e finalmente riesce a provare un concetto di identità femminile per almeno un secondo. Quindi papà va fuori di testa e la sua illusione viene distrutta. Il modo in cui interpreta tutto ciò Affleck è straziante. Questa non è la prima volta di Affleck dietro la macchina da presa ma. questo è qualcosa di completamente diverso: una storia molto più personale, piena di ansia, inserita in uno scenario familiare da fine giornata. E anche quando Light of My Life ha la sensazione che si stia sforzando sotto la pesantezza della sua narrazione, c’è qualcosa nel modo in cui ci guida verso un inevitabile finale che suggerisce che il cineasta sta molto bene quello che sta facendo e dove vuole arrivare. Il film ti fa desiderare che Affleck continui a raccogliere quel pennello: “Vuoi che ti racconti una storia?” Potrebbe essere qualsiasi padre, che chiede ai loro figli se hanno bisogno di sentire una storia prima di addormentarsi. Emozioni allo stato puro. Bellissimo film di sottrazioni che non vincerà al box office ma rimarrà nella memoria.
Voto 7,5
Vito Casale