Dopo il successo ottenuto con il pre-festival che si è svolto a Roma a luglio, arriva la quinta edizione del Festival Cinema d’iDEA – Women’s International Film Festival, diretto da Patrizia Fregonese de Filippo, che si terrà in streaming sulla piattaforma francese Cinecapsule dal 27 settembre al 3 ottobre 2021.

In the image of God (Bianca Rondolino). Il rabbino Levi è nato nel 1957 a Long Island, New York, intersessuale come sua nonna e la sua bisnonna, e come a loro gli fu imposto il genere femminile alla nascita. In the Image of God racconta la sua storia di transizione e il suo viaggio attraverso la fede. La regista queer Bianca Rondolino in questo breve cortometraggio lascia parlare il rabbino, che ci racconta come abbia scoperto attraverso le scrittura che comunque Dio ci ha creato TUTTI a sua immagine e somiglianza. Nessuno escluso. Pansessuale. Essere umano. Voto: 7 e ½

Il nostro Eduardo (Didi Gnocchi). Un bellissimo documentario, voluto dagli eredi superstiti di Eduardo De Filippo, i figli di Luca, da poco scomparso. Insieme a lui lo raccontano le tante donne che hanno attraversato la sua vita e non solo. Anche se la voce fuori campo è effettivamente troppo didascalica – ma gli autori hanno sicuramente sentito l’esigenza di puntellare e sostenere la mastodontica figura del grande teatrante – il film, imperdibile, riesce a restituirci l’Eduardo pubblico e quello privato, con le sue malinconie, i suoi punti di forza e le sue debolezze. Metateatrale. Essere umano. Voto: 7 e ½

The spring poem/Prolecna pesma (Natalija Avramovic). Petra, una giovane madre single, dopo il proprio divorzio e la morte del padre, cerca di liberarsi e di vivere la sua vita nonostante tutti, alla ricerca dell’uomo giusto… Girato in un poetico bianco e nero e di durata molto breve, il lungometraggio si regge principalmente sulla protagonista Mihaela Stamenkovic, che ci regala uno sbarazzino ritratto di donna contemporanea. Scelta. Voto: 7 e ½

Are you glad I’m here (Noor Gharzeddine). Una giovane americana fa amicizia con una donna libanese, stravolgendo senza volerlo la sua vita fatta di abitudini e violenze. Film curioso datato 2018 e di nazionalità libanese che percorre diverse strade, tra cui anche l’horror e la commedia, smarrendo a volte la meta. Affronta però tematiche importanti – e questo non è poco – e rimane in piedi anche grazie alle due interpreti, belle e brave. Anti-maschilista. Difficile essere una donna. Voto: 7

Gracefully (Arash Es’haghi). Un iraniano ormai ottantenne  che da giovane si esibiva in cerimonie pubbliche danzando vestito da donna. Dopo la rivoluzione avvenuta negli anni settanta ciò non è stato più possibile e si è ritirato a fare il contadino in campagna. L’interessante documentario racconta attraverso le parole dei figli questa singolare figura che ha sempre inseguito la felicità attraverso il ballo. Coreutico. Difficile essere una donna. Voto: 6 e ½

Desrances (Apolline Traorè). Francis Desrances, dopo aver perso la sua famiglia ad Haiti nel 1992, si ritrova a vivere nel 2010 ad Abidjan in Costa d’Avorio con sua moglie e sua figlia, in attesa di un altro figlio. Ma quando scoppiano anche lì disordini, Francis dovrà combattere per salvare ancora una volta la sua famiglia… Targato Burkina Faso, il film di Traoré, pieno di buone intenzioni, pecca per una messa in scena davvero povera e per certe soluzioni al limite dell’amatoriale. Ma soprattutto procede nascondendo apparentemente senza motivo alcuni eventi allo spettatore (e al protagonista), che invece tutti gli altri personaggi sembrano sapere.

Roma, 5 ottobre. Si è conclusa domenica scorsa la 5° edizione del Festival Cinema d’iDEA – Women’s International Film Festival, diretto da Patrizia Fregonese de Filippo, che quest’anno si è tenuta sia in presenza che in diretta streaming sulla piattaforma francese Cinecapsule, a cui hanno partecipato tutti i premiati.
La giuria di addetti ai lavori – presieduta da Rosa Pianeta (attrice e pittrice) e composta da Lorena Villareal (regista messicana), Lampo Calenda (produttore), Flavia Laviosa (Professoressa di Cinema alla Wellesley University di Boston) e Antonio Falduto (sceneggiatore e regista) – ha premiato come Miglior Film Desrances di Apolline Traoré, con la seguente motivazione: “per il coraggio emotivo, intellettuale e professionale degli autori del film a trattare un tema controverso come la guerra, nei suoi effetti devastanti sulla popolazione civile e per la qualità del racconto e della realizzazione cinematografica”.
L’iraniano African Violet di Mona Zandi Haghighi si è aggiudicato il premio come Miglior Sceneggiatura assegnato a Hamid Reza Bababeighi per “l’originalità del tema, per la delicatezza con cui viene raccontato e che mai indugia in facili sentimentalismi, per la precisazione con cui vengono ritratti i personaggi e le sorprendenti dinamiche dei loro rapporti, libere da ogni prevedibile stereotipo, senza mai tralasciare il contesto culturale e sociale in cui si sviluppano”.
Il Miglior Documentario è andato a 6 Angry Women di Megan Jones, un’inchiesta incalzante sul tema dell’abuso. “Nell’opera c’è il capovolgimento della questione dell’abuso, che in questo caso è perpetrato ai danni di un uomo. Un fatto antico, accaduto in Nuova Zelanda, che rimane, purtroppo, attuale, dopo più di 30 anni. Anni di ricerche per un documentario-thriller, per arrivare ad una verità che ha trovato l’uomo colpevole. Purtroppo, quando capita alle donne, la giustizia liquida la questione con piccole, brevi condanne. Qui le donne hanno ridato luce alla verità, usando la gogna pubblica, che è più forte della giustizia stessa”.
Il premio come Miglior Attrice, assegnato da Domizia De Rosa, Presidente della Women in Film Tv & Media Italia, è andato a Mihaela Stamenkovic per il film serbo Spring Poem di Natalija Avramovic, una coraggiosa opera prima. Così la Giuria delle Wift ha motivato la premiazione: “Petra è una donna libera, indipendente, anticonformista. Cerca di essere una buona madre senza rinunciare alla libertà di esprimere la sua femminilità. Cerca il vero amore senza accontentarsi del primo che capita solo per poter avere uno status sociale. Sempre in bilico tra ciò che la società vuole da lei ed i suoi desideri, propendendo sempre per questi ultimi. Le sue azioni e le sue reazioni sono sempre calcate, esagerate come se volesse dimostrare, prima a se stessa e poi a tutto il resto del mondo, che gli schemi e le etichette non portano alla felicità. Il personaggio risulta respingente, antipatico, perché ci sbatte in faccia possibilità altre, che veniamo costretti a considerare. Llei si interroga sulla felicità e la cerca. Perché la sua piccola e personale rivoluzione è una nuova primavera. E il nostro coraggio dove è? Siamo in grado di considerare altro da ciò che la società ci propone? Siamo propensi a sperimentare nuove vie per arrivare alla felicità? L’attrice lo interpreta in modo forte, caratterizzante. Con un’espressione perennemente insoddisfatta, non mostra mai grandi emozioni, come se si stesse chiedendo costantemente quali fossero le sue sensazioni senza trasferirle allo spettatore. Noi non sappiamo mai cosa pensa e qual è il suo giudizio su di sé. Se le sue azioni sono esagerate, le sue emozioni sono rimpicciolite per essere monitorate e capite”.
Il premio come Miglior colonna sonora, invece, è andato a Ehsan Sedigh per Janbal di Mina Bozorgmehr e Hadi Kamali Moghadam, “per aver reso la musica elemento fondamentale e pregnante del film, armonizzandola magnificamente con le immagini, dando così enfasi alla surrealità, alla bellezza e alla sacralità della visione del film stesso”.
Assegnate anche due menzioni speciali: a Mother of The Earth di Mahnaz Afzali è andata la Menzione speciale Women That Make a Difference – Donne che fanno la differenza: “Per averci fatto conoscere una donna caparbia e meravigliosa, che con l’aiuto del marito, lotta in Iran per un problema che accomuna tutti i paesi del mondo, quello dei rifiuti, universalmente critico. La regista punta l’obiettivo su Hayedh Shirzadi, che è stata capace, consapevolizzando gente e istituzioni e superando enormi ostacoli, di ottenere il 100% del riciclo nella città di Kermanshah. Questa donna è un esempio del coraggio e della forza delle donne che riescono veramente a fare la differenza. Il tema trattato ci coinvolge per tutto il film, portando all’attenzione di noi tutti quanto sia importante lottare per il futuro della nostra terra, dandoci la speranza che ce la possiamo fare”; e a Gracefully di Arash Es’hagi la Menzione speciale della Giuria “per l’originalità del soggetto che racconta la passione di una vita di un modesto agricoltore di un piccolo centro dell’Iran, per le danze tradizionali in abiti femminili e del difficile rapporto con la famiglia, la comunità locale e le autorità politico-religiose e per il linguaggio del film che in perfetta sintonia con la materia narrativa ne permette una trasparente e veritiera evidenza”.
Il Miglior Cortometraggio l’ha visto vincere l’Italia con In The Image Of God di Bianca Rondolino, giovanissima regista al suo primo lavoro, “per aver saputo raccontare in 15 minuti, in maniera compiuta, un tema così intimo, complesso ed importante, facendoci conoscere una realtà spesso ignorata se non taciuta che invece tocca ognuno di noi in un mondo di mutamenti e contraddizioni dove, dove è fondamentale la conoscenza degli altri e la condivisione per una società più inclusiva paritaria ed equilibrata”.
La Giuria composta dagli studenti della Scuola Marco Polo di Tombolo, provincia di Padova, seguiti dalla Prof. Daniela Toniolo, ha premiato come Miglior Cortometraggio: Through the Looking Glass di Morgane Polanski, meravigliando tutti perché i ragazzi, per lo più quattordicenni, hanno scelto un tema importante, serio e forse troppo poco dibattuto, come quello della vecchiaia e dell’ego.

Dal nostro inviato Paolo Dallimonti.