Presidente ETTORE SCOLA
Direttore Artistico FELICE LAUDADIO
DA UN KOLOSSAL BIBLICO A UN COLOSSO DELLA RECITAZIONE
L’attesa è finita! Nella cornice suggestiva del Petruzzelli, con l’anteprima internazionale di Noah di Darren Aronofsky, ha preso il via la V edizione del Bif&st – Bari International Film Festival. Sin dai primi passi nel foyer si respira una forte curiosità non solo verso il film in sé, ma nei confronti di una kermesse festivaliera che mancava a Bari e che la città e le zone limitrofe hanno accolto molto positivamente attendendone di anno in anno il ritorno.
Il direttore artistico Ettore Scola non perde occasione di ricordare uno dei propositi del Bif&st: «conservare la memoria» soprattutto per le nuove generazioni – spesso queste manifestazioni sopperiscono ai vuoti e anche alle lacune che anche i corsi universitari non riescono a colmare. In quest’ottica un’attenzione particolare è riservata agli incontri con le scuole ed è proprio con gli studenti che è partito il tributo a Gian Maria Volonté (anticipato dall’inaugurazione della mostra il 4 aprile allestita presso il Teatro Margherita) con la proiezione di Tre colonne in cronaca di Carlo Vanzina. Dopo Carmelo Bene, Federico Fellini, Alberto Sordi, Massimo Troisi, Orazio Costa Giovangigli, il Bif&st ricorda Volonté, uno degli attori unici e inimitabili del nostro cinema, celebre per le sue intramontabili interpretazioni in capolavori come Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri e non solo. «Come un gran matto di questi che hanno tante voci dentro» così lo definisce Piera Degli Esposti nel video Gian Maria Volonté. Un tributo venti anni dopo (un breve filmato di montaggio composto da interviste a chi ha lavorato con lui e scene tratte da alcune pellicole che lo hanno visto protagonista). Va dato merito di aver organizzato una retrospettiva a 360° che non dà spazio soltanto ai film più conosciuti, ma riserva attenzione anche alle sue interpretazioni televisive come ne La certosa di Parma di Mauro Bolognini.
Si sono inaugurate anche due sezioni competitive: da una parte ARCIPELAGO/ConCorto Concorso Nazionale Cortometraggi con la programmazione di otto titoli selezionati tra cui Gli Uraniani di Gianni Gatti con il duo Ceccarelli-Delbono; dall’altra ItaliaFilmFest/Lungometraggi con Come il vento di Marco Simon Puccioni e Il capitale umano di Paolo Virzì. Il primo ci ricollega subito a uno dei focus di quest’edizione, quello su Valeria Golino; il secondo è una delle pellicole italiane che più ha segnato la stagione cinematografica mostrando a una larga fetta di pubblico la versatilità di Virzì come regista (qui in veste anche di co-sceneggiatore) e di F. Gifuni in qualità di interprete. Nei prossimi giorni sarà possibile vedere gli altri nove lungometraggi in concorso tra cui Neve di Stefano Incerti e Song ‘e Napule dei Manetti Bros.
La serata di apertura ci ha offerto l’anteprima del kolossal Noah del regista Leone d’Oro a Venezia con The Wrestler, Darren Aronofsky, rivisitazione con punte fantasy-gotiche della missione di Noè. Le interpretazioni di Russel Crowe e Jennifer Connely così come di Emma Watson convincono ma non del tutto perché pagano il dazio di una sceneggiatura altalenante. La scelta di sfruttare le tecnologie del 7.1. precedentemente utilizzate in Gravity di Alfonso Cuarón e un 3D funzionale offrono un’esperienza sensoriale che, però, non riesce a far dimenticare gli alti e bassi sul piano drammaturgico.
Tra gli eventi speciali della giornata segnaliamo l’anteprima mondiale di Situazione di Alessandro Piva. Al suo secondo documentario, il regista de La capa gira non dimentica il Sud e punta la macchina da presa sulla via crucis del divertimento, dove le statue delle processioni di paese diventano “ballerine”.
DA UNA LEZIONE DA OSCAR AI TABÙ DEL NOSTRO TEMPO
Era prevedibile e puntualmente si è verificato: Paolo Sorrentino, fresco vincitore di Oscar per La grande bellezza, è stato accolto da un bagno di folla che ha reso tutto esaurito il Petruzzelli e noi non possiamo che esserne contenti. Uno dei motivi per cui un festival può dirsi riuscito (anche se potremo dirlo solo alla fine) sta nella risposta della gente e i cittadini comuni, che che se ne dica, hanno sete di cultura e di arte per cui non appena ne hanno occasione sono pronti a gustarsele.
Dopo aver riproposto la visione del suo ultimo lungometraggio, il regista napoletano ha inaugurato il ciclo di lezioni di cinema che tanto caratterizza queste giornate del Bif&st, pensate non solo per cinefili, ma per il grande pubblico (anche perché ad ingresso gratuito fino a esaurimento posti). In serata, Sorrentino ha ricevuto il premio Federico Fellini Platinum Award for Cinematic Excellence «per il suo estro nel realizzare un cinema originale, intimo e personale, ma capace di coinvolgere il pubblico italiano e di tutto il mondo attraverso la sua potenza narrativa e la sua (grande) bellezza».
La giornata al Petruzzelli si è conclusa con la proiezione di Grand Budapest Hotel di Wes Anderson, un’altra affascinante messa in scena del regista di Moonrise Kingdom di cui vi raccomandiamo la visione (da giovedì in sala).
In una domenica calda anche per l’atmosfera informale che si respirava, sono state battezzate altre due sezioni competitive che vi consigliamo di tener d’occhio perché sono un’occasione per recuperare la visione di alcune opere prime/seconde che possono essere sfuggite; mentre, per quanto riguarda i documentari, si tratta di anteprime nazionali (in alcuni casi mondiali) realizzate da giovani registi che hanno scelto di rendere onore all’idea di cinema del reale impastando le mani nella nostra realtà piena di luci e ombre.
L’ItaliaFilmFest/Opere prime e seconde in concorso ha preso il via con due opere realizzate da donne: Miele di Valeria Golino e Via Castellana Bandiera di Emma Dante, il primo ci offre una lucida visione registica sul suicidio assistito con una Trinca assolutamente in parte; il secondo, forte del background teatrale della Dante, ci dà la dimensione della fauna umana che circonda le due protagoniste, strette in un budello a doppio senso dove due macchine che arrivano nei due sensi di marcia non possono passare parallelamente per cui una delle due auto deve farsi da parte e cedere il passo all’altra.
MaldiMare di Matteo Bastianelli ha aperto, invece, la sezione ItaliaFilmFest/Documentari in concorso a cui è seguito il secondo dei due film che hanno come oggetto il caso Ilva di Taranto, ossia Buongiorno Taranto di Paolo Pisanelli. Due pellicole complementari per l’argomento, ma trattato in modo diverso sul piano strutturale, unite dalla voglia di dar voce alle persone che abitano quella città mettendo sullo sfondo il mostro che dispensa morte e malattie.
#IMG#Segnaliamo la presentazione fuori concorso di The Prey di Luca Bellino e Silvia Luzi, un documentario che, pur essendo stilisticamente classico, colpisce alla pancia dello spettatore per il coraggio di raccontare la pedofilia operata da alcuni preti italiani.
Sin dalla riapertura pomeridiana della biglietteria, l’evento speciale dedicato a Carlo Mazzacurati con la proiezione della sua ultima fatica, La sedia della felicità, era tutto esaurito e anche di questo non possiamo che gioire, augurandoci, però, che gli artisti vengano scoperti e apprezzati sia in vita che post.
Una delle linee guida del Bif&st sono i tributi agli artisti che hanno reso grande il nostro cinema e ieri è stato ricordato Troisi con una perla proprio nel suo stile: Morto Troisi, viva Troisi! Solo l’interprete de Il postino, con la gestualità e l’ironia che tanto lo caratterizzavano, avrebbe potuto pensare di realizzare un mediometraggio televisivo in cui immagina il giorno della sua morte e intervista i suoi colleghi e amici che ne parlano ricordandolo, come se fosse morto appunto.
Quando la realtà supera la fantasia
Non c’è dubbio: ciò che più richiama, insieme ai focus, sono le lezioni di cinema tenute dagli artisti che la sera ricevono il Premio Fellini Award per l’eccellenza cinematografica. Oggi è stata la volta di Sergio Castellitto, il quale ha tenuto banco per circa tre ore ripercorrendo i suoi esordi e il suo cursus artistico, senza glissare sulle domande personali riguardanti la moglie, la scrittrice Margaret Mazzantini e il rapporto coi figli. In serata è stato premiato da colui che è sì il direttore artistico del Bif&st, ma anche il cineasta che gli ha regalato uno dei primissimi ruoli importanti (Carletto uomo ne La famiglia, 1987).
A far da preludio all’anteprima internazionale di questa sera, The Other Woman di Cassavetes, la consegna del Premio Michelangelo Antonioni per il miglior cortometraggio a America di Alessandro Stevanon «per la capacità di aver presentato un personaggio irresistibile con uno stile costantemente in equilibrio fra l’approccio documentaristico proprio dello spaccato della vita reale e quello della finzione pura, grazie all’eleganza della confezione stilistica e soprattutto alla capacità di raccontare nel tempo ridotto del cortometraggio l’intera vicenda di un essere umano». Menzione speciale, invece, a Uraniani di Gianni Gatti.
Prosegue il concorso di ItaliaFilmFest/Lungometraggi con due pellicole che han caratterizzato questa stagione: L’intrepido di Gianni Amelio presentato all’ultima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e Anni Felici di Daniele Luchetti, che ha scelto come prima vetrina il Toronto International Film Festival. La prima opera vede protagonista Antonio Pane (un Antonio Albanese in veste drammatica, ma che non arriva ai livelli di Questione di cuore di Francesca Archibugi), che fa di lavoro il “rimpiazzo”; la seconda prende spunto dalla storia personale del regista de Il portaborse, per poi mescolarsi con l’immaginazione virando verso una storia romanzata. Con lo sguardo lucido e al tempo stesso candido di un uomo che ama il cinema e lo assurge a filtro per raccontare la vita, Luchetti ci racconta di ieri provocando e parlando all’oggi («se sparissimo tutti quanti dalla faccia della terra (teatranti e scultori) non se ne accorgerebbe nessuno» – citando una battuta).
#IMG#In piena atmosfera meridionale, arriva un’altra delle opere prime e seconde in concorso: Una piccola impresa meridionale firmata da uno degli attori più amati, Rocco Papaleo che tanto aveva colpito con Basilicata Coast to Coast. Per il suo ritorno alla regia, l’artista lucano sceglie un racconto corale dove spicca Giuliana Lojodice, una signora del teatro italiano, che però non trova molto spazio sul grande schermo. Completano il cast Riccarso Scamarcio, Barbara Bobulova, Sarah Felberbaum, Claudia Potenza.
Concludiamo il nostro report sulla giornata di oggi segnalandovi uno dei documentari in concorso: Fuoco amico – La storia di Davide Cervia diretto da Francesco Del Grosso, un ragazzo che cavalca da circa quattordici anni la strada registica (ricordiamo tra i suoi documentari più noti Negli occhi dedicato a Vittorio Mezzogiorno e 11 metri su Agostino Di Bartolomei), coltivando anche quella giornalistica (è uno dei nostri redattori di Roma). È difficile potervi dire in poche parole cosa sia Fuoco amico, il nostro augurio è che nonostante la storia scottante, possa arrivare a quante più persone possibili trovando magari una distribuzione. Del Grosso e la sua troupe si son messi a disposizione di una donna, la moglie di Cervia, scomparso sulla strada verso casa il 12 settembre del ’90, e dei suoi cari per dar loro quantomeno voce; non era semplice entrare in un dolore, in un’assenza così importante, improvvisa e per cui non è stato possibile elaborare il lutto, ma una speciale sensibilità umana e artistica lo ha permesso. A voi, però, l’ultima parola.
Storie private per una Storia con la “s” maiuscola
A maggio la Puglia diverrà, temporaneamente, la sua casa perché sarà qui che girerà il suo prossimo film: Latin Lover con un cast rilevante (da Virna Lisi a Valeria Bruni Tedeschi, con il divo interpretato da Francesco Scianna). Stiamo parlando di Cristina Comencini, regista, sceneggiatrice, autrice teatrale e di romanzi, figlia d’arte che in questa serata non ha mancato di ricordare suo padre, Luigi Comencini, di cui ricorreva l’anniversario il 6 aprile). A lei è andato il premio Federico Fellini Platinum Award for cinematic Excellence, «un’autrice dotata di una magnifica sensibilità che ha saputo infondere anche nel suo impegno di scrittrice dei suoi tanti romanzi così attenti alla nostra contemporaneità e alla nostra realtà. [..] Sin dagli inizi della sua splendida carriera è riuscita a costruire un immaginario personale, al servizio anche di storie altrui, in cui trasfondere il proprio personalissimo sguardo capace di analizzare con saggezza e partecipazione, ma anche con ironia, le complesse sfaccettature dei rapporti umani e l’ineluttabilità dell’esistenza.
Un percorso artistico scandito da film, libri e spettacoli teatrali in cui l’intensità emotiva di alcune storie si confonde con personaggi femminili indimenticabili fra i quali, su tutti, quello de La bestia nel cuore che ha visto il suo lavoro candidato come miglior film straniero al Premio Oscar» (la motivazione).
A seguire l’anteprima internazionale di War story diretto da Mark Jackson, un lungometraggio che affronta le ferite psicologiche e fisiche lasciate dai conflitti bellici – già oggetto d’indagine in Triage di Denis Tanović e Ward 54 di Monica Maggioni. La protagonista (Catherine Keener) inizialmente si “mura” nella stanza d’albergo in Sicilia, dove si è rifugiata, lontana da tutto e da tutti scottata dalla morte di una persona cara con cui lavorava sul campo. L’argomento è senza dubbio coinvolgente e la Keener dimostra di essere all’altezza del dolore profondo che il suo personaggio vivo, ma il film si siede un po’ su se stesso come ritmo narrativo e questo non fa scattare l’empatia che ci si aspetterebbe.
Nel pomeriggio abbiamo seguito Fever di Elfi Mikesch, in concorso nella sezione Panorama internazionale. La protagonista, una famosa fotografa, viaggia fisicamente (tornando nel paese natale) e con la mente per riconciliarsi con un passato poco felice. Anche qui c’è una conseguenza post-bellica, suo padre aveva operato nella Legione Straniera; tornato nel nucleo famigliare senza aver superato ciò che aveva vissuto durante le guerre coloniali, facendo vivere a sé e alla sua famiglia un incubo. Va riconosciuto alla pellicola un rigore formale, che cristallizza però il film nella tecnica, senza far scattare un dialogo emotivo con lo spettatore.
#IMG#Il secondo lungometraggio presentato oggi per questa sezione ci trascina nelle vite di Carole e Jérôme dando corpo a quel coinvolgimento di cui stavamo sentendo la mancanza in questa giornata. In Les inderdits di Anne Weil e Philippe Kotlarski la palla è principalmente in mano ai due protagonisti che hanno il volto di Stéphanie Sokolinski, in arte SoKo, e Jérémie Lippmann alla loro prima esperienza importante per il grande schermo. Sono loro che apportano il contributo maggiore nel conferire la levità e la poesia tanto care al cinema francese, restituendo una storia particolare tra due cugini che si fingono fidanzati e oltrepassano la Cortina di Ferro, dirigendosi ad Odessa, il resto ci auguriamo che possiate scoprirlo presto in sala.
Torna la Storia con la “s” maiuscola nei documentari: An archist life, regia di Ivan Boormann e Fabio Toich e ne La memoria degli ultimi di Samuele Rossi. La prima opera ci racconta Umberto Tommasini, un anarchico friulano che con uno spirito avventuriero ha attraversato diversi paesi sfidando i conflitti sociali in corso; la seconda ci riporta le esperienze sul campo di sette ex-partigiani combattenti e il loro impegno nella Resistenza. Il merito di Rossi sta nell’esser riuscito ad entrare in queste vite delicatamente, restituendo un punto di vista intimo che ci fa rivivere quei momenti per quanto non potrà mai essere come se li avessimo provati sulla nostra pelle.
Una giornata sui generis
Spesso i giovani si ritrovano a pensare che avrebbero voluto conoscere (anche solo ascoltandoli dal vivo) quegli artisti che hanno segnato la storia dello spettacolo e della cultura, ma o per coincidenze sfortunate (pensiamo a Mariangela Melato) o semplicemente per ragioni anagrafiche, non fanno in tempo. Il Bif&st è una di quelle manifestazioni cinematografiche più attente al dialogo e all’incontro tra chi il cinema lo realizza e chi lo guarda. Oggi è stata la volta di Ugo Gregoretti, un uomo, un artista e un intellettuale che si è sempre fatto riconoscere per l’acutezza e l’ironia con cui leggeva la realtà e anche se stesso, uno spirito che è emerso sia nella consueta lezione di cinema del mattino che nel corso della serata. «Gregoretti ha anche un merito importantissimo – tra gli altri – che testimonia della sua intelligenza artistica e della sua lungimiranza. E’ stato uno dei primi registi a lavorare per il cinema e la televisione senza lo snobismo che un tempo contrassegnava la barriera tra i due mezzi innalzata dagli autori. Un precursore di quanto accade oggi nel mondo dove eccellenti registi di cinema, a cominciare da Steven Spielberg, forse il più grande, frequentano la tv per le enormi possibilità offerte da un linguaggio e da una tipologia di narrazione differenti.
Ugo Gregoretti – che è anche il presidente dell’ANAC, la storica associazione dei più prestigiosi autori italiani – riceve il Premio Fellini a testimonianza di un grande talento e coraggio nell’affrontare sfide artistiche con eleganza, raffinatezza ed umorismo, ma anche con quel tanto di genio che caratterizza i grandi artisti ed affabulatori». Una motivazione che rispecchia profondamente la personalità di quest’uomo, instancabile artista che continua a farsi testimone di un’arte personale, mai passiva rispetto ai tempi e a ciò che si è realizzato precedentemente.
#IMG#Tra i titoli in concorso nella sezione ItaliaFilmFest/Lungometraggi presentati nella programmazione odierna: Song ‘e Napule dei Manetti Bros e Neve di Stefano Incerti. La prima opera è una delle uscite più attese di questa stagione cinematografica (17 aprile), ha spopolato nel corso dell’ultimo Festival Internazionale del Film di Roma offrendoci un Alessandro Roja completamente diverso dal Dandi di Romanzo criminale, pronto a sbizzarrirsi in quella camera di decompressione che è questa commedia poliziesca “neomelodica”. Completano l’ottimo cast Giampiero Morelli, Paolo Sassanelli, Serena Rossi, Antonello Cossia, Antonio Pennarella, Carlo Buccirosso, Ciro Petrone, Juliet Esey Joseph, Paolo Sassanelli, Peppe Servillo.
Dal regista de L’uomo di vetro arriva un noir in odore di mistery: Neve – precedentemente presentato al Courmayeur Noir Infestival. Al suo ottavo lungometraggio, Incerti conserva intatta la sua autorialità, spingendo, però, l’acceleratore su un cinema più di genere per raccontare la storia di un uomo in viaggio a bordo di una station wagon. Alla ricerca di qualcosa, forse la refurtiva di una rapina dimenticata. L’incontro casuale con una donna dalla pelle scura, scaricata e poi inseguita da un piccolo gangster, cui forse ha sottratto qualcosa di grosso. Donato (Roberto De Francesco) e Norah (Esther Elisha) lentamente si volteranno l’una verso l’altra; a far da sfondo un paesaggio completamente innevato.
Ad animare il tardo pomeriggio ci hanno pensato Edoardo Leo e Alessandro Roja nel focus a loro dedicato, accompagnati da Valeria Solarino e coordinati da Franco Montini, presidente Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. La sala dell’Ex Poste era gremita di molti ragazzi e, in percentuale, la presenza di addetti ai lavori era inferiore – in fondo è la nostra speranza in queste circostanze così preziose per il pubblico, ma anche per gli artisti che ricevono i feedback.
Leo è attualmente in sala con Ti ricordi di me?, regia di Rolando Ravello, ha spopolato con La mossa del pinguino di Claudio Amendola e ancor più con Smetto quando voglio, opera prima di Sydney Sibilia (nonostante il lungometraggio sia uscito il 6 febbraio, in meno di un’ora dall’apertura della biglietteria era tutto sold out). Roja dopo aver interpretato il calciatore del Torino Gigi Meroni nella fiction La farfalla granata, veste i panni di un buffo action-hero in una commedia che manifesta tutte le peculiarità dello stile dei fratelli Manetti. Entrambi sono due attori che sanno cosa significa fare la gavetta, non rinnegano le esperienze che li han fatti conoscere al grande pubblico, Leo riconosce, infatti, che «l’epopea degli sfigati» è iniziata col ranocchio di Un medico in famiglia, ruolo dopo ruolo ha messo a frutto i suoi talenti puntando molto sulla commedia sul piano recitativo, cercando anche di realizzarsi come sceneggiatore e regista. Roja ha consapevolezza di quanto sia stata decisiva la serie diretta da Stefano Sollima, è stato un «piccolo grande salto da quella che era la gavetta a un passo più profondo di lavoro».
Di fronte a tanta energia, ironia e voglia di fare la risposta di pubblico non può che essere positiva non solo nell’affollare le sale, ma anche in queste occasioni dove si possono assaporare aneddoti come le simpatiche risposte alla domanda: qual è il momento più imbarazzante vissuto sul set/sul palco? Ascoltare i loro racconti ci fa così entrare in quel mondo che ci appare così magico, dietro cui c’è tanta fatica.
Chiude la serata l’anteprima internazionale di The Invisible Woman, diretto da Ralph Fiennes, il quale aveva esordito dietro la macchina da presa con Coriolano legato anch’esso alla letteratura e, in particolare, a William Shakespeare. In questa seconda opera da regista, l’attore di Schidler’s list e de Il paziente inglese si addentra nella vita di Charles Dickens facendo scoprire ai più la sua relazione con l’attrice Ellen “Nelly” Ternan (Felicity Jones). Una storia con un grande potenziale che, però, resta in parte imploso perché nonostante la messa in scena raffinata e l’ottima interpretazione dei protagonisti, non arriva fino in fondo l’amore passionale che provavano.
Ci permettiamo di darvi un piccolo suggerimento… certo non è semplice barcamenarsi tra proiezioni e incontri, oggi il tributo a Volonté era legato alla politica proponendo film come Il caso Moro di Giuseppe Ferrara e Sacco e Vanzetti di Giuliano Montaldo. Invitiamo chi non li abbia già visti neanche in quest’occasione a recuperarli perché sono un’occasione per riflettere anche sulla nostra politica, oltre che sul mestiere dell’attore.
Una giornata di “passioni”
Ci sono colonne sonore che restano dentro anche a chi, paradossalmente, non ha mai visto il film: è il caso della composizione di Luis Bacalov* per Il postino di Michael Radford con l’indimenticabile Massimo Troisi. L’artista di origini bulgare, nato a San Martín e formatosi a Buenos Aires, è stato insignito del Premio Fellini Platinum Award for Artistic Excellence. «Tra coloro che hanno riconosciuto immediatamente la sensibilità e la profonda intelligenza e cultura musicale di Luis Bacalov, troviamo i nomi di Pier Paolo Pasolini, Damiano Damiani, Franco Giraldi, Emidio Greco, Ettore Scola e anche quello di Federico Fellini che, all’indomani della scomparsa di Nino Rota, lo volle per La città delle donne. […] Il Premio Fellini viene assegnato a Luis Bacalov per il suo talento e il suo lavoro apprezzato in tutto il mondo dal pubblico e da registi come Michael Radford, Quentin Tarantino, Robert Duvall che continuano a scegliere le sue musiche come ispirazione per i loro film» (dalla motivazione).
#IMG#Un’altra premiazione ha arricchito la serata al Petruzzelli, questa volta più strettamente legata a una sezione del Bif&st: ItaliaFilmFest/Documentari. La giuria popolare, presieduta dal critico d’arte Achille Bonito Oliva, ha assegnato a L’albero di Giuda di Vito Cardaci il Premio Vittorio De Seta come migliore Documentario. Attraverso lo sguardo di un albero di carrubo, il regista regalbutese ci racconta l’arte del tradimento politico perpetrato ai danni di siciliani, dai tempi di Cuffaro, fino ad arrivare ai giorni nostri. La spiegazione elaborata dai giurati esplica le peculiarità del Docu Film: «per ritmo, ironia, linguaggio e capacità di denuncia. Un’opera che racconta in maniera icastica l’arte del tradimento politico nei confronti di una realtà staccata dal continente e insulare, la Sicilia. Una regione che non è soltanto un’entità geografica, ma un luogo che ha subìto indifferenza, populismo e un fallimento sociale legato al cinismo di una classe padronale arcaica. Il film ha la capacità di evidenziare una negatività ancestrale attraverso uno sguardo ironico, secondo la definizione di Goethe: “l’ironia è la passione che si libera nel distacco”. Tale distacco produce comunicazione e denuncia nello stesso tempo».
Ve lo abbiamo raccontato un po’ in questi giorni, senza dubbio la selezione dei documentari, in concorso e non, ha dimostrato un grande coraggio (vedi i temi trattati in Fuoco amico – La storia di Davide Cervia di Francesco Del Grosso, in The Prey di Luca Bellino e Silvia Luzi, in Casa Nostra di Livia Parisi e, appunto, nel film vincitore) da parte di chi ha deciso di dare delle possibilità ai registi che hanno impastato le mani in temi non facili da proporre né ai produttori né al pubblico. Complessivamente tutti i doc hanno stimolato interesse e anche quelli di cui vi abbiamo parlato e che richiedevano una determinata soglia di attenzione da parte dello spettatore, parlandogli alla pancia e questa scelta di campo è stata premiata dal riscontro positivo da parte della gente, non solo dagli addetti ai lavori.
A proposito di “cinema del reale” nel pomeriggio abbiamo seguito Casa nostra di Livia Parisi e Lei è mio marito di Annamaria Gallone e Gloria Aura Bortolini. La prima pellicola è realizzata da una giornalista molto impegnata nel sociale (nel 2005 ha ricevuto il Premio Giornalismo per il Sociale IV edizione), si è dedicata a tematiche come salute mentale, rom ed emergenza abitativa ed è proprio quest’ultima ad essere oggetto d’indagine della macchina da presa per il suo primo lungometraggio non di fiction. Attraverso un linguaggio da reportage, la Parisi dà vita a un istant movie sul campo, raccogliendo le testimonianze della gente che ha conquistato lo spazio della scuola Hertz, in via Tuscolana 1113 a Roma. Ha vissuto con loro per circa due anni, il risultato filmico attesta la lotta politica di singoli che si sono uniti, le difficoltà che la convivenza ha comportato viste anche le diverse nazionalità, oltre alle storie personali di alcuni di loro, pronti a solidarizzare di fronte a una vita che viene al mondo.
L’opera di Annamaria Gallone e Gloria Aura Bortolini ci fa addentrare nella vita di Alessandro Gracis, un noto avvocato veneto, che sceglie di essere libero verso se stesso e gli altri facendo outing ed è così che Alessandro diventa Alessandra dopo quarantanni di censura. Lei è mio marito colpisce non solo per la determinazione di Alessandra, ma anche per l’accettazione da parte della sua compagna, Roberta, nonostante le paure e la ricerca di normalità da lei tanto agognata. Le due registe hanno seguito la storia di Alessandra e della coppia per tre anni, documentando anche i cambiamenti fisici da uomo a donna e quelli psicologici che hanno scosso l’equilibrio di coppia.
Rimanendo in tema di amore, la serata si è conclusa con L’amour est un crime parfait di Arnaud e Jean-Marie Larrieu, una delle visioni più meritevoli della tranche dedicate alle anteprime internazionali serali al Petruzzelli. L’attore de Lo scafandro e la farfalla, Mathieu Amalric, calamita l’attenzione del pubblico grazie a una magistrale interpretazione di un personaggio che soffre di disturbi dello “spettro bipolare”, una sorta di Dr. Jekyll and Mr. Hyde, pronto a mietere vittime d’amore (anche inconsapevolmente) tra le donne che affabula in qualità di professore. Merito va anche all’ottima regia in forte connubio con la fotografia di Guillaume Deffontaines, che ci offre un potente impatto visivo (vedi, ad esempio, la location dell’università).
*Nel 2013, a seguito di una lunga battaglia giudiziaria conclusasi con una transazione, Bacalov riconosce a Sergio Endrigo, a Riccardo Del Turco e a Paolo Margheri la co-paternità del brano di punta della colonna sonora.
Generi e generazioni a confronto
Dopo Luis Bacalov, oggi è la volta del Federico Fellini Platinum Award for Cinematic Excellence a Michael Radford, un regista che «ha messo in scena i propri lavori traendo ispirazione dalla letteratura e dal teatro, ma ha firmato anche ritratti documentari strepitosi come nel caso di Van Morrison e, più recentemente, del jazzista francese Michel Petrucciani1.
Un cineasta libero e indipendente, un autore sincero e raffinato, capace di regalarci momenti di cinema indimenticabili» (dalla motivazione).
In un’ideale staffetta tra generazioni, nel corso di questa penultima giornata sono stati conferiti i premi della sezione ItaliaFilmFest/Opere prime e seconde. La mafia uccide solo d’estate di Pif ha ancora una volta colpito nel segno2 vincendo come miglior film «per l’originalità coinvolgente con cui tratta il tema della mafia attraverso un linguaggio graffiante e ironico, diretto ed efficace». A Paolo Zucca per L’arbitro è andato, invece, il riconoscimento per la miglior regia con cui ha dimostrato «una direzione degli attori impeccabile incorniciata dall’uso sapiente del bianco e nero».
Ad animare la serata ci ha pensato il lungometraggio di Felix Herngren: Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve. Tratto dal best seller di Jonas Jonasson, racconta la storia di Allan Karlsson, un anziano che sceglie di “evadere” dalla casa di riposo il giorno del suo compleanno saltando letteralmente dalla finestra. Forte dell’esempio di Forrest Gump, Karlsson saprà cogliere le occasioni più impensabili, ritrovandosi tra le mani qualcosa che non avrebbe mai immaginato. L’intera pellicola rispecchia l’humor nordico, a tenere banco è, infatti, l’ingenuo protagonista che dà vita a gag davvero esilaranti, oltre ad avere ruolo attivo nelle dinamiche causa-effetto. Si ride di gusto grazie a un testo di partenza già scoppiettante e agli interpreti assolutamente in parte nel mettere in scena, anche gestualmente, una comicità che ricorda a tratti la slapstick comedy.
Una rom-com dal gusto tipicamente francese ci ha deliziato nel pomeriggio all’interno di Panorama internazionale. Dobbiamo essere, però, onesti, Pas son genre di Lucas Belvaux non ha nulla di innovativo e i due attori protagonisti, Loïc Corbery (Clément) ed Émilie Dequenne (Jennifer) indossano i panni dell’innamorato/a di turno, ma non regalano uno di quei binomi lui&lei che restano impressi nella memoria. Lo spettatore può immedesimarsi nei loro dilemmi su come superare il gap sociale e culturale, le paure nel lasciarsi andare (in più la ragazza ha un figlio), si diverte anche ascoltando le performance musicali del terzetto di amiche (toccante il numero da solista di Jennifer), ma dal punto di vista registico il tutto presenta una confezione standard.
#IMG#Una chicca ha chiuso fuori concorso la sezione Panorama internazionale: Controra di Rossella De Venuto. Quello che fa notizia (in Italia) è che una donna abbia deciso di esordire dietro la macchina da presa con un film di genere, tanto più trattandosi di un paranormal thriller; oltreoceano abbiamo esempi di nomi illustri che hanno sfatato la questione di “genere” (masch/femm) – la stessa Kathryn Bigelow continua a manifestare la sua versatilità barcamenandosi tra un genere e l’altro.
La proiezione di Controra – House of Shadow ha riscosso grande successo richiamando un folto pubblico grazie alla presenza di due attori pugliesi (Marcello Prayer e Bianca Nappi), alle location (Giovinazzo, Altamura e Molfetta) e attraendo per il significato che questo termine assume al Sud.
La storia attinge alla tradizione e al folklore appartenenti al Sud Italia e rimanda a fatti di cronaca realmente accaduti. Per la tradizione popolare la “Controra” è quel momento della giornata, con il sole allo Zenith, caratterizzato da una totale assenza di ombre in cui accadono eventi prodigiosi e creature fantastiche si palesano agli umani. La De Venuto ha enfatizzato il tutto scegliendo come protagonista Megan (Fiona Glascott), un’irlandese che, arrivata nella terra natale del marito, subisce la “controra” in un mix di visioni e misteri (legati al passato). Va detto che il doppiaggio non rende completamente merito alle interpretazioni attoriali (è stato girato in inglese). Il film della De Venuto uscirà in sala il 5 giugno con Interlinea Film.
Ricordi, premi e sguardi al futuro
Una lezione di cinema particolare e piena di partecipazione ha animato la mattinata: Andrea Camilleri intervistato da Pif. La “strana” coppia ha tenuto banco divertendo e divertendosi dando vita a un preziosissimo scambio generazionale.
Lo scrittore siciliano ripercorre l’esperienza in radio con Volonté: «era straordinario […] La sua capacità vocale era pari a quella che poi nel cinema sarebbe stata la sua presenza fisica. La sua voce era riconoscibilissima, per lui non era solo un fatto fisico ma proprio un adeguamento della voce al personaggio». Poter ascoltare le testimonianze di un uomo di cultura e d’arte di questa elevatura è un dono da cogliere al volo; lo stesso Pif di fronte ad aneddoti riguardanti Sciascia – e non solo – riconosce quanto sia diverso il background di chi è nato e si è formato successivamente «se io racconto la mia infanzia, ho 41 anni, è molto meno affascinante, capisco la differenza di livello ma ho il sospetto che la mia generazione sia molto meno interessante, più arida, ho l’impressione di essere arrivato troppo tardi, quando il divertimento è già finito». Il creatore di Montalbano risponde al disincanto (fondato) del regista de La mafia uccide solo d’estate con la saggezza che lo contraddistingue: «se Dio vuole il mondo cambia, i rapporti umani cambiano, cambiano le valutazioni di certe situazioni alle quali noi prestavamo un valore assoluto e che oggi hanno un valore minimo. Sarebbe assurdo tirare fuori da questo una morale o fare paragoni».
A Camilleri è andato l’ultimo Federico Fellini Platinum Award for Cinematic Excellence di questa edizione, consegnato dal Presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola.
«All’estero i suoi libri sono stati venduti in oltre dieci milioni di copie mentre in Italia le sue oltre 60 opere sono state vendute in più di 20 milioni di copie. Fino ad oggi.
Un fenomeno letterario, editoriale e televisivo che discende dalla forte personalità autoriale di Andrea Camilleri: un artista colto e raffinato che con sguardo talora insolente e divertito ha inventato personaggi indimenticabili, affiancando le sue personalissime creazioni alla rilettura di grandi classici del teatro e della letteratura del Novecento. […]
Ma Camilleri è anche un intellettuale attentissimo alle questioni socio-politiche e fortemente impegnato – da sempre – nello sforzo di cambiare questo nostro Paese per contribuire a farne un Paese normale.
Camilleri – che si è formato con Orazio Costa, come Gian Maria Volonté, all’Accademia d’Arte Drammatica Silvo D’Amico, dove poi è diventato egli stesso docente di regia e di recitazione – è stato anche un regista teatrale molto lungimirante. […]» Un riconoscimento doveroso «per il suo immenso lavoro culturale e per il suo essere un architetto della parola, unico ed originale. Anzi: magico» (dalla motivazione).
#IMG#Nella serata finale, colma di premiazioni, una giuria ha sostenuto con tifo da stadio il proprio presidente: Francesco Bruni, il quale ha annunciato il Premio Internazionale al miglior regista a Zaza Urushadze per il suo film Tangerines (Mandarini). Un lungometraggio che «ha il grandissimo pregio di saper raccontare, in maniera semplice ma raffinata, l’insensatezza della guerra, specie quando essa contrappone persone che hanno la stessa faccia, parlano la stessa lingua e faticano persino a riconoscersi come nemici. Qui, due miliziani, un abkhazo ed un georgiano, gravemente feriti, vengono ospitati sotto lo stesso tetto da un anziano e paziente contadino estone; nella convivenza forzata, nella condivisione dei piccoli momenti della giornata, l’odio feroce che li divide è destinato a perdere ogni senso, poiché si può odiare solo ciò che non si conosce».
Non poteva mancare il film di chiusura! Gli spettatori del Bif&st hanno potuto vedere in anteprima Gigolò per caso (t.o. Fading Gigolo), l’ultima fatica dietro la macchina da presa di John Turturro – attualmente in sala.
Fioravante (Turturro) e Murray (Woody Allen), due amici di vecchia data in condizioni economiche precarie, per riuscire a sopravvivere decidono di cimentarsi con il mestiere più antico del mondo. L’uno nei panni di un gigolò, l’altro nel ruolo del suo manager. Con il nome d’arte Virgil, Fioravante si destreggia tra due avvenenti signore (Sharon Stone e Sofia Vergara) alla ricerca di emozioni forti e gli incontri ben più casti con Avigal (Vanessa Paradis), vedova di un rispettato Rabbino della chiusa comunità chassidica newyorkese. Mentre Fioravante viene messo in crisi dai sentimenti che quest’ultima suscita in lui, Dovi, poliziotto di quartiere chassidico, farà di tutto per conquistare Avigal, di cui è innamorato fin da quando era ragazzo.
Alla sua quinta regia Turturro sceglie di esplorare le origini newyorkesi* omaggiando non solo la Grande Mela, ma anche il clima che vi si respirava e il cinema che si realizzava (dalla New Hollywood agli episodi indie degli anni ’90). Divertono con gusto gli scoppiettanti dialoghi tra i due protagonisti, parte di una sceneggiatura complessivamente solida, attenta anche all’universo femminile e volta riflettere sul ruolo dell’amante a pagamento. A rievocare la tradizione cinematografica ci pensa anche l’ottimo lavoro del direttore della fotografia, Marco Pontecorvo alla sua terza collaborazione col regista, attore e sceneggiatore statunitense.
Questa V edizione del Bif&st (se togliamo quella zero) ha ottenuto nuovi riscontri positivi e compiuto altri passi, avendo sempre presente l’idea di essere un servizio in primis per la città di Bari e le zone limitrofe dove mancava una kermesse di questa portata, senza, però, avere una mentalità “provinciale”.
Cresce l’interesse nazionale – anche da parte della stampa – e cresce, soprattutto, la gente che dimostra di avere fame di cultura (poco più di settantamila spettatori – un risultato di tutto rispetto!). Non possiamo non segnalarvi la risposta delle scuole: oltre tremila spettatori per la rassegna “Cinema e scuole” curata dalla cooperativa sociale “I bambini di Truffaut”, presieduta dallo scrittore Giancarlo Visitilli – un dato che ci auguriamo possa aumentare in maniera esponenziale.
All’età di ottantotto anni Camilleri ci dà l’arrivederci all’anno prossimo e anche noi ci accodiamo!
Il Bif&st vi aspetta dal 21 al 28 marzo 2015.
Di seguito il palmares completo:
PANORAMA INTERNAZIONALE
Premio Internazionale al miglior regista a Zaza Urushadze per il suo film Tangerines
ITALIAFILMFEST/LUNGOMETRAGGI (conferiti dalla giuria espressa dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani**)
Premio Mario Monicelli per il miglior regista a Paolo Virzì per Il capitale umano
Premio Franco Cristaldi per il miglior produttore a Gianluca Arcopinto per L’amministratore e per La mia classe
Premio Tonino Guerra per il miglior soggetto ad Antonio Morabito per Il venditore di medicine
Premio Luciano Vincenzoni per la migliore sceneggiatura a Francesco Bruni, Francesco Piccolo e Paolo Virzì per Il capitale umano
Premio Anna Magnani per la migliore attrice protagonista a Valeria Golino per Come il vento
Premio Vittorio Gassman per il miglior attore protagonista a Fabrizio Gifuni per Il capitale umano
Premio Alida Valli per la migliore attrice non protagonista a Matilde Gioli per Il capitale umano
Premio Alberto Sordi per il miglior attore non protagonista a Carlo Buccirosso per Song ‘e Napule
Premio Ennio Morricone per le migliori musiche a Pivio Pischiutta e Aldo De Scalzi per Song ‘e Napule
Premio Giuseppe Rotunno per il miglior direttore della fotografia a Gherardo Gossi per Come il vento
Premio Dante Ferretti per il miglior scenografo a Giancarlo Basili per L’intrepido
Premio Roberto Perpignani per il miglior montatore a Cecilia Zanuso per Il capitale umano
Premio Piero Tosi per il miglior costumista a Maria Rita Barbera per Anni felici
ITALIAFILMFEST/OPERE PRIME E SECONDE
Premio Francesco Laudadio per il miglior film a Pif per La mafia uccide solo d’estate
Premio Francesco Laudadio per la miglior regia a Paolo Zucca per L’arbitro
ITALIAFILMFEST/DOCUMENTARI
Premio Vittorio De Seta a Vito Cardaci per L’albero di Giuda
ARCIPELAGO/ConCorto
Premio Michelangelo Antonioni per il miglior cortometraggio ad Alessandro Stevanon per America
Menzione Speciale a Gianni Gatti per Uraniani
Dalla nostra inviata Maria Lucia Tangorra
*precedentemente si era dedicato alla riscoperta delle radici italiche, vedi Prove per una tragedia siciliana (2009) e Passione (2010)
**composta da Valerio Caprara del Mattino, Paolo D’Agostini della Repubblica, Piera Detassis direttrice di Ciak, Fabio Ferzetti del Messaggero, Anton Giulio Mancino della Gazzetta del Mezzogiorno, Paolo Mereghetti del Corriere della Sera, Franco Montini presidente del Sindacato Critici, Sergio Naitza dell’Unione Sarda e Silvana Silvestri del Manifesto.
Dalla nostra inviata Maria Lucia Tangorra