Ritorna in presenza la manifestazione bergamasca che compie i suoi quarant’anni a partire da quell’ormai lontano 1983 degli inizi. 7 film per la sezione Mostra concorso e 12 documentari per Visti da vicino; la belga Patrice Toye e il bosniaco Danis Tanović protagonisti di Europe, Now!, la sezione dedicata al cinema europeo contemporaneo; il cinema d’animazione di Priit e Olga Pärn; la retrospettiva completa dedicata a Constanti Costa-Gavras. Tutte queste più altre sezioni ed eventi collaterali danno vita dal 25 marzo al 3 aprile ad un festival più variopinto e vivo che mai!
Det er ikke slut endnu/It is not over yet (Louise Detlefsen). Dalla Danimarca una doppia, curiosa sorpresa! Ai margini della foresta, Dagmarsminde è una piccola casa di cura per pazienti con grave demenza. L’infermiera fondatrice May Bjerre Eiby, memore di un’esperienza in famiglia, non ha alcun interesse per specifiche diagnosi di demenza o medicine, poiché non migliorerebbero la qualità di vita dei suoi assistiti, ma insieme al suo staff di dolci donzelle accudisce tutti i (purtroppo) pochi presenti con abbracci, conversazioni, risate e “comunità”. Tra i concreti insegnamenti di Florence Nightingale e le cure palliative, ci si commuove (ri)scoprendo il vero senso della vita, in un posto dove tutti, un giorno, vorremmo andare. Anti-utopistico. Visti da vicino. Voto: 9
Calendar girls (Maria Loohufvud e Love Martinsen). Una squadra di ballo di sole donne over 60 che si esibisce in oltre 100 eventi pubblici e privati ogni anno in Florida: queste sono le ragazze del titolo. Con il loro trucco impressionante, i costumi fatti a mano, le routine di ballo elaborate e, soprattutto, il loro ineguagliabile entusiasmo e le loro personalità frizzanti, sono determinate a dimostrare che l’età è solo un numero. Frizzante, trasparente e dolce-amaro come le età che inesorabile avanza, il documentario svedese – opera prima – impressiona e diverte, affascinando con la nonchalance delle sue interpreti che, in barba all’anagrafe, stanno sempre in prima fila. Antigeriatrico. Visti da vicino. Voto: 8
Die saat/The seed (Mia Maariel Meyer). Rainer si fa in quattro sul cantiere edile dove lavora da tempo. Con un secondo figlio in arrivo le pressioni su di lui sono enormi, finché un giorno viene retrocesso da capo-cantiere a semplice operaio. Non è solo una perdita di dignità, ma anche economica e, mentre cerca di salvare la situazione, allenta il controllo sulla figlia tredicenne Doreen, che stringe una pericolosa amicizia con la figlia dei vicini. Ma, quando tutto sembrerà perduto, Rainer avrà gettato almeno un seme… Tra l’educazione dei figli e l’anger management, il film tedesco dà una lezione esemplare su che cosa significhi essere “brave persone”, ingoiare a volte rospi e la capacità invece di affermarsi e farsi rispettare sul lavoro, di essere un capo duro e ottuso piuttosto che illuminato e comprensivo. Offrendo molteplici sfaccettature la regista Mia Maariel Meyer dà un modello di lettura non solo della società tedesca, ma valido a livello universale. Meglio essere spregiudicati o altruisti? E il film alla fine una risposta la dà, instillando un germe di speranza. Ottimista. Mostra Concorso. Voto: 7 e ½
Inventura/Inventory (Darko Sinko). Boris è un tipo normalissimo, senza segreti, quasi un uomo mediocre. Una sera nella tranquillità della sua casa qualcuno prova a sparargli, lasciandolo per sua fortuna illeso. Le indagini della polizia non rivelano nulla: nessun nemico, nessun sospetto. Il malcapitato inizia così una personalissima inchiesta sulle persone intorno a lui, cominciando a scoprire di essere molto più odiato di quanto avrebbe mai immaginato. Ed anche la scoperta del vero colpevole non lo aiuterà ad essere più sereno. Metafora esistenzialista, il film del serbo Darko Sinko è costruito in gran parte sul volto, a tratti inquietante, dell’attore Radoš Bolcina. Sarcastica e crudele, la pellicola è un autentico piccolo gioiello. Mostra concorso. Voto: 7 e ½
Crai nou/Blue moon (Alina Grigore). La giovane Irina vive in un villaggio di montagna in Romania, ma sogna di frequentare l’università a Bucarest. Ogni cosa, nella sua famiglia altamente disfunzionale è fonte di lotta, ogni movimento, ogni pulsione rievoca ferite dell’infanzia in una società e in un nucleo prettamente maschilista. Il gioco della ragazza sarà molto sottile e sfumato, grazie all’incontro sessuale fortuito con un artista più grande di lei, che le darà la forza per esporsi. L’attrice Ioana Chitu si espone in tutte le imperfezioni del suo corpo per dare anima ad una guerriera indomita. La regista Alina Grigore la segue con grande rigore e con una regia attenta, quasi in un pedinamento di zavattiniana memoria. Finale ambiguo, ma efficace. Femminista. Mostra concorso. Voto: 7
Dood in de Bijlmer/Dealing with death (Paul Sin Nam Rigter). Le numerose culture di Bijlmer, un quartiere nel sud-est di Amsterdam, hanno tutte i propri rituali attorno alla morte. La direttrice funeraria Anita ha il compito di scoprire cosa vorrebbe la comunità in una nuova casa funeraria multiculturale, che l’organizzazione funeraria Yarden vorrebbe costruire nel quartiere. Anita, inizialmente fiduciosa, più vede e impara, più inizia ad avere i suoi dubbi, mentre si confronta anche con la sua vita (e con la morte accanto a lei). Breve, ma interessante documentario diretto da un regista originario della Corea del Sud, ma adottato in Olanda che affronta il delicato tema della morte da un punto di vista multiculturale in uno dei paesi più “avanti” dell’Europa del Nord. Sfaccettato. Visti da vicino. Voto: 7
Láska pod kapotou/At full throttle (Miro Remo). Il documentario ceco/slovacco racconta da vicino la storia di Jaroslav, ex minatore divorziato sulla cinquantina, che ha sempre sognato una carriera come pilota di auto da corsa, cosa che la sua salute non gli permette più (lo vediamo affrontare verosimili sedute di chemioterapia). La sua relazione con sua ex-compagna di scuola, Jitka, gli regala però nuove speranze ed energie: Jitka è infatti l’unica donna pilota di auto-cross attiva in Repubblica Ceca e per lei lui costruisce auto da corsa con macchine usate. Insieme sperano nella vittoria, ma la frustrazione e le delusioni del passato non riescono mai ad essere evase. Interessante racconto di un uomo cui la vita ha tolto tanto e dato poco che, al giro di boa del mezzo secolo, cerca la mitica “svolta”. Il regista ci accompagna nel percorso dei protagonisti, portandoci al loro fianco e facendoci immedesimare con loro e parteggiare per loro. In costante accelerazione! Visti da vicino. Voto: 6 e ½
Venezia altrove/Venice Elsewhere (Elia Romanelli). Mentre la città lagunare sprofonda sotto il peso di un turismo di massa e acque alte eccezionali, il regista ha viaggiato in Europa alla ricerca di luoghi remoti che prendono il nome di Venezia: un villaggio nel cuore della Transilvania, un quartiere di berlino o ancora un salone di bellezza a Zagabria. Luoghi i cui abitanti hanno un desiderio silenzioso di visitare un giorno la città lagunare che però non hanno mai visto. Il viaggio poetico nel cuore dei 5 protagonisti esplora l’impatto di una città iconica come Venezia nell’immaginario collettivo. Curioso come i luoghi che esplora, bizzarro come l’idea che possano esistere non una, ma dieci, cento, mille Venezie, così diverse e così uguali. Buffo. Visti da vicino. Voto: 6 e ½