Scheda film
Regia: Denis Villeneuve
Soggetto: dal romanzo omonimo di Frank Herbert
Sceneggiatura: Jon Spaiths, Denis Villeneuve e Eric Roth
Fotografia: Greig Fraser
Montaggio: Joe Walker
Scenografie: Patrice Vermette
Costumi: Jacqueline West
Musiche: Hans Zimmer
Suono: Mac Ruth
USA/Canada, 2021 – Genere – Durata: 155’‘
Cast: Timothéee Chalamet, Rebecca Ferguson, Zendaya, Oscar Isaac, Jason Momoa,
Stellan Skarsgård, Stephen McKinley Henderson
Uscita in sala: 16 settembre 2021
Distribuzione: Warner Bros

“Questo è il mio Dune!”

“Dune”, il romanzo di Frank Herbert è uno strano oggetto del desiderio cinematografico. Negli anni settanta Alejandro Jodorowsky, avendo ricevuto ipotetica carta bianca, cercava di portarlo sul grande schermo, volendone fare un film di oltre dieci ore, un film che, pur senza essere stato realizzato ha influenzato ugualmente il cinema (di fantascienza) di là da venire. Nanni Moretti in Ecce Bombo diceva: “Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”. Come ben raccontato nel Jodorowsky’s Dune di Frank Pavich di quasi dieci anni fa, non a caso in sala da noi dal 6 settembre, anche grazie ad un ricchissimo storyboard disegnato da Moebius, che ha fatto il giro delle scrivanie dei produttori di Hollywood, quella versione mai realizzata fu notata –  e come! – anche stando in disparte. Molto del materiale si riversò nella realizzazione di Alien di Ridley Scott, ma soprattutto la sua assenza lasciò il campo libero a Guerre stellari di George Lucas per influenzare sia l’immaginario fantascientifico da allora in poi, che il concetto stesso di blockbuster.

Parte di quegli sforzi nel 1984 toccarono anche David Lynch che per Dino De Laurentiis provò a tradurre in immagini il mondo immaginato da Frank Herbert, condensando però il tutto in una pellicola di poco più di due ore, sicuramente affascinante quanto però inconcludente e spesso incomprensibile.

Toccò poi nel 2000 ad una miniserie, Dune – Il destino dell’universo di John Harrison (cui tre anni dopo fece seguito I figli di Dune di Greg Yaitanes), che, con una troupe importante (la fotografia era firmata da Vittorio Storaro) se da una parte nelle sue quattro ore e mezza di durata restava molto fedele al libro, dall’altra si appoggiava molto sul film di Lynch come anche sui favoleggiati storyboard di Moebius.

Ed ecco pochi anni fa arrivare Denis Villeneuve, il salvatore della fantascienza cinematografica contemporanea o, almeno, dei suoi strascichi che si trascinano fin dagli anni ottanta. Se nel 2016 con Arrival diceva la sua sulle invasioni aliene, nel 2019 girava Blade Runner 2049, sequel attesissimo del film di Ridley Scott. Il lavoro del cineasta canadese fu di altissimo livello, il massimo che si potesse realizzare, lasciando volutamente aperta – tornandoci più e più volte – l’annosa questione se Deckard fosse o meno egli stesso un androide.

Anche con questo suo Dune Villeneuve compie il miracolo. Innanzitutto decide di spalmare il primo romanzo omonimo su due film, di cui questo è soltanto il primo. Poi ambienta le vicende in un tempo quasi sospeso: in quel 10191 la tecnologia è fatta di astronavi e di scudi che proteggono l’intera persona, ma i costumi bellissimi di Jacqueline West e le scenografie di Patrice Vermette (fedelissimo del regista) ci portano indietro di secoli, tra abiti sontuosi e dimore in pietra, recuperando ancora una volta anche quale idea di Moebius di oltre quarant’anni fa. Per non parlare delle musiche di Hans Zimmer, grande fan della saga, che ha scritto un commento che (ri)veste come un tessuto prezioso l’epica della pellicola.

La storia della sfida a sfondo ecologico tra la dinastia Atreides e quella Harkonnen per il controllo del pianeta Arrakis, una landa desertica abitata dai Fremen, unico luogo di produzione, raccolta e raffinazione del Melange (o Spezia), una preziosissima sostanza fondamentale per la struttura della società galattica, scorre in uno spettacolo sontuoso, sicuramente freddo, ma molto fedele al romanzo originale.

Se possiamo solo immaginare che cosa avrebbe realizzato Jodorowsky attraverso quel che rimane delle sue affabulazioni e se Lynch era riuscito comunque a trasmettere un che di pathos, Villeneuve mantiene la lucidità di un racconto denso e filosofico, pieno di tematiche che nel 1965 potevano essere a dir poco avveniristiche. Il suo Dune può essere a tratti noioso, lungo, eccessivo, ma finalmente è chiaro, cristallino, filologico e interpretato dalle facce giuste. È visivamente splendido – un puro piacere per gli occhi – avvincente nelle sequenze di battaglia, ipnotico nelle scene con i vermi nel deserto. È “Dune”, di Frank Herbert.

Voto: 8

VC PD