All’indomani dell’accessibilità delle sale al 100% inizia l’attesissima Festa del Cinema di Roma, con un programma quest’anno in tono minore, surclassato nettamente dalla sezione parallela Alice nella città, che si apre con Ghostbusters – Legacy e si chiude col film Marvel Eternals e vedrà anche la presenza di Belfast di Kenneth Branagh. Grande spazio agli incontri, che vedranno ospiti tra gli altri Quentin Tarantino e Tim Burton, i quali andrà il premio alla carriera.
Ma anche se quest’anno Antonio Monda non ha selezionato titoli eclatanti, il livello delle pellicole si preannuncia comunque alto, come sempre.
Cyrano (Joe Wright). Trasposizione del musical di Erica Schmidt, a sua volta tratto dall’opera di Edmond Rostand, questa ennesima versione cinematografica potrebbe intitolarsi da noi “CyNano”, poiché l’handicap del noto spadaccino poeta nell’interpretazione dello strepitoso Peter Dinklage passa dall’essere un lungo naso a divenire una ben corta statura. Il film, girato in Sicilia durante la Pandemia da Covid-19, è un sontuoso spettacolo per le orecchie e gli occhi, divertente e commovente, uscendo anche dalla dimensione teatrale e portandoci perfino sui campi di battaglia. Chi non conosce la commedia teatrale? Ma le firme di Joe Wright e di Erica Schmidt danno nuova vita e nuova forma ad una storia eterna. Letteralmente melodrammatico. Selezione ufficiale. Voto: 8 e ½
L’arminuta (Giuseppe Bonito). Una ragazzina tredicenne, che conosceremo solo col nome di “Arminuta” (in abruzzese significa “la ritornata”), viene affidata dalla sua famiglia benestante, senza un reale motivo, ad un’altra famiglia di campagna, più umile e a tratti ostile. Qui scoprirà dure verità sul suo passato oltre ad un mondo del tutto diverso, lontano anni luce da quello in cui era vissuta fino ad allora… Unico film italiano nella selezione ufficiale, L’arminuta spiazza già solo per essere tratto da un romanzo, peraltro narrato in prima persona, e per evitare – cosa rarissima, soprattutto qui da noi – la stramaledetta voce fuori campo. Co-sceneggiata dall’autrice Donatella Di Pietrantonio, la pellicola racconta un’Italia che non c’è più, quella degli anni sessanta/settanta, nella dicotomia tra città e campagna, facendo ricorso ad un dialetto abruzzese che sa di selvatico e a costumi che sottolineano la contrapposizione. Il romanzo di formazione è ben condotto e funziona, appassionando e commuovendo lo spettatore. Attendiamo l’ottimo regista Giuseppe Bonito, che già aveva affrontato il mondo dei ragazzini in Pulce non c’è, ancora tratto da un romanzo e che era sempre passato alla Festa del Cinema di Roma nel 2012, nella sezione Alice nella Città, vincendo tra l’altro il Premio speciale della Giuria, e che ha recentemente diretto Figli del compianto Mattia Torre, con un film, anche piccolo, ma tutto suo. Selvatico. Selezione ufficiale. Voto: 8
Belle (Mamoru Hosoda). La giovane e impacciata Suzu si cimenta nel social network del momento, “U”, dove ognuno può assumere un avatar differente che però è in grado di tirare fuori le migliori qualità nascoste di ogni singolo individuo. Così si trasforma in Belle, bravissima e affascinante cantante. Ma quando il mondo di “U” e il suo verranno presto minacciati da un misterioso drago, Suzu/Belle cercherà di scoprire chi sia costui… Meravigliosa ed iper-tecnologica versione de “La bella e la bestia”, firmata dall’autore di Digimon e One Piece, che affronta oltre a temi come l’adolescenza e la scoperta della propria identità anche altri più delicati come quello della violenza ai minori. Atttenzione: è pur sempre un anime e potrebbe non arrivare a tutti, ma l’inventiva di Hosoda e la ricchezza del suo universo immaginato raggiungono qua una complessità unica e mirabile. Capolavoro. Alice nella città – Concorso. Voto: 8
Luigi Proietti detto Gigi (Edoardo Leo). Un commosso omaggio, da allievo e maestro, che, un anno dopo la sua scomparsa, Edoardo Leo ha sentito il bisogno di rendere ad un grandissimo dello spettacolo italiano. Partito come un documentario che voleva raccontare circa quarant’anni dopo l’impatto di uno spettacolo rivoluzionario come “A me gli occhi, please”, si è poi trasformato, dopo la dipartita del mattatore, in un’opera necessariamente biografica. E proprio Leo, che come Gigi ha fatto poca scuola, ma tanta gavetta, pur con le dovute proporzioni, non poteva che essere la persona migliore per realizzarla. Esilarante e illuminante, si rivela un vero compendio imperdibile per chi, oggi, volesse approcciarsi al mondo dello spettacolo, ma non solo. Supercalifragilistichespiralidoso! Omaggi e restauri. Voto: 8
Belfast (Kenneth Branagh). Una seria di cartoline (a colori) della Belfast odierna si ferma su un murales per poi lasciar scoprire a un dolly un mondo in bianco e nero apparentemente tranquillo. La storia di un giovane e della sua famiglia operaia che vivono i tumultuosi tardi anni ’60 durante il conflitto dell’Irlanda del Nord. Protestanti in un quartiere di cattolici, toccheranno con mano assai presto insieme a noi quanto quel mondo sia solo apparentemente tranquillo, dovendo decidere se restare o rifarsi una vita altrove… Attingendo ai suoi ricordi d’infanzia, a sessant’anni Kenneth Branagh realizza il suo film più personale e più riuscito. Il lirismo del bianco e nero (che lascia spazio al colore solo nei momenti in cui l’arte, cinematografica o teatrale, è sullo schermo) e la poesia delle memorie fanciullesche fanno perdonare, se non giustificano, alcuni momenti che sfiorano la retorica. Una sorta di western moderno ben scritto, ancor meglio diretto e ottimamente interpretato. Proustiano. In coproduzione con Alice nella Città. Voto: 7 e ½
Caterina Caselli – Una vita, cento vite (Renato De Maria). Se ci pensate, Caterina Caselli non è stata esattamente Orietta Berti, ma si è sempre distinta nel panorama delle cantanti degli anni sessanta per quel quid di ribellione in più. Prima di dedicarsi alla produzione musicale, ha scoperto Battiato e Guccini nelle trasmissioni televisive che conduceva per la RAI, continuando nel corso degli anni la sua prolifica attività di talent-scout. Perché un documentario su di lei è interessante? Perché, oltre ad essere diretto da Renato De Maria, racconta mezzo secolo di storia (della musica) italiana! E attraverso le sue parole e le sue storie riviviamo con lei mezzo secolo delle nostre vite. Meta-musicale. Eventi speciali. Voto: 7 e ½
C’mon c’mon (Mike Mills). Un giornalista radiofonico, in crisi e impegnato in un indagine sul futuro dei ragazzi, si prende cura del suo giovane nipote: insieme intraprendono un viaggio attraverso il paese… Altro film in bianco e nero di questa festa, il terzo visto, in ordine cronologico, il film vede un Joaquin Phoenix in splendida forma, vero mattatore della pellicola. Molto bella e intelligente l’idea di mettere al centro le interviste ai giovani per raccontare la vicenda di un uomo adulto che ancora non sembra aver capito che cosa voglia fare veramente nella vita e sta cercando di comprenderlo confrontandosi col nipote bambino, ovviamente più maturo di lui. Sarà proprio il ragazzino ad esortarlo col “C’mon c’mon” del titolo ripetuto all’infinito. Didattico. Selezione ufficiale. Voto: 7 e ½
Eternals (Chloé Zhao). Film della Fase quattro del MCU, vede al centro gli Eterni (di cui faceva parte anche il famigerato Thanos), personaggi creati sulla carta stampata da Jack Kirby, che altro non sarebbero che gli dei che l’umanità avrebbe incontrato nel corso dei millenni peregrinando sulla terra: da (A)Thena a Ikaris, da Ajak/Aiace a Sersi/Circe fino a Makkary/Mercury. Queste creature sarebbero state collocate a guardia del nostro pianeta da una figura superiore, il Celestiale Arishem il Giudice, per proteggerla dai Devianti, mostri perennemente affamati. Ma la verità si scoprirà essere un’altra… Al ponte di comando di questa imponente pellicola curiosamente c’è Chloé Zhao, regista raffinata che avrebbe pregato Marvel e Disney per dirigere un loro film. E la differenza si vede! Fin dall’inizio, con “Time” dei Pink Floyd – anche se ormai è diventato facilissimo introdurre qualsiasi brano musicale nella colonna sonora: basta avere i soldi e pagare! – il film prende una piega ben diversa dal solito, come pure il ricorso al mito – tra i tanti – di Peter Pan, conferiscì una svolta lirica alla pellicola. Un cast altisonante, guidato letteralmente da Salma Hayek e Angelina Jolie, rafforza un’opera già potente in nuce. Universale. In coproduzione con Alice nella Città – Film di chiusura. Voto: 7 e ½
Hive (Blerta Basholli). Il marito di Fahrije è scomparso dai tempi della guerra in Kosovo. La donna crea una piccola impresa per provvedere ai suoi figli, ma mentre combatte contro una società patriarcale che non la sostiene, deve affrontare una decisione cruciale… Dal Kosovo arriva questo gioiellino, che prende la metafora dell’alveare (la protagonista produce anche miele con le sue api) per raccontare l’ancora attuale tema dei morti in guerre recenti e per mostrare la condizione della donna in un paese a prevalenza musulmana. Attori bravissimi per una pellicola consigliatissima e dal discreto ritmo. Selezione ufficiale. Voto: 7 e ½
Mediterráneo/Open arms – La legge del mare (Marcel Barrena). Oscar Camps, salvavita professionista a Barcellona di mezza età, non resiste alle immagini dei migranti che affogano in mare a Lesbo, in Grecia. Uomini, donne e bambini che sembrano chiamarlo. Parte improvvisato per l’isola greca insieme ad un fido collaboratore, incontrando subito grandi difficoltà, l’incomprensione e la diffidenza delle autorità, la solidarietà di pochi. La sua iniziativa porterà alla nascita della ONG “Open Arms”, che ha finora salvato decine di migliaia di vite in mare… Film con qualche punta di retorica che però si avvale di una narrazione robusta, avvincente ed estremamente cinematografica, lontana comunque dall’agiografia e spesso sinceramente commovente. L’ironia connaturata nei personaggi è un altro motore vincente della pellicola, insieme ai volti degli attori, prima fra tutti la grande faccia da cinema del protagonista Eduard Fernández. Umanitario. Selezione ufficiale. Voto: 7 e ½
Mothering Sunday (Eva Husson). Una giovane domestica nell’Inghilterra del primo dopoguerra intreccia una relazione segreta con l’unico sopravvissuto di una nobile casata, dopo che gli altri quattro fratelli erano morti al fronte. Seguiamo le sue vicende alternate a quelle di un periodo successivo della sua vita, quando inizierà a scrivere, fino a scoprire come, ormai in là con gli anni, ella sia diventata una rinomatissima scrittrice professionista… La regista mette in scena un dramma intrigante e ben congegnato che vuole accompagnarci nei meandri e nei misteri della narrazione. Cast di gran lusso con Olivia Colman, Colin Firth e perfino Glenda Jackson. Narratologico. Selezione ufficiale. Voto: 7 e ½
Una película sobre parejas (Natalia Cabral e Oriol Estrada). Quando una coppia di registi decide di girare un film d’inchiesta sulle coppie innamorate, i problemi e le tensioni tra i due li costringono a mettere in discussione la propria relazione e il significato del cinema… Documentario che più falso non si può ed esempio mirabile di meta-cinema, la pellicola della coppia di cineasti della Repubblica Dominicana colpisce già solo per il paese d’origine, che è molto raro veder presentare opere ai festival internazionali. Poi alla visione emergono e ancora colpiscono l’ironia del simpatico duo, la capacità di mettersi in discussione, tra realtà e finzione, e l’idea che la cinepresa possa aiutare a comprendere anche noi – e l’autore in sé – oltre che gli altri. Cinepatico. Selezione ufficiale. Voto: 7 e ½
Petite maman (Céline Sciamma). Nelly ha appena perso sua nonna e sta aiutando i suoi genitori a pulire la casa d’infanzia di sua madre. Esplora la casa e i boschi circostanti. Un giorno incontra una ragazza della sua età che costruisce una casa sull’albero… Céline Sciamma imbastisce un racconto fantastico che si impregna di quel realismo magico, sottile e prezioso, che tanti autori inseguno senza mai incontrare. Da sempre bravissima nel frequentare il mondo giovanile, dall’infanzia all’adolescenza, qui si affida completamente alle due bambine protagoniste, riuscendo a trarre il meglio da loro. Incantevole. Alice nella città – Concorso. Voto: 7 e ½
Yuni (Kamila Andini). Al suo ultimo anno di scuola secondaria, una brillante studentessa indonesiana è determinata a proseguire gli studi e a resistere al matrimonio, nonostante le aspettative della sua comunità… Curioso film indonesiano, diretto da una già affermata figlia d’arte, che pone sul piatto una miriade di temi: l’adolescenza, i matrimoni combinati, la scoperta del sesso, l’identità sessuale e non. La sceneggiatura accompagna la giovane Yuni nel suo personale percorso di crescita – e noi con lei – lasciandoci col fiato sospeso circa le sue scelte private, fino all’affermazione di se stessa, senza se e senza ma, finalmente sola. Auxologico. Selezione ufficiale. Voto: 7 e ½
Becoming Cousteau (Liz Garbus). Vita, morte e miracoli (futuri) di Jacques-Yves Cousteau, esploratore, inventore, regista e ambientalista sopra e sotto i mari. E, suo malgrado, politico. La vita avventurosa e travagliata dell’uomo è raccontata dalla prolifica autrice di documentari Liz Garbus attraverso le numerose immagini che egli stesso ci ha lasciato. Poco agiografico, il film ripercorre tutta la sua vita dall’infanzia alla vecchiaia, ricordandoci come Cousteau, tra le altre cose, abbia costretto tutti i grandi della terra a risparmiare l’Antartide almeno fino al 2048. Idrofilo. Selezione ufficiale. Voto: 7
Charlotte (Tahir Rana e Éric Warin). Un cartone animato destinato ad un pubblico adulto per raccontare la triste vicenda della pittrice tedesca ed ebrea Charlotte Salomon, l’autrice di quella che viene considerata la prima graphic novel, ossia una collezione di oltre mille dipinti in cui ella raccontava la sua vita, spesa tra il 1941 e il 1943 nel sud della Francia, e interrottasi tragicamente a causa della sua deportazione ad Auschwitz. Le immagini animate si alternano ad animazioni dei suoi quadri in una narrazione intrigante e spesso molto dura. Didascalico, ma in senso buono. Selezione ufficiale. Voto: 7
E noi come stronzi rimanemmo a guardare (Pierfrancesco Diliberto). Arturo Giammarresi (Fabio De Luigi) viene licenziato dalla ditta in cui lavora dopo aver elaborato l’algoritmo che, tra l’altro, lo individua come ramo secco da tagliare. Per sua iniziale fortuna gli viene incontro l’app del momento, FUBER, che gli offre un lavoro. Sarà per lui l’inizio di una serie di esperienze inaudite, al limite del grottesco. Unica consolazione: un’ologramma, Stella (Ilenia Pastorelli), ma Arturo non avrà i soldi per pagarne l’abbonamento… Il personaggio elaborato di Pif sta a lui come Michele Apicella stava a Nanni Moretti, anche se stavolta l’autore siciliano lo ha lasciato a De Luigi per ritagliarsi il ruolo più piccolo del suo compagno di appartamento. Ambientato in un futuro più remoto possibile, ma ahinoi alquanto prossimo, deviando così dai due film precedenti di Pif, è una satira divertente e spesso graffiante del mondo del lavoro odierno, un Quo vado 2.0, tra app e new economy, con un’agghiacciante considerazione finale, forse un po’ stonata rispetto ai toni più leggeri del resto della pellicola. Profetico. Eventi speciali. Voto: 7
I fratelli De Filippo (Sergio Rubini). L’infanzia e la giovinezza di Eduardo, Peppino e Titina, figli illegittimi e mai riconosciuti di Eduardo Scarpetta. I dissapori, gli affetti e l’inventiva di tre colonne portanti dello spettacolo italiano. Progetto cui Rubini ha dedicato ben sette anni della sua vita, il film potrebbe solo erroneamente essere considerato un sequel di Qui rido io di Mario Martone, che sarebbe in realtà entrato a gamba tesa sull’opera in questione. Utilizzando tre giovani attori poco conosciuti, ma bravissimi (su tutti siamo rimasti incantati dalla Titina di Anna Ferraioli Ravel) e uno stuolo di solidi professionisti (da Giancarlo Giannini nel ruolo di Scarpetta sr. a Biagio Izzo in quello di Scarpetta jr., molto più mefistofelico di quello di Martone, dipinto lì solo come figlio incompreso, più Marisa Laurito e il duo Salemme/Cassagrande), Sergio Rubini realizza il film della sua maturità, più solido della fiction televisiva che inizialmente avesse in mente, “disgregato” solo nella misura in cui “disgregati” erano i rapporti tra i tre fratelli. Dinastico. Eventi speciali. Voto: 7
Ghostbusters: Legacy (Jason Reitman). Callie viene sfrattata e e si ritrova a doversi trasferire insieme ai due figli, Trevor e Phoebe nella piccola cittadina di Summerville a casa dell’appena defunto genitore. Qui scopriranno che questi era un membro dei Ghostbusters e si ritroveranno a dover salvare il mondo da un pericolo imminente e non nuovo… Dopo il reboot al femminile, che poco funzionò al botteghino, ecco scendere in campo l’intera famiglia Reitman per un sequel che si ricollega direttamente ai due film degli anni ottanta. Sentimentale e nostalgico, oltre che molto divertente, il film, decisamente riuscito ed azzeccato, regala ad appassionati (e non) un gustosissimo revival che filologicamente si ricollega ai due film originali, con molte e ricche sorprese per tutti. Il “Legacy” del sottotitolo italiano, che sostituisce l'”Afterlife” americano, rende bene il tipo di operazione che si sia voluta fare e lo stesso Jason Reitman (r)accogliendo l’eredità paterna con successo, realizza onestamente e indubbiamente il migliore risultato che si sarebbe potuto ottenere sull’argomento. Fantasmagorico. Alice nella Città – Film d’apertura. Voto: 7
Lamb (Valdimar Jóhannsson). Una coppia senza figli, María e Ingvar, scoprono un misterioso neonato nella loro fattoria in Islanda. La prospettiva inaspettata della vita familiare porta loro molta gioia, prima di distruggerli definitivamente… Fateci caso: nei pochi film islandesi (che arrivano da noi) c’è sempre di mezzo qualche pecora. Qua, in questa disturbante pellicola costantemente in equilibrio sopra il kitsch, si fa un piccolo passo avanti verso l’ibridazione. Per non spoilerare, anche se l’anomalia è già presente in scena dopo poco, aggiungiamo solo che Lamb, pur nella sua freddezza programmatica e nel suo incedere inesorabile, è senz’altro una pellicola da vedere, ipnotica e lucida, sorretta soprattutto dalla fragilità iconica di Noomi Rapace. Pecoreccio?! Alice nella città – Proiezioni speciali. Voto: 7
Il legionario (Hleb Papou). Daniel (Germano Gentile)), l’unico poliziotto nero del reparto antisommossa di Roma, deve sgomberare un condominio occupato da 150 famiglie, compresa la sua… Thriller a sfondo sociale, che vede un esponente delle forze dell’ordine, integrato in un mondo a lui apparentemente ostile, disintegrarsi nel tentativo di salvare capra e cavoli, ossia professione e famiglia… Teso e ben ritmato, il film parte da premesse tragiche (il celerino combattuto tra lavoro e famiglia) per sviluppare bene il suo conflitto, ma lasciando comunque un filo di speranza. Pasoliniano, ma più contemporaneo, e con le facce giuste, è un discreto pugno allo stomaco con tante domande e, giustamente, poche risposte. Alice nella città – Panorama Italia. Voto: 7
Nordsjøen/The north sea (John Andreas Andersen). Torna il “Roland Emmerich norvegese”, John Andreas Andersen, tre anni dopo The quake, con un altro coinvolgente disaster-movie ad alto tasso di spettacolarità. Questa volta al centro della pellicola ci sono le numerose piattaforme petrolifere sparse per il Mare del Nord, che avrebbero fatto del fondale marino una groviera, aprendo così una minacciosa faglia. Al centro della vicenda una esperta di robot sottomarini, il suo collega e il compagno di lei, quest’ultimo impegnato a lavorare su una chiatta in grosso pericolo. “Se qualcosa può andar male lo farà”, recita la legge di Murphy, e gli sceneggiatori la seguono come un mantra. Divertimento assicurato ed un importante messaggio ecologista fanno del film un prodotto da non perdere. Visionario. Selezione ufficiale. Voto: 7
Una notte da dottore (Guido Chiesa). Il dottor Pierfrancesco Mai (Diego Abatantuono), durante un turno notturno di lavoro come medico a domicilio, per far fronte ad un fastidioso mal di schiena decide di mandare avanti un glover, Mario (Frank Matano), incontrato per caso, guidandolo a distanza ad ogni visita con gli auricolari. Sarà una notte indimenticabile per entrambi… Remake italiano del divertente Chiamate un dottore! di Tristan Séguéla di un paio d’anni fa, riesce ad essergli perfino un pelo superiore, sia per la regia di Guido Chiesa, che per le interpretazioni dei due comprimari, anch’essi perfetti e molto affiatati nei ruoli. Si ride molto, ci si commuove, il tutto con garbo, intelligenza e zero volgarità, come anche nell’originale. Europeo. Alice nella città – Panorama italia – Proiezioni speciali. Voto: 7
Onde radicali (Gianfranco Pannone). Uno dei migliori documentaristi italiani (l’altro è Francesco Del Grosso) ci racconta la nascita e lo sviluppo di Radio Radicale, uno strumento preziosissimo che gli italiani hanno sempre sottostimato e, soprattutto, mal utilizzato, come fu nel 1993 quando, a microfoni spenti, vennero aperte le segreterie telefoniche che si “videro” riversare sopra insulti a profusione, rivelando il peggio (o il meglio?!) degli italiani. Attraverso le voci di chi c’era – alcuni ancora oggi protagonisti della scena nazionale – rivivono molte intuizioni, come quella di agganciarsi ai monitor audio interni del parlamento o quella di trasmettere i processi in diretta – tutte manifestazioni aperte e quindi legalmente accessibili al pubblico – che turbarono i sonni di politici e magistrati fin da quell’ormai lontano 1976. Legittimo. Omaggi e restauri. Voto: 7
One second/Yi miao zhong (Zhang Yimou). In piena rivoluzione culturale, un uomo e una ragazzina nelle campagne cinesi si contendono una bobina cinematografica. Hanno motivazioni opposte, ma in realtà a nessuno dei due importa veramente il cinema. Si inseguiranno fino al villaggio dove il film sarà proiettato… Quello di Zhang Yimou non è un omaggio al cinema, come potrebbe sembrare, appunto perché, come detto, a nessuno dei due protagonisti frega nulla della settima arte, è piuttosto ancora una volta una critica alla Cina comunista, dove la delazione è motivo di merito, dove per finire in galera basta molto poco e dove i cinegiornali e i film grondano retorica. Film della maturità, se non della senilità, è comunque un godibile e vivace racconto, quasi western, con due protagonisti eccezionali. Trans-cinematografico. Selezione ufficiale. Voto: 7
Red rocket (Sean Baker). Mikey Saber è un pornostar fallito che torna nella sua piccola città natale in Texas, dove in realtà nessuno lo reclama. Non perderà occasione per mettersi nei guai… Sean Baker, dopo Tangerine (passato al Torino Film Festival 2015) e Un sogno chiamato Florida, torna con le sue storie ambientate nella sordida provincia statunitense che parlano di derelitti e buoni a nulla. Stavolta il protagonista ha il volto vincente e ironico di Simon Rex, brillante attore che in passato ha davvero realizzato dei video hard gay, cortocircuitando così realtà e finzione. Il suo Mickey Saber fa davvero tenerezza e simpatia nella parabola di relativa risalita e necessaria caduta. Ironico. Tutti ne parlano. Voto: 7
The eyes of Tammy Faye (Michael Showalter). Ascesa e caduta di Tammy Faye e suo marito Jim Bakker, tele-predicatori cattolici realmente in attività tra gli anni ’70 e i i ’90, uno di quegli apici singolari che solo gli Stati Uniti d’America possono permettersi. Entrambi di umili origini e figli della guerra fredda, estremamente disponibili, ma anche molto attaccati al denaro e ad una vita fin troppo lussuosa, pagarono a caro prezzo irregolarità finanziarie, rivali invidiosi ed infami e scandali privati, vedendo crollare loro addosso quell’impero che contava una televisione che raggiungeva venti milioni di spettatori e perfino un parco a tema cristiano. Film dolce-amaro che vede una sorprendete Jessica Chastain in stato di grazia, che ha visibilmente studiato il suo personaggio, estremamente complesso, fin nei minimi dettagli per il ruolo della sua carriera. Una messa in scena ben studiata che si ispira ad un documentario omonimo di Fenton Bailey e Randy Barbato e che alterna immagini di repertorio, mostrando però anche in queste sempre i volti degli attori protagonisti. Post-cattolico. Selezione ufficiale. Voto: 7
Frank Miller – American genius (Silenn Thomas). Il fumettista, sceneggiatore e regista Frank Miller si racconta in prima persona, anche attraverso le parole dei suoi colleghi della carta stampata e della celluloide. Il suo rapporto con i disegni e la scrittura – è sempre suonato strano che un disegnatore scrivesse, come lui, le proprie storie, anche magnificamente – quello travagliato col cinema (che non ha sempre soddisfatto le sue ambizioni e i suoi meriti), passano sullo schermo attraverso le sue tavole e le sequenze cinematografiche. Un degno omaggio a un vero genio dei nostri tempi, tra Batman, gli anti-eroi in bianco e nero di “Sin city” e le ipertrofie muscolari di “300”. Selezione ufficiale. Voto: 6 e ½
Io sono Babbo Natale (Edoardo Falcone). Ettore (Marco Giallini) è un ex-galeotto, criminale incallito, che, appena uscito di prigione, altro non ha da fare che continuare a delinquere. Puntando l’ennesimo “cliente”, si ritrova a casa di un certo Nicola Natalizi (Gigi Proietti), un uomo buono e simpatico, che non ha in casa nulla di valore, ma ha per lui una rivelazione spettacolare: “Sono Babbo Natale!”. Sarà vero?… Film pre-natalizio e raro campione di fantastico nazionale, che uscirà in occasione del primo anniversario della morte del grande mattatore romano, cui questa Festa del Cinema ha dedicato altre iniziative, come il documentario di Edoardo Leo, si basa quasi esclusivamente sui due grandi attori. Per il resto è una piccola pellicola malinconica, che fa sorridere, ma mai ridere a crepapelle e che dà una versione molto contemporanea e “laica” del Natale. Andrà sicuramente bene al botteghino, ma all’estero ne avrebbero fatto un capolavoro. Pre aperture. Voto: 6 e ½
Passing (Rebecca Hall). Irene (Tessa Thompson) e Clare (Ruth Negga), due donne di colore, due amiche d’infanzia che si ritrovano, adulte, nella New York degli anni venti. La prima è sposata con un uomo anch’egli di colore e ha un figlio; la seconda si è unita ad un WASP, pure razzista, e, tinta di biondo, finge di essere bianca. La riunione delle due donne porterà a conseguenze tragiche… Prodotto da Netflix e girato in un bianco e nero spesso sparato, soprattutto nelle scene in esterni, e volutamente atto ad annullare la differenza cromatica delle epidermidi delle protagoniste, Passing comincia (e prosegue) come un film surrealista, à la Buñuel. Rebecca Hall, un’attrice prestata qui per la prima volta alla regia, a volte sembra mancare l’obiettivo cui vuole mirare, realizzando un film dal lento incedere, ma indubbiamente affascinante. Meta-razziale. Selezione ufficiale. Voto: 6 e ½
Promises (Amanda Sthers). Tratto da uno dei romanzi della sua regista, il film, una coproduzione italo-francese, si fregia dell’interpretazione di Pierfrancesco Favino, l’unico attore italiano in grado di lavorare con registi stranieri, anche grazie ad un perfetto quanto invidiabile accento british. La storia, curiosa ed affascinante, è quella di un amore mai sbocciato tra Sandro e Laura, che emerge attraverso i loro ricordi i quali procedono in maniera spirale, avanti e indietro nel tempo, ritornando in guise differenti. Meta-temporale. Selezione ufficiale. Voto: 6 e ½
Terrorizers/Qing chun shi lian (Wi Ding Ho). Le vite e le relazioni intrecciate di un gruppo di ventenni a Taipei vengono messe alla prova dopo un tragico incidente che li unisce tutti… Una storia corale fatta di amore, desiderio, passione, invidia e vendetta che coinvolge cinque persone legate non sempre consapevolmente l’una all’altra. Il destino si accanisce e con esso il regista in un racconto che però non sempre funziona e convince nella sua lunga durata, ma spesso affascina e coinvolge lo spettatore. Aleatorio. Selezione ufficiale. Voto: 6 e ½
The crusade/La croisade (Louis Garrel). Abel (Garrel) e Marianne (Laetitia Casta) scoprono che il loro unico figlio tredicenne ha venduto a loro insaputa una marea di beni di famiglia per finanziare un progetto ecologico segreto che, secondo lui e i suoi amici, salverà l’intero pianeta… Molto divertente nella prima parte, tra lo sgomento e gli incubi dei genitori che scoprono di aver allevato un piccolo mostro, il film, pur molto breve, si ammoscia un po’ nel proseguo, perdendo di credibilità, ma non di fascino, con un piccolo, brillante doppio guizzo in conclusione. La bellezza di Laetitia Casta, presente fino alla fine, lo sostiene egregiamente. Alice nella città – Fuori concorso. Voto: 6 e ½
Vitti d’arte, vitti d’amore (Fabrizio Corallo). Un ritratto molto affettuoso di Monica Vitti, una delle attrici che più ha dato al cinema italiano, rivaleggiando sullo schermo con i quattro colonnelli della commedia all’italiana, e che, a causa della sua lunga malattia, pur ancora viva, abbiamo dimenticato. Da Antonioni in poi viene ripercorsa tutta la sua carriera, intervistando i colleghi (ancora in vita) che hanno lavorato con lei o dando la parola in immagini di repertorio a chi, come Alberto Sordi – l’uomo che più l’ha amata – non c’è più. È anche l’occasione per rivedere film ormai difficili da recuperare come il bellissimo Flirt da lei solo scritto e il minore Scandalo segreto da lei anche diretto. VittiMistico?! Omaggi e restauri. Voto: 6 e ½
Crazy for football – Matti per il calcio (Volfango De Biasi). Dopo il documentario omonimo diretto dallo stesso regista nel 2017, ecco l’immancabile versione fiction. La storia è quella di uno psichiatra sui generis (Sergio Castellitto) che usa lo sport, il calcio in particolare, per trattare i suoi pazienti, riducendo così il fabbisogno di farmaci e migliorando le loro condizioni psico-fisiche. Ma la sua ambizione arriverà a condurli al Campionato mondiale della categoria… Film di stampo prettamente televisivo che insieme a Castellitto si porta dietro ruffianamente echi de Il grande cocomero (Raffaele Vannoli anche qua interpreta un personaggio di nome Michelone, che potrebbe essere un’evoluzione di quello di trent’anni prima), si regge in piedi soprattutto grazie alla bravura e alla simpatia trascinanti di Max Tortora. Sceneggiatura piatta, regia inesistente. Peri-olimpico. Riflessi. Voto: 6
Dear Evan Hansen (Stephen Chbosky). Dal regista di Wonder e Noi siamo infinito, un film basato sul musical di Justin Paul e Benj Pasek che narra le vicende di un bugiardo patologico, affetto da disturbo d’ansia sociale, appunto tale Evan Hansen, il quale, spinto dal suo psicoterapeuta a scriversi delle lettere per aumentare la propria autostima, finirà per essere coinvolto in un gigantesco equivoco, venendo considerato come il grande amico di un bullo appena suicidatosi. Arricchita dalla presenza di Julianne Moore e di Amy Adams, la pellicola però non spicca il volo, finendo invischiata proprio nella bassezza del suo protagonista, verso il quale si fatica ad empatizzare. Psicoterapeutico. Eventi speciali – In collaborazione con Alice nella città. Voto: 6
Notti in bianco, baci a colazione (Francesco Mandelli). Matteo Bussola (Alessio Vassallo) è un architetto che lavora nella pubblica amministrazione e che ha sempre sognato di diventare disegnatore di fumetti. L’incontro con Paola (Ilaria Spada), scrittrice e fumettista affermata, lo spinge a coronare il suo sogno e a lasciare il certo per l’incerto. Inoltre gli porterà anche in dono una relazione che regalerà loro tre figlie e tre cani. Già sull’orlo dell’esaurimento nervoso, dall’incontro con una sua ex-stagista diventata talent-scout per un’importante casa editrice francese, riceverà un’altra chance lavorativa, minando ancor di più il suo equilibrio precario… Divertente e grazioso, senza particolari colpi di genio né ambizioni, il film si lascia vedere facendo perno, anche eccessivamente (la voce fuori campo diventa presto insopportabile), sul materiale letterario scritto dallo stesso protagonista e diventato ormai un punto di riferimento per neo-genitori. Famigliare. Pre aperture. Voto: 6
Rigoletto 2020 (Enrico Parenti). Documentario dietro le quinte della messinscena nel giugno 2020 da parte del visionario regista Damiano Michieletto del “Rigoletto” di Giuseppe Verdi al Circo Massimo di Roma, fortemente voluta dal Teatro dell’opera di Roma quale segnale di riapertura alla fine del lockdown. Insieme all’autore, il direttore d’orchestra Daniele Gatti e gli attori raccontano come sia andata questa mastodontica esperienza, tra le mille esigenze ancora legate all’emergenza Covid-19. Para-registico. Voto: 6
Ron – Un amico fuori programma (Sarah Smith, Jean-Philippe Vine e Octavio E. Rodriguez). La Bubble (ogni riferimento è puramente casuale…) si appresta a rilasciare l’ultimo, irrinunciabile prodotto, un dispositivo digitale sofisticatissimo con cui i ragazzi potranno interagire a più non posso. Il timido e imbranato Barney, che tanto vorrebbe averne uno, ne riceve in regalo dal padre un modello difettato, Ron, ma per questo singolare, poiché estraneo a tutti i protocolli. Così grazie a lui scoprirà e farà scoprire al mondo intero, i segreti della vera amicizia… Prodotto dalla 2oth Century Fox e ormai distribuito dopo l’acquisto dalla Disney, il film d’animazione si propone ad un target di età molto bassa, garantendogli divertimento assicurato, anche grazie alla voce italiana di Lillo Petrolo scelta per il personaggio di Ron. Gli adulti resteranno invece a bocca asciutta, con la noia in agguato. Pedagogico. Alice nella Città – Eventi speciali. Voto: 6.
Puffins (Giuseppe Squillaci). Una web-serie animata prodotta da Andrea Iervolino e Monika Bacardi, decisamente bruttina più nell’outcome che nel concept, che in realtà è solo un grosso pretesto per portare Johnny Depp alla Festa del Cinema di Roma 2021 dove terrà una attesissima masterclass. Il protagonista, un bizzarro pulcinella di mare, è clonato sull’attore statunitense che lo doppia con un insulso quanto insipido grammelot per il quale egli vanta di aver condotto anche diversi studi sugli animali. La morale, che a detta dei produttori dovrebbe essere presente in ogni singolo episodio, è davvero esigua. Povero Johnny! Micro-animalista. Alice nella Città – Eventi speciali. Voto: 4 e ½.
Un’edizione che, a parte la sezione Alice nella Città, non preannuciava titoli altisonanti o di particolare richiamo, ma che si è rivelata piena di film belli e importanti dall’inizio alla fine. Oltre ad aver portato a Roma fior fior di star. Antonio Monda si riconferma grande direttore e acuto selezionatore al di là di ogni preconcetto.
Mediterráneo (Open Arms – La legge del mare) di Marcel Barrena si aggiudica il “Premio del Pubblico FS” alla sedicesima edizione della Festa del Cinema di Roma.
Petite Maman di Céline Sciamma vince il Premio come miglior film Alice nella Città 2021. La giovane giuria, composta da 30 ragazzi provenienti da tutta Italia, ha scelto di attribuire il riconoscimento al “delicato, elegante, profondo e poetico” film della regista francese per la sua “capacità di coinvolgere emotivamente e di trasportare lo spettatore, all’interno di un viaggio immersivo e nostalgico, in un mondo che fa della purezza e della semplicità i suoi punti di forza”.
BNL Gruppo BNP Paribas, per il sedicesimo anno consecutivo Main Partner della Festa del Cinema di Roma, ha scelto di premiare per la prima volta, con un riconoscimento di diecimila euro, l’arte e la maestria di chi lavora dietro la macchina da presa: sceneggiatori, registi e autori, figure che hanno un ruolo di primissimo piano nel rendere il cinema un’emozione sempre nuova.
Il premio è stato assegnato al regista Giuseppe Bonito per il film L’Arminuta.
Dal nostro inviato Paolo Dallimonti.