Scheda film
Regia, Fotografia, Montaggio: Elia Moutamid
Musiche: Piernicola Di Muro
Suono: Matteo Di Simone e Andrea Castiglioni
Italia, 2020 – Documentario – Durata: 57′
Cast: Elia Moutamid, Valeria Battaini
Uscita in sala: 17 giugno 2021
Distribuzione: Cineclub Internazionale

Italia-Marocco 1-1

Un regista va in Marocco per un sopralluogo: vuole girare un documentario sui fenomeni urbanistici. Torna in Italia con del materiale, ma mentre sta per iniziare a girare ecco arrivare la pandemia da Covidì-19. Tutto si  ferma. Tutti restano bloccati a casa per mesi. Sulla suggestione del materiale raccolto inizia una riflessione, un percorso autobiografico, completamente diverso dagli intenti iniziali. La quarantena forzata conduce l’autore alla scrittura di un diario che procede tra incursioni nella cronaca, vicende personali e familiari, spaziando tra ironia e antropologia. Un arrovellamento, un confronto con un’entità, “Kufid” (ossia il Covid-19), che sconquassa vite, ma non scalfisce stereotipi e pregiudizi, lasciando in sospeso questioni irrisolte. Il futuro sarà… «Inch’Allah» (se Dio vuole).

Elia Moutamid è un personaggio quantomai eclettico. Nato a Fes, in Marocco, e cresciuto a Rovato, piccolo comune in provincia di Brescia, dove si è formato appassionandosi alla fotografia e all’immagine in movimento, alterna la professione di raffinato documentarista (Talien, in cui ha utilizzato la memoria e la testimonianza quarantennale del padre per provare a raccontare un’Italia che non esiste più) a quella di scanzonato attore (è il finto pizzaiolo egiziano Ibrahim che si esprime in dialetto bresciano nella serie Amazon Prime Before Pintus).

Con questo suo secondo lungometraggio conferma la sua ispirazione e la sua sensibilità, trasformando un documentario in un film profondamente autobiografico, una riflessione su se stesso, sui propri luoghi e sul proprio tempo. Una pellicola girata durante e non sulla pandemia. «Inch’Allah» diventa così un mantra che condiziona tutto e tutti: la quarantena scombussola i piani di un regista che con estrema resilienza si piega alla volontà divina (o al caso) e plasma, da quasi-dio, la sua materia filmica.

Elia Moutamud gira un film che parla di identità: la sua personale e quella di chi l’ha formato plasmando i suoi primi 37 anni di vita tra Padania e Maghreb. Una doppia identità che decide di raccontare usando due lingue precise e distinte: l’arabo, la lingua dell’“istinto” e l’italiano, la lingua dell’“agire”.

E l’entità “Kufid”, vista da tutti (Elia compreso) come un male assoluto, paradossalmente si rivela un prezioso partner che aiuta a mettere a fuoco concetti e pensieri già noti e vissuti, ma che stavolta trovano un ordine molto più preciso, chiaro e spietato.

Voto: 6 e ½

Paolo Dallimonti