La diciassettesima edizione della Festa del Cinema di Roma si terrà dal 13 al 23 ottobre 2022. La manifestazione – riconosciuta ufficialmente dalla FIAPF (Fédération Internationale des Associations de Producteurs de Films) – si svolgerà presso l’Auditorium Parco della Musica che ospiterà le principali sale di proiezione e il lungo red carpet, uno dei più grandi al mondo. Il programma coinvolgerà inoltre altri luoghi e realtà culturali della Capitale.
Con il nuovo regolamento della Festa del Cinema, sarà introdotto ufficialmente un concorso internazionale: i film saranno giudicati da una giuria composta da professionisti del mondo del cinema, della cultura e delle arti. Il programma ospiterà altre sezioni non competitive, gli Incontri con il pubblico, eventi, proiezioni speciali e omaggi. Una parte del programma sarà visibile attraverso la piattaforma Digital RFF. Alice nella città, sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema dedicata alle giovani generazioni, si svolgerà nelle medesime date della Festa secondo un proprio regolamento.
La natura della Festa del Cinema è nella sintesi tra una programmazione di qualità e una fruizione popolare: il pubblico, al quale sono rivolti la stragrande maggioranza degli eventi in programma, gioca la parte del protagonista. Particolare attenzione è dedicata alla politica dei prezzi che prevede anche la presenza di numerosi eventi a ingresso gratuito. La biglietteria aprirà una settimana circa prima dell’inizio della Festa e sarà attiva per tutta la durata della manifestazione. Una serie di convenzioni renderà più immediata e coinvolgente l’esperienza alla Festa del Cinema.
La manifestazione è organizzata dalla Fondazione Cinema per Roma grazie al supporto dei Soci Fondatori, del Main Partner, BNL Gruppo BNP Paribas e dei numerosi partner che ogni anno scelgono di sostenere la Festa del Cinema partecipando attivamente alla costruzione dell’evento: una testimonianza dell’attenzione che le aziende hanno nel sostenere la missione e i valori della Fondazione.
Direttrice Artistica della Festa del Cinema è Paola Malanga, giornalista e critica cinematografica, tra i fondatori della rivista Duel e tra i principali collaboratori di Paolo Mereghetti per il Dizionario dei Film, autrice di celebri saggi su alcuni grandi autori del cinema mondiale e vicedirettrice di Rai Cinema. Che sostituisce Antonio Monda dopo anni di egregio servizio.
Nel suo lavoro, la Direttrice Artistica della Festa del Cinema di Roma, Paola Malanga, sarà affiancata da un comitato di selezione composto da: Giovanna Fulvi, esperta di cinema asiatico, tra i programmatori del Festival di Toronto; Enrico Magrelli, critico cinematografico, ex Direttore della Settimana internazionale della critica; Emanuela Martini, critica cinematografica, ex Direttrice del Torino Film Festival; Nico Marzano, Responsabile della sezione cinema dell’ICA (Institute of Contemporary Art di Londra); Alberto Pezzotta, critico e storico del cinema, ex membro del comitato di selezione della Mostra del Cinema di Venezia.

The Fabelmans (Steven Spielberg). La storia di Sammy Fabelmans, da quando bambino, non troppo convinto, scoprì il cinema e volle subito riprodurre le storie viste sul grande schermo a quando iniziò a girare piccoli film in super8 con i suoi amici. Fino a quando sarà quasi obbligato a dirigere il filmino del ballo del liceo e fino ancora a quando la CBS lo assumerà nei suoi studi. L’8 e ½ di Steven Spielberg, in cui i suoi ricordi brillano come puro cinema. Un’opera straordinaria, lunga due ore e mezza e breve allo stesso tempo, con un cast grandioso – ma che grande attore è Paul Dano?! Capace di interpretare mille ruoli diversi, dall’Enigmista ad un amorevole padre di famiglia, pur con tutti i suoi difetti! – tra cui spiccano pure un insolito Seth Rogen e una fragilissima Michelle Williams. Innumerevoli scene sono diventate già iconiche, come il piccolo Sammy che si proietta i filmini sulle mani chiuse a conchiglia o la mamma che danza al buio del campeggio o ancora le esplosioni delle pistole realizzate bucando direttamente la pellicola con le puntine. Le infinite declinazioni del Cinema e dei suoi incredibili poteri, per un film-summa-capolavoro. Grazie Steven! Grand Public/In coproduzione con Alice nella Città. Voto: 9

Triangle of sadness (Ruben Östlund). Un fotomodello quasi sul viale del tramonto e la sua compagna giovane influencer vincono una crociera. La condividono con alcuni ricconi russi – uno si è arricchito grazie al commercio di escrementi bovini ad uso fertilizzante – che ogni giorno trovano un modo per sovvertire, in virtù del loro denaro, i rigidi protocolli della navigazione. Ma quando l’imbarcazione verrà attaccata dai pirati tra i sopravvissuti i ruoli si invertiranno drammaticamente. Triangle of sadness è un perfetto e pedissequo compendio sulla lotta di classe da Marx ad oggi. Pur se a tratti didascalico il film non ci risparmia nulla, mostrandoci sullo schermo il letterale disfacimento del mondo occidentale e non solo, ma anche quello di coloro che vi si sono recentemente convertiti. Ed ecco che sull’isola deserta di Östlund i soldi non hanno più valore, ma ha importanza il fare. E la lotta non sarà più di classe, ma all’ultimissimo sangue. Lucidissimo. Best of 2022. Voto: 8 e ½

As bestas (Rodrigo Sorogoyen). Una coppia di coniugi francesi di mezz’età si è trasferita nelle campagne della Galizia per praticare agricoltura eco-responsabile e aprire un agriturismo. Ma le loro scelte, compresa quella di votare control l’installazione di pale eoliche, andranno a scontrarsi contro quelle dei locali residenti, in particolare quelle di due poco gradevoli fratelli, la cui proprietà è confinante con la loro… Sorogoyen conosce e sa gestire narrativamente e cinematograficamente “il male”. Non lo fa quasi mai esplodere e se la tratti o fa è solo per contribuire a far crescere quella tensione che è bravissimo a creare. Come una pentola sul fuoco: pian piano la situazione viene portata letteralmente ad ebollizione, con conseguente devastanti per tutti, buoni e cattivi, dove poi non sempre è facilissimo distinguere gli uni dagli altri. Bravissimo nella scrittura, ma anche nella messinscena e nella direzione d’attori, tra il francese, lo spagnolo e il galiziano, i suoi personaggi vengono portati appunto alla giusta cottura. Un film potente e brutale, che lascia spesso stupefatti per le scelte di racconto a volte inattese, altre non del tutto comprensibili, ma significative nell’economia generale della narrazione. Animalesco. Best of 2022. Voto: 8

Boris 4 (ep. 1 e 2) (Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo). Dopo la morte di Mattia Torre, i due superstiti del trio delle meraviglie avevano ribadito più volte che una quarta stagione sarebbe stata impossibile senza l’amico scomparso. Ma poi è arrivata Disney+ e per una serie di ragioni ce non vogliamo neanche sapere il miracolo si è compito. Il materiale c’é: le nuove piattaforme offrono tutta una serie di tematiche su cui riflettere e ironizzare pesantemente e il mix funziona egregiamente. Oltre a Mattia anche qualcun altro è rimasto indietro e ognuno viene omaggiato com’è giusto che sia (lo stesso Torre sopravvive in maniera velata e sottile nel fantasma di uno dei tre sceneggiari). Stando almeno ai primi due episodi, insomma, a quindici anni dalla prima serie Boris e il suo spirito irriverente ancora sopravvivono. Non date retta a chi in giro dirà che non è più come prima: tendete la mano a René Ferretti e soci, non morirete… se non dalle risate! Immortale! In coproduzione con Alice nella Città. Voto: 8

Coupez!/Cut! (Michel Hazanavicius). Una troupe malmessa cerca di girare un film sugli zombi, ma viene poi attaccata da veri morti viventi, risvegliati dallo stesso regista per stimolare gli attori. E questo accade solo nei primi 30′ circa. Poi con un flashback vediamo come al regista sia stato commissionato il film (un’esperienza live, da girare in un solo piano-sequenza in diretta per una nuova piattaforma) e come lo ha veramente girato… Remake del giapponese Zombie contro zombie/カメラを止めるな!/Kamera o tomeru na!, scritto e diretto da Shin’ichirō Ueda,  Coupez! si gioca ovviamente anche la carta dell’essere un remake, così che al regista Rémi (Romain Duris) viene effettivamente proposto il rifacimento del film giapponese di successo. E diventa un (altro) enorme omaggio alla settima arte. Ricapitolando: c’è un film dentro un film che è dentro ad un altro film, con un totale di almeno tre livelli di racconto! La struttura ricorda molto la commedia “Rumori fuori scena” di Michael Frayn, già meta-teatrale, per gli esilaranti “dietro le quinte” narrati. Un cortocircuito all’ennesima potenza che esplode in crescendo via via che vengono mostrati i motivi delle strane cose accadute e viste nella prima mezz’ora. Nonostante sia un remake, il film brilla per freschezza e originalità, spazzando via tutte le polemiche che lo hanno accompagnato all’alba della presentazione a Cannes (poiché il titolo sarebbe dovuto essere Z, ma fu successivamente cambiato per richiesta dell’Ucraina dal momento che l’ultima lettera dell’alfabeto era stampata sui carriarmati russi che ancora invadono il paese). Un Hazanavicius in piena forma gira un sentito atto d’amore verso il cinema! Meta-cinematografico. Best of 2022. Voto: 8

Raymond & Ray (Rodrigo Garcia). Due fratellastri, entrambi di nome Raymond, si ritrovano sulla tomba del padre, scoprendo, tra le molte sorprese del bizzarro genitore, di non essere neanche gli unici figli… Tra road-movie, commedia e family drama, il film del figlio di Gabriel Garcia Marquez è scritto benissimo ed è meglio interpretato, da due attori al loro meglio, in una lotta senza esclusione di colpi per conquistare lo spettatore: Ewan McGregor gioca in sottrazione a fare lo sfigato, mentre Ethan Hawke è il musicista bello e maledetto ai cui piedi tutte le donne cadono. Divertente e malinconico, si prende gioco della morte (del padre) che per i due protagonisti si rivela una vera rinascita. Famigliare. Concorso Progressive Cinema. Voto: 8

Sanctuary (Zachary Wigon). Una dominatrice sessuale a pagamento, Rebecca (Margaret Qualley), e il suo facoltoso cliente Hal (Christopher Abbott), si incontrano  come loro solito in albergo. Ma lei non sa che questo sarà il loro ultimo rendez-vous, poiché l’uomo, ha ereditato un importante impero finanziario. Ma quando la donna è ormai alla porta, tornerà indietro per iniziare un gioco pesante, senza esclusione di colpi, stavolta senza copione… Film patinato, ma sostenuto da una sceneggiatura di ferro, che si svolge in una sola unità d’ambienti e con due soli personaggi. Il regista riesce a tenere sempre altissima la tensione e il divertimento dello spettatore, con battute al fulmicotone e colpi di scena, ma senza scadere mai in nulla di volgare. E se pure il finale può apparire un po’ buonista, era obiettivamente il migliore, se non l’unico possibile. Ricattatorio. Concorso Progressive Cinema. Voto: 8

A cooler climate (James Ivory, con Giles Gardner). Il regista premio Oscar James Ivory scopre scatole di film che ha realizzato durante un viaggio che gli ha cambiato la vita in Afghanistan nel 1960, raccontando così anche la sua vita di viaggiatore, outsider e artista. Una lezione di cinema e di vita, che ci restituisce, oltre ad un cineasta mastodontico – americano piuttosto che britannico, per chi non lo avesse mai saputo – un paese che molti hanno conosciuto in maniera alquanto diversa, appunto l’Afghanistan. Immagini meravigliose si mescolano al racconto di un altro visitatore del 1500, l’imperatore indiano Babur, innamorato del paese, e a quello di un autentico poeta dei nostri tempi. Grazie, James! Special screenings. Voto: 7 e ½

January (Viesturs Kairiss). Un giovane aspirante filmaker lettone insieme ad altri compagni di corso di una scuola di cinema assiste nel 1991 all’invasione del suo paese da parte dei carri armati sovietici che vorrebbero reprimere l’indipendenza della nazione. È la fine di un’epoca e il regista, che all’epoca aveva 19 anni, rivive e fa rivivere con quest’opera le atmosfere di allora, tra i primi amori, la voglia l’idea di cinema di Bergman, Tarkovskij e Jarmusch e la realtà che irrompe nel quotidiano. Kairiss rende omaggio inoltre alla vera figura del cineasta lettone Juris Podnieks, testimoniandone il coraggio. Un film che oggi cortocircuita relativamente con quanto sta succedendo in Ucraina, ma che ha anche un forte valore assoluto, come testimonianza di un’epoca e di transizioni mondiali che tutti ricordano molto più indolori. Nostalgico. Concorso Progressive Cinema. Voto: 7 e ½

Lola (Andrew Legge). Le due sorelle Thom e Mars costruiscono LOLA, una macchina straordinaria in grado di trasmettere immagini dal futuro. Ma siamo nel 1938 e, oltre ad un brillante avvenire remoto, l’invenzione manda immagini prossime della guerra a venire. Riusciranno ad aiutare il loro paese? Bellissima pellicola in biancoenero, con immagini rozze come fosse un found-footage, che unisce fantascienza al tema dell’immodificabilità del futuro (se non a grosse spese). Una bella messinscena che fonde girato ex-novo ad immagini di repertorio abilmente spacciate per altro, dove spesso ciò che viene mostrato è soltanto uno dei futuri possibili e non la realtà. Tra Borges e Welles, l’esordiente Andrew Legge realizza un piccolo grande film da non perdere, ben scritto e ancor meglio diretto e intepretato: un gioiellino d’autore e di genere. Freestyle. Voto: 7 e ½

Signs of love (Clarence Fuller). Un giovane in lotta per una vita migliore, pur legato ancora a piccoli crimini, incontra una ragazza sorda, figlia di una famiglia benestante. Per un attimo gli sembra di intravedere la speranza per l’amore ed una sorta di riscatto, ma dovrà sfuggire alla legge della strada e all’influenza nefasta della sorella maggiore tossicodipendente. Curioso film con un cast tutto imparentato tra sé: il protagonista Frankie e sua sorella Patty sono i veri fratelli Penn, rispettivamente Hopper e Dylan, figli di Sean; mentre la bellissima Zoë Bleu Sidel è Jane, la ragazza di cui lui si innamora, e nella vita reale è anche figlia di Rosanna Arquette, che invece interpreta Rosie, la madre dei due fratelli. Una storia di riscatto e periferie, per un esordio alla regia nel lungometraggio di finzione, condotta in maniera anche alquanto anarchica, ma che nell’insieme, nel suo procedere decisamente disarticolato, funziona. L’amore, il tentativo di emergere in un ambiente ostile e di resistere a facili sirene, sono tutti tasselli che nel bellissimo ed inatteso finale, proiettato quasi a tradimento avanti nel tempo, dopo una tragedia annunciata, portano i loro frutti. Anarchico. Alice nella Città. Voto: 7 e ½

La stranezza (Roberto Andò). Luigi Pirandello nel 1920 si trova casualmente in Sicilia accorso per il funerale della sua balia. Qui, in crisi d’ispirazione, ha modo di frequentare due singolari impresari di pompe funebri, Onofrio Principato e Sebastiano Vella (rispettivamente Salvatore Ficarra e Valentino Picone) col pallino del teatro amatoriale. Trovarsi come spettatore alla prima rappresentazione della loro sguaiata farsa, con tutto ciò che vi accadrà, dentro e fuori il palcoscenico, sarà per lo scrittore di grandissimo aiuto per la prossima opera: i “Sei personaggi in cerca d’autore”… Solo Roberto Andò poteva girare un film su Pirandello, maestro dell’alternarsi tra finzione e realtà, inventando di sana pianta sulla sua commedia, in questo senso più rappresentativa, una storia… finta! Un gioco, un divertimento, per omaggiare il celeberrimo scrittore e prendersi gioco di lui e dello spettatore. Un piccolo grande film, con la coppia Ficarra & Picone che si mangia tutti, in costante ascesa cinematografica, dopo la serie Netflix Incastrati, in un ruolo che ci fa ricordare il duo Franco Franchi & Ciccio Ingrassia alla corte dei fratelli Taviani per quel capolavoro che fu Kaos. Per essere cattivi si potrebbe dire che Andò, volendo, avrebbe potuto osare anche di più, ma… ad avercene di film italiani già così! Metateatrale. Grand Public. Voto: 7 e ½

The lost king (Stephen Frears). Una storica dilettante – nella vita una grigia impiegata di mezz’età con problemi di salute e poco considerata dal suo capo – dopo aver visto a teatro una rappresentazione del dramma di William Shakespear, sfida la pesante istituzione accademica nei suoi sforzi per trovare i resti di re Riccardo III, che sono andati perduti per oltre 500 anni… Un sontuoso Stephen Frears dirige una dolcissima ma tenacissima Sally Hawkings per narrare una storia vera in cui gli accademici, ahinoi, non fanno una grandissima figura. Un racconto lieve e poetico, ma anche ben ritmato, avventuroso quanto le vicende stesse del sovrano, che tende a riabilitare storicamente il proprio protagonista. Co-sceneggiato e co-interpretato da uno Steve Coogan in particolare stato di grazia, il film procede con tutta la sua potenza, tra thriller e commedia, in barba ai tromboni universitari. Anti-accademico. Grand Public. Voto: 7 e ½

The menu (Mark Mylod). Una giovane coppia si reca in un’isola remota per mangiare in un ristorante esclusivo dove lo chef Slowik ha preparato un menu sontuoso, con alcune sorprese scioccanti. Presto tutti i commensali capiranno come la posta in gioco sia altissima, incommensurabile… Quello che comincia come un tiepido dramma o una banale commedia, finisce dopo poco per trasformarsi in un vero e proprio film horror. Un gioco, un divertissement, a volte troppo freddo e meccanico, che però grazie al suo cinismo ed all’affilatissima ironia prende in giro e graffia tutti: ce n’è per l’espertone amatoriale, come per il critico saccente e purtroppo altamente potente, per chi va dallo chef pluristellato solo perché il portafoglio glielo consente senza capire né ricordare niente, per chi presenzia solo per darsi un tono e ricordarsi che è qualcuno… Una vera lezione di… cucina. E in tutto questa brilla l’anomalia Anya Taylor-Joy, colei che non sarebbe dovuta esserci, ma che darà estremo significato all’intera opera dello chef. Un film destinato a dividere, come la mannaia del cuoco stesso, ma imperdibile. Un vero peccato di gola, per ricordarci, come diceva Feuerbach, che siamo pur sempre ciò che mangiamo. Gastrotossico. Grand Public. Voto: 7 e ½

Walad min al janna/Boy from Heaven (Tarik Saleh). Il primo giorno dopo le vacanze estive, il grande Imam crolla e muore davanti ai suoi studenti in una prestigiosa e strategica università del Cairo. Questo segna l’inizio di una spietata battaglia per prendere il suo posto. Un giovanissimo studente sarà l’elemento cruciale delle lotte… Tarik Saleh, dopo Omicidio al Cairo, gira un thriller tesissimo, da fare invidia a quelli americani ed al quale la religione conferisce quel “giro di vite” in più. Un film che in Egitto purtroppo non vedranno o non vorranno vedere e che mette a nudo i perversi meccanismi che alimentano politica e fede. Un ritratto lucido ed estremamente avvincente, anche – ma ovviamente non solo – dal punto di vista del puro intrattenimento. (Fanta)Politico. Best of 2022. Voto: 7  e ½

All that breathes (Shaunak Sen). Sullo sfondo oscuro dell’aria apocalittica di Delhi e dell’escalation della violenza, due fratelli, mentre uno non nasconde il desiderio di emigrare negli Stati Uniti, dedicano la loro vita a proteggere una vittima dei tempi turbolenti: l’uccello noto come il nibbio bruno. Documentario sospeso, come il volo degli uccelli di cui narra, tra i ralenti dei volatili in azione e lo squallore degli ambienti circostanti, per una storia di ambizione, tentata redenzione e speranza in futuro migliore per un paese ed un pianeta entrambi in pericolo. Volatile. Best of 2022. Voto: 7

Amsterdam (David O. Russell). Tre amici, un medico, un’infermiera e un avvocato, sono testimoni di una morte che da accidentale si rivela un omicidio. Siamo negli USA, negli anni trenta, i tre sono reduci dalla Prima Guerra Mondiale e diventeranno presto sospettati. Sullo sfondo scorre uno dei più vergognosi complotti della storia americana… Uno dei film più vituperati di questa Festa di Roma 2022, ma che per noi vale la visione e che quindi vogliamo spalleggiare. Un cast altisonante – non manca praticamente nessuno! – per una storia gradevole, ma neanche troppo leggera, che si ispira a fatti realmente accaduti mentre nel mondo spiravano arie destrorse – il Business Plot che vide coinvolto il generale Smedley Bultler, qui sotto altro nome e interpretato da De Niro. Una pellicola senz’altro opulenta, alla quale un taglio di venti-trenta minuti avrebbe giovato, anche questa un “divertissement”, ma di lusso. Complottista. Grand Public. Voto: 7

Astolfo (Gianni Di Gregorio). Il pensionato Astolfo è costretto a lasciare Roma in seguito ad uno sfratto e a trasferirsi nella casa di famiglia in provincia, un palazzo nobiliare fatiscente. Lì lo troverà già mezzo occupato da un paio di singolari personaggi, costretto a districarsi tra le losche manovre del sindaco e del prete, solo in apparenza concilianti. Ma in questo paese ai margini Astolfo troverà pure l’amore… Forse. Un film di Gianni Di Gregorio è sempre una piacevole reunion con un vecchio e delizioso amico, magari di quelli che parlano un po’ troppo o che ti raccontano sempre la solita storia, ma sicuramente garbato e rassicurante. Abbiamo pensato sempre che il regista di Pranzo di ferragosto dovrebbe aspirare ad un brusco e sostanzioso cambio di genere, ma, in tempi come questi, egli è pur sempre una garanzia. Provincialista. Grand Public. Voto: 7

Causeway (Lila Neugebauer). Lynsey (Jennifer Lawrence) è una reduce militare dall’Afghanistan, tornata con una lesione cerebrale post-traumatica in seguito all’esplosione di un convoglio. La voglia di ricominciare è tanta, come anche i problemi da affrontare. Iniziando a lavorare ripulendo piscine, fa la conoscenza di un burbero meccanico, James (Brian Tyree Henry), col quale cerca di portare avanti un rapporto, nonostante gli si sia dichiari lesbica… Film prodotto da Apple ed estremamente politically correct, in vista di possibili e probabili Oscar, il film è una garbata commedia con punte di asprezza che si lascia guardare con piacere, pur senza toccare vette eccelse. Post-traumatico. Concorso Progressive Cinema. Voto: 7

Era ora (Alessandro Aronadio). Dante (Edoardo Leo) è un uomo dai troppi impegni e ad ognuno è puntualmente in ritardo. Ad un certo punto, al risveglio dopo il quarantesimo compleanno inizia a saltare in avanti di anno in anno, come se nulla fosse, perdendosi tutto ciò che gli sta accadendo intorno… Più che una via di mezzo tra Ricomincio da capo Questione di tempo, il film è ispirato direttamente a Come se non ci fosse un domani/Long story short dell’australiano John Lawson. Bisogna ammettere che, anche se Edoardo Leo interpreta il suo abituale personaggio di figo/sfigato, il film funziona e la storia regge, grazie soprattutto alla bravissima Barbara Ronchi, che impreziosisce ogni pellicola cui partecipa, e anche ad un inedito Raz Degan e ad un senile Massimo Wermüller. Una garbata e riuscita commedia, molto divertente anche per la comparsa ad insaputa di Dante dei vari social oggi in uso che gli vengono citati via via senza che lui capisca veramente di che cosa gli stiano parlando. Grand Public. Voto: 7

Er gol de Turone era bono (Francesco Miccichè e Lorenzo Rossi Espagnet). Il 10 maggio 1981 l’A.S. Roma vede infrangersi la sua corsa allo scudetto contro la Juventus in seguito all’annullamento del gol di Maurizio Turone per fuorigioco  da parte dell’arbitro Paolo Bergamo su indicazione guardalinee Giuliano Sancini (e conseguente  0-0). Sulla questione torneranno in molti, sia la neonata tecnologia del Telebeam nei primi anni novanta, dando ragione al giocatore, sia il contemporaneo VAR, dando ragione invece all’arbitro Paolo Bergamo che si fidò ciecamente dei suoi assistenti. Miccichè e Rossi Espagnet intervistano dalla famiglia Viola allo stesso Turone per uno dei casi sportivi italiani più noti e chiacchierati di sempre, non solo a Roma. Anche perché, così a pelle e a prima vista, pure per un neofita del calcio come chi scrive, (ri)vedendo le immagini di allora, non ci sono affatto dubbi che… er gol de Turone era bono. Tempi supplementari! Freestyle. Voto: 7

L’innocent (Louis Garrel).Quando Abel scopre che sua madre sta per sposare un uomo in prigione, va fuori di testa. Con l’aiuto della sua migliore amica, farà di tutto per proteggerla, cercando di scovare il marcio che ancora possa albergare nell’uomo. Ma incontrare il suo nuovo patrigno potrebbe offrirgli una nuova prospettiva… Divertente commedia a tinte gialle che riesce ad evolvere anche verso un finale molto maturo e poco conciliatorio, che oseremmo definire realista. Garrel mostra una maturità anche registica, fondendo insieme molteplici generi e conducendoci insieme con lui in questa tutto sommato buffa discesa agli inferi. E dall’alto, su tutto e tutti, domina Cupido. Best of 2022. Voto: 7

Jeong-sun (Jeong Ji-hye). La giovane regista di questa pellicola coreana, al suo primo lungometraggio, racconta la storia di un’operaia di mezz’età che, per cultura e inesperienza, si muove incerta nell’universo digitale, vittima silenziosa di soprusi e prevaricazioni all’interno della fabbrica dove lavora. La possibilità di aver trovato un’amore tardivo si infrange contro la stupidità umana sotto forma di un video condiviso dal suo nuovo compagno e diventato virale. Lo sguardo della cineasta è acuto e spesso empatico con la protagonista, una donna comunque tenace e decisa. Il risultato è un film di denuncia, sempre piacevole da seguire, di fatto un thriller. Anti-tecnologico. Concorso Progressive Cinema. Voto: 7

Kill me if you can (Alex Infascelli). Il 31 ottobre del 1969 l’ex marine italoamericano Raffaele Minichiello, un diciannovenne pluridecorato in Vietnam, dirotta un volo della TWA in partenza da Los Angeles a San Francisco. Vuole andare a El Cairo, in Egitto, ma dovrà accontentarsi di Roma, dopo lunghissime ore di volo verrà arrestato e condannato a soltanto un anno e mezzo di carcere. Avrà una vita spesso sfortunata, pur non perdendosi mai d’animo e trovando ad un certo punto conforto nella fede religionsa, ma sulla sua figura il regista, alla fine, farà aleggiare anche una sinistra ombra… Specializzato ormai in documentari su personaggi a dir poco eclettici, se non una spanna decisamente sopra le righe, Alex Infascelli ci restituisce un nuovo ritratto: quello di un “mostro” buono, gentile, al centro di un mistero tuttora poco spiegabile, affetto dal disturbo post-traumatico da stress quando c’era ma non veniva ancora diagnosticato. Volante. Special screenings. Voto: 7

L’ombra di Caravaggio (Michele Placido). Un misterioso personaggio, l’Ombra, emissario della Santa Inquisizione, indaga su Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, nel momento della sua fuga verso Napoli dopo l’omicidio di Ranuccio Tomassoni. È il pretesto per ripercorrere una delle figure più affascinanti della pittura italiana: colui che per i santi e le madonne prendeva ispirazione dai derelitti e dalle puttane, avendo studiato a fondo il Vangelo e dandogli così un’interpretazione più vera del vero. Molti i detrattori, ma altrettanti gli estimatori per un personaggio sicuramente difficile e ribelle, ma al quale, pur con una struttura molto convenzionale – l’indagine fittizia – e con qualche scelta di casting azzardata, Placido e Scamarcio riescono a rendere veramente giustizia, dandogli corpo e soprattutto anima. Realistico. Grand Public. Voto: 7

Ramona (Andrea Bagney). Madrid come Manhattan, almeno quella secondo Woody Allen, per un esordio alla regia irresistibile. Immagini in biancoenero raccontano la curiosa storia della protagonista omonima (la bravissima Lourdes Hernández), aspirante attrice, che in un bar è oggetto delle attenzioni del buffo Bruno, il quale, sebbene un po’ alticcio, cade innamorato ai suoi piedi, salvo poi scoprire in occasione di un imminente provino che egli è il regista della pellicola che lei vorrebbe girare! Un piccolo grande film spagnolo, divertente e spigliato, che rischia ogni tanto di perdersi per strada, pur riuscendo alla fine ad arrivare dritto alla meta. Alleniano. Concorso Progressive Cinema. Voto: 7

Via Argine 310 (Gianfranco Pannone). Napoli, 2021: 426 operai in cassa integrazione della multinazionale di elettrodomestici Whirlpool rischiano di essere licenziati e lottano per il loro posto. Una storia iniziata già nel 2019 e i cui nodi stanno venendo al pettine che lo specialista Pannone, con la complicità del comico Alessandro Siani, che ha sostenuto in più occasioni i lavoratori dello stabilimento, cerca di raccontare dall’interno, sempre col provvidenziale aiuto dei materiali dell’Istituto Luce per mostrare come spesso nulla cambi. La vita che cerca di continuare anche dentro la fabbrica chiusa è qualcosa di realmente commovente. I protagonisti, presenti sul Red Carpet e in sala Borgna per la proiezione alla Festa hanno arricchito l’esperienza. Che se ne parli! Urgente. Special screenings. Voto: 7

Armageddon time (James Gray). Il giovanissimo Paul Graff cresce negli anni ottanta, con un Reagan che parla sempre alla TV di un’ imminente apocalisse, con una mamma frustrata e un papà non-protagonista, con amici dal destino incerto e con un nonno, punto di riferimento, destinato però a lasciare questa terra troppo presto… James Gray come Steven Spielberg: ma se Steven ha imbroccato il capolavoro, per James siamo dalle parti del compitino lindo e pinto, però privo di anima. Forse affacciarsi ai propri ricordi ad appena cinquant’anni non è la stessa cosa che farlo ad un passo dagli ottanta… Armageddon time è una storia che potrebbe essere di chiunque, senza particolari connessioni che la rendano personale, malgrado il regista abbia attinto alla sua infanzia, invece di essere una storia privata, ma universale. Provaci ancora, James! Logorroico. In coproduzione con Alice nella Città. Voto: 6 e ½

Il colibrì (Francesca Archibugi). Marco Carrera (Pierfrancesco Favino) è un uomo che dalla vita ha avuto molto, ma al quale la vita ha anche molto rubato. Tratto dal romanzo omonimo di Sandro Veronesi, vincitore nel 2020 del Premio Strega, il film procede avanti e indietro nel tempo (grazie all’ottimo montaggio di Esmeralda Calabria) senza soluzione di continuità, ma sempre comprensibile, per raccontarci le vittorie e le perdite di questo piccolo grande uomo. I temi che si mescolano sono il destino, la fortuna e la sfortuna, la paternità, l’eutanasia e quegli amori che non sbocciano mai, mentre qualcuno invece realmente li consuma. Il colibrì però ha il difetto di durare un po’ troppo (venti minuti in meno gli avrebbero giovato) e di affrontare la solita medio-alta borghesia, col medesimo gusto radical-chic. Così che è lecito chiedersi:  ma se gli stessi problemi di Carrera li avesse avuti un proletario, come avrebbe reagito? Che cosa avrebbe fatto?! Però il film, dopo una evidente difficoltà a partire, ingrana, alternando momenti poco felici ad altri decisamente riusciti. Oltre all’interpretazione di Pierfrancesco Favino, sempre stupefacente con l’accento toscano del suo personaggio, prevale su tutti un Nanni Moretti nei panni di… Nanni Moretti! È lo psicanalista di Marina, la moglie di Marco, ma è anche il padre che egli avrebbe tanto voluto. E noi con lui. Italianomedio. Grand Public. Voto: 6 e ½

Educazione fisica (Stefano Cipani). Quattro genitori di tre ragazzi vengono convocati dalla preside della scuola in via non ufficiale all’interno di una palestra. Le accuse sono pesanti: i loro figli avrebbero violentato un’altra studentessa. Gli adulti sono increduli, ma un video non lascia dubbi. Che fare?!… Tratto dalla commedia “La palestra” di Giorgio Scianna, sceneggiato dai fratelli D’Innocenzo e diretto dal regista di Mio fratello rincorre i dinosauri, il film riesce a mantenere bene la presa sul pubblico per la sua breve durata, schivando la zavorra della dimensione teatrale e dell’unità d’ambiente. L’unica pecca è l’ancora poca esperienza nella direzione d’attori da parte del suo autore che, di fronte a mostri sacri, li ha lasciati andare senza troppa briglia e personalità. Comunque interessante. (Anti)Didattico. Grand Public. Voto: 6 e ½

L’envol/Scarlet/Le vele scarlatte (Pietro Marcello). “Un giorno arriveranno dal fiume delle vele scarlatte che ti porteranno lontano da qui”: è questa la profezia della maga alla giovane Juliette, ragazza intelligente e indipendente, orfana di madre e cresciuta da una volitiva vicina di casa e da un padre reduce dalla Prima Guerra Mondiale. Ambientato negli anni venti del secolo scorso in un villaggio del nord della Francia e liberamente ispirato al romanzo del 1923 “Le vele scarlatte” dello scrittore russo Aleksandr Grin, il nuovo film di Pietro Marcello oscilla tra il nazional-popolare (con le musiche) e una forte modernità di linguaggio, prediligendo purtroppo però più la forma che la sostanza. Ci si lascia trasportare da musiche e immagini meravigliose e seducenti, senza però troppi sussulti. Peccato. Best of 2022. Voto: 6 e ½

Lyle, Lyle, Crocodile/Il talento di Mr. Crocodile (Josh Gordon e Will Speck). Hector P. Valenti, artista squattrinato sempre alla ricerca di nuovi talenti, incappa in un curioso coccodrillo di nome Lyle che non parla, ma… canta! Costretto per debiti ad abbandonare la propria casa, ci lascerà dentro la simpatica bestiola che, tra l’altro, ha contribuito a rovinarlo poiché il suo talento non riesce ad esprimersi in pubblico. Quando la famiglia Primm verrà ad abitare nella dimora, il piccolo Josh, dopo lo spavento iniziale, farà amicizia con lo strambo Lyle. Riuscirà a convincere anche i suoi?… Dai registi di Blade of glory – Pattini per la gloria, un film dal target abbastanza basso per poter essere apprezzato pienamente. Canzoni a profusione, uno Javier Bardem bigger than life che canta e balla, un mostrone verde non sempre bellissimo e obiettivamente preoccupante per i più, insieme ad una tendenza – giustamente – a tirare tutto a tarallucci e vino rendono la pellicola poco più che… carina. Alice nella Città. Voto: 6 e ½

Piove/Flowing (Paolo Strippoli). A Roma, quando piove, dagli scarichi risalgono misteriose esalazioni che inducono la gente a tirare fuori in malo modo tutta la propria rabbia repressa. La famiglia Morel che per una tragedia famigliare ha più di un debito emotivo da sanare, dovrà affrontare se stessa e i propri fantasmi… Dopo il felice esordio nel lungometraggio lo scorso anno con A classic horror story in tandem con Roberto De Feo, realizza stavolta in solitaria un film ancora più ambizioso, che però non regge fino in fondo. L’idea di un disaster-movie tipo La città verrà distrutta all’alba di Romero, riesplorato sotto la lente di ingrandimento di una famiglia disfunzionale, funzionerebbe pure se Strippoli non volesse sottolineare a tutti i costi alcuni simbolismi o il pathos di certe situazioni, perdendo così più di una volta la bussola. Alla fine tutto torna, ma la voluta solennità dell’operazione, che contrasta comunque con un mood “sporco”, tarpa le ali ad un film che non riesce ad essere né universale né particolare o personale. Resta ad ogni modo un passo (falso?) nella filmografia di un giovane cineasta da tenere d’occhio. Alice nella Città. Voto: 6 e ½

Rapiniamo il Duce (Renato De Maria). Milano, aprile 1945. La seconda guerra mondiale è agli sgoccioli. Isola, re del mercato nero che ha come unica legge la sopravvivenza, è fidanzato clandestinamente con Yvonne, cantante del Cabiria, l’unico locale rimasto ancora aperto in città. Ma anche Borsalino, spietato gerarca fascista dalla tortura facile, è innamorato perdutamente della ragazza e farebbe di tutto per averla. Quando Isola e i suoi intercettano una comunicazione cifrata, capiscono che Mussolini sta per scappare verso la Svizzera con il suo immenso tesoro, apparentemente nascosto a Milano. Quale occasione migliore per svoltare?… Ispirandosi alle leggende sull'”oro di Dongo”, De Maria mette su questo filmetto veloce veloce e divertente con i personaggi tagliati con l’accetta, una ricostruzione storica accettabile, ma nulla più. Sicuramente interessante è l’uso di canzoni del ventennio a venire, quello del Boom, come “Clayton” di Nico Fidenco, “Tutto Nero/Paint it black” di Caterina Caselli/Rolling Stones e “Se bruciasse la città” di Massimo Ranieri, in un anacronistico sguardo ad un futuro senz’altro migliore. Il pensiero, anche per la presenza di Castellitto jr. va inevitabilmente a Freaks out, verso cui la pellicola è debitrice, anche se qui siamo lontani anni luce. Maccio Capatonda però lascia il segno. Estemporaneo. Grand Public. Voto

La California (Cinzia Bomoll). Due gemelle, profondamente legate consumano le loro vite in un singolare squarcio di periferia italiana. La California, frazione del comune di Bibbona in provincia di Livorno, collocata, come direbbe Guccini, “tra la via Emilia e il West”, è il giusto scenario per un film a tinte gialle, anarchico, folle, irriverente, insomma tutto, tranne una cosa: riuscito. Una pellicola vecchia di almeno dieci se non trenta anni, tra il fitto fiorire di cinema indipendente degli anni dieci e la ma(ta)ssa di film girati negli anni novanta grazie al famigerato “articolo 1”. Cast più che variegato, con le due “Donatellas” – le ricordate?! – al secolo le gemelle Giulia e Silvia Provvedi, Lodo Guenzi (il babbo), Vito, Angela Baraldi (la parrucchiera amante del babbo), Andrea Roncato (il nonno), Nina Zilli e perfino il cileno Alfredo Castro, nonché la voce fuori campo – ultimo regalo – di Piera Degli Esposti. Da dimenticare? Ma no, su, almeno per curiosità! Bulimico. Freestyle. Voto: 6

La cura (Francesco Patierno). Una troupe gira una pellicola tratta da “La peste” di Albert Camus nella Napoli in piena pandemia da Covid-19. Dopo una iniziale presentazione, le vicende davanti la macchina da presa prendono il sopravvento, fino a concedere di nuovo spazio alla “realtà”,mentre le storie della “finzione” si mescolano e si rispecchiano con quelle degli attori fuori e dentro il set…  Con un soggetto così importante il film è già fatto, finito, non ha neanche importanza vederlo, forse meno ancora girarlo. Così l’opera meta-cinematografica di Francesco Patierno, un regista con una carriera costellata da clamorosi alti e bassi (qua siamo nella seconda delle due fasi), procede da sola, in autonomia, senza troppo coinvolgimento da partedegli attori e senza destare molto interesse nei confronti dello spettatore. Letterario. Concorso Progressive Cinema. Voto: 6

Notte Fantasma (Fulvio Risuleo). Un ragazzo viene sorpreso da un poliziotto a comprare del fumo. Quest’ultimo, invece di arrestarlo, decide di portarlo con lui tutta la notte in giro per la città… Decisamente un passo indietro per Fulvio Risuleo che, dopo il riuscito Il colpo del cane, finisce per tornare dalle parti del debutto Guarda in alto, ossia la storia di un altro peregrinare senza meta, in tutti i sensi. Se lì il viaggio era sui tetti di Roma e ancora più su, qui si scende invece negli inferi della città eterna, tra fogne, cimiteri, fiumi e isole (tiberine). Il risultato però, al terzo lungometraggio, è poco più di un esercizio di stile, con molti spunti che vengono troppo spesso lanciati e mai raccolti. Lo spettatore rimane in attesa che qualcosa accada e, pur quando nel finale sarà accaduto, è un evento in sottrazione che appunto non aggiunge nulla al film, ma più che altro toglie. Vag(abond)o. Alice nella Città. Voto: 6

Ora tocca a noi – Storia di Pio La Torre (Walter Veltroni). Quarant’anni fa, la mattina del 30 aprile 1982, Pio La Torre, politico, sindacalista, segretario regionale del PCI in Sicilia, fu assassinato insieme al suo amico e collaboratore Rosario Di Salvo, mentre si recava nel suo ufficio a Palermo. Walter Veltroni, probabilmente su commissione e ormai dedito alla realizzazione di documentari su scala industriale, ne ricorda la figura per circa un’ora e mezza. E lo fa – è veramente triste dirlo – nei peggiori dei modi, inserendo perfino degli inserti di fiction davvero imbarazzanti. Piuttosto che l’agiografia, non sarebbe stato meglio utilizzare più a fondo gli infiniti filmati d’archivio? Possibile che non ce ne fossero a sufficienza?! Magari non un passo falso nella lotta alla mafia, ma sicuramente nella carriera artistica del buon Walter. Insensatamente agiografico. Special screenings. Voto: 6

The Land of dreams (Nicola Abbatangelo). Una giovane immigrata italiana di nome Eva che vive a New York negli anni ’20 sogna di diventare una cantante e si innamora di un pianista che fa accadere strane cose… Di questa grossa coproduzione internazionale in forma di musical si riesce ad apprezzare purtroppo soltanto lo sforzo produttivo. Le canzoni non restano in testa, neanche una, attori italiani, come Calabresi, Fresi e Pesce, cercano di recitare e cantare in inglese, sforzandosi, ma restando comunque sempre “sporchi” nella loro dizione, una trama a tratti forzata. Questi sono gli elementi che non fanno decollare questo curioso esperimento. Peccato! Ipertrofico. Alice nella Città. Voto: 6

War – La guerra desiderata (Gianni Zanasi). Per un incidente – l’omicidio accidentale di una ragazza italiana da parte di turisti spagnoli – la Spagna e l’Italia finiscono sull’orlo di una guerra, complice la Francia. Tra l’irrequietezza di tutti e il sorgere di pericolosi gruppi paramilitari, un innocuo, ma risentito allevatore di cozze e la figlia ribelle del ministro della difesa, ex-militare, cercheranno di destreggiarsi e di provare a fare qualcosa di buono in favore della pace… Un soggetto scritto nel 2019 – e forse messo da parte perché poco interessante – viene riesumato per girare una sorta di instant-movie sui tempi di guerra che da febbraio l’Europa, e con essa il mondo intero, sta suo malgrado vivendo. Peccato che il film per tutta la sua (lunga) durata non sappia mai, fino alla fine, dove andare a parare e che si accartocci su se stesso, nonostante l’importante cast che Gianni Zanasi abbia chiamato per girarlo. Un’occasione sprecata. Pacifista. Grand Public. Voto: 5 e ½

Bros (Nicholas Stoller). Un deejay antipatico ed omosessuale non riesce a trovare da tempo una relazione stabile. Quando ci riuscirà incontrando Aaron, non rovinare il rapporto sarà molto difficile… Bros andrebbe proiettato nei centri di riabilitazione contro l’omofobia: se il paziente ne supera la visione senza picchiare il primo esponente LGBTQ+ nel raggio di cento metri può considerarsi guarito. Il film, scritto ed interpretato (ma anche suonato, cantato e ballato, verrebbe da dire) dal comico Billy Eichner, porta sullo schermo tutto, tranne quello che sono gli omosessuali. E la presunta satira dei cliché romantici hollywoodiani si perde per strada, triturata dalla presenza del protagonista. Una serie di stereotipi – purtroppo scovati dall’interno – di canti e balli e di sigle che neanche un codice fiscale per dirci: “Gay, anche se complicato, è bello!”. Nel 2022, dopo le battaglie e i morti di tutti i decenni prima per arrivare ad una sana convivenza con il genere etero?! No, grazie. Omofobizzante.  Grand Public. Voto: 5

Il principe di Roma (Edoardo Falcone). Nella Roma del 1829, il benestante Bartolomeo (Marco Giallini) è un uomo avido che punta tutto ad ottenere il titolo nobiliare di Principe, acconsentendo perfino ad un matrimonio d’interesse con una donna che non ama e dalla quale non è ricambiato. Ma una notte i fantasmi di Beatrice Cenci, Giordano Bruno e Papa Borgia, verranno a fargli visita per redimerlo… Curioso incrocio tra “Il canto di Natale” di Charles Dickens e le atmosfere della Roma papalina de Il marchese del Grillo, il nuovo film di Edoardo Falcone è purtroppo un fiasco colossale. Si ride poco e ci si commuove a stento in una pellicola che non riesce mai a decollare, affidando il tutto alle robuste, ma poco efficaci spalle di Marco Giallini, che crollano sotto il peso di una sceneggiatura fiacca e di scenografie al minimo sindacale. Peccato, perché l’idea sulla carta era molto buona! Dickensiano. Grand Public. Voto: 5

Django – La serie (Ep.1 e 2) (Francesca Comencini). Ispirata lontanamente al Django di Sergio Corbucci e men che mai a Tarantino, la serie in dieci parti diretta nei primi due episodi da Francesca Comencini (e da Enrico Maria Artale in alcuni degli altri) si inventa una New Babylon, la città in Texas aperta a tutti gli emarginati, i reietti, i dannati della società. Qui giunge il protagonista omonimo, interpretato da Matthias Schoenaerts, in cerca di vendetta… Passare dalla commedia al western, come nel caso dei due registi, non è facile e si vede: una serie patinatissima, che cerca di essere iconica, risultando solo banale e a volte involontariamente ridicola. Corbucci si rigira nella domanda e Luigi Comencini pure. Sacrilego. Freeestyle. Voto: 4

CONCORSO PROGRESSIVE CINEMA
Una giuria composta dalla regista e fumettista Marjane Satrapi, l’attore e regista Louis Garrel, i registi Juho Kuosmanen e Pietro Marcello e la produttrice Gabrielle Tana ha assegnato i seguenti riconoscimenti ai film del Concorso Progressive Cinema:

– Miglior Film: JANVĀRIS (JANUARY) di Viesturs Kairišs

– Gran Premio della Giuria: JEONG-SUN di Jeong Ji-hye

– Miglior regia: VIESTURS KAIRIŠS per Janvāris (January)

– Miglior attrice – Premio “Monica Vitti”: KIM KUM-SOON per Jeong-sun

– Miglior attore – Premio “Vittorio Gassman”: KĀRLIS ARNOLDS AVOTS per Janvāris (January)

– Miglior sceneggiatura: ANDREA BAGNEY per Ramona

– Premio speciale della Giuria (proposto dal Presidente a scelta fra le categorie sceneggiatura, fotografia, montaggio e colonna sonora originale): FOUDRE di Carmen Jaquier per la fotografia di Marine Atlan

È stata inoltre assegnata la Menzione Speciale della Giuria all’attrice LILITH GRASMUG per la sua performance in Foudre.

MIGLIOR COMMEDIA – PREMIO “UGO TOGNAZZI”
Una giuria presieduta dal cineasta Carlo Verdone e composta dall’attrice Marisa Paredes e dall’autrice e attrice Teresa Mannino ha assegnato il Premio “Ugo Tognazzi” alla Miglior commedia (scelta fra i titoli delle sezioni Concorso Progressive Cinema, Freestyle e Grand Public), al film:

– WHAT’S LOVE GOT TO DO WITH IT? di Shekhar Kapur

È stata inoltre assegnata la Menzione Speciale Miglior Commedia – Premio “Ugo Tognazzi” al film RAMONA di Andrea Bagney.

MIGLIORE OPERA PRIMA BNL BNP PARIBAS
Una giuria presieduta dalla regista e sceneggiatrice Julie Bertuccelli e composta dal regista Roberto De Paolis e dalla critica cinematografica Daniela Michel ha assegnato il Premio Miglior Opera Prima BNL BNP Paribas (scelta fra i titoli delle sezioni Concorso Progressive Cinema, Freestyle e Grand Public), al film:

– CAUSEWAY di Lila Neugebauer

Sono state inoltre assegnate due Menzioni Speciali Miglior Opera Prima BNL BNP Paribas ai film RAMONA di Andrea Bagney e FOUDRE di Carmen Jaquier.

PREMIO DEL PUBBLICO FS
Tra i film del Concorso Progressive Cinema, gli spettatori hanno assegnato il Premio del Pubblico FS al film:

– SHTTL di Ady Walter 

 

TUTTI I PREMI DI ALICE NELLA CITTÀ

PREMIO MIGLIOR FILM DI ALICE NELLA CITTÀ 2022
SUMMER SCARS di Simon Reith
Il riconoscimento è stato assegnato dalla giovane giuria, composta da 35 ragazzi provenienti da tutta Italia e di età compresa tra il 16 e i 19 anni.
Motivazione: “Per la sua capacità di travolgere, catturare e destabilizzare lo spettatore. Questo film porta una ventata di innovazione nonostante l’evidente influenza da grandi classici del passato. Con la sua cruda bellezza riesce a evocare un’ondata di emozioni così potente da disorientare la mente”.
Menzione speciale a “IL CERCHIO” di Sophie Chiarello
Motivazione: “Per la delicatezza del racconto, per la dedizione della regista nel concedersi totalmente a seguire questo progetto nella sua originalità e innovazione, cogliendo l’incredibile onestà e ingenuità che solo i bambini sono in grado di comunicarci. Una storia universale e necessaria, da vedere in 3 fasi della vita: da bambino, da adolescente e da adulto”.

PREMIO RAFFAELLA FIORETTA PER IL CINEMA ITALIANO 2022
PRIMADONNA di Marta Savina
La giuria composta da Riccardo Milani,(regista) Massimiliano Bruno (regista), Tosca (cantante), Milena Mancini (attrice) e Giampaolo Morelli (attore) ha attribuito il riconoscimento tra i film del Concorso Panorama Italia. Al film vincitore va un riconoscimento di 3.000 euro suddiviso in parti uguali tra il regista e il produttore.
Motivazione: “Per la capacità di affrontare una tematica delicata e spesso ignorata attraverso una regia che si pone al servizio della storia, per le brillanti capacità espressive degli interpreti, utilizzando al meglio il rapporto tra immagine e musica. Con l’augurio che in un momento storico così complesso qualunque atto di violenza sulle donne non venga più ignorato e che l’arte cinematografica, come in quest’opera, si faccia portavoce di un messaggio forte e incisivo che possa stimolare gli animi del pubblico”.

PREMIO DO-CINE RISING STAR AWARD al Miglior Giovane Interprete Internazionale
MALLORY MANECQUE per il film “LES PIRES”
Il premio è stato attribuito dalla giuria composta da Benoît Blanchard (Audiovisual attaché dell’Ambasciata di Francia a Roma), Katja Szigat (Talent Agent), Eleonora Granata Jenkinson (Producer Melograno Film, Gaia) e Serena Simionati (giornalista Taxi Drivers)
Motivazione: “Per una performance visivamente accattivante, giovane, selvaggia, intensa. Mallory Manecque ha una luce speciale negli occhi che ha reso la sua interpretazione libera ed eccezionale e il film Les Pires di Lise Akoka e Romane Gueret indimenticabile e socialmente utile”.

PREMIO RB CASTING al Miglior Giovane Interprete Italiano
GIUSEPPE PIROZZI per il film “PIANO PIANO”
Il premio è stato attribuito da una giuria composta da Barbara Giordani (casting director), Annamaria Morelli (produttrice) e Rosaria Cicolani (agente).
Motivazione: “Giuseppe Pirozzi colpisce nella sua interpretazione per la sensibilità e profondità che, nonostante la sua giovanissima età (Giuseppe ha 14 anni), è stato capace di donare al personaggio di Peppino. La luce del suo sguardo ha portato la poesia e l’innocenza nel racconto di un contrasto di sopraffazione e durezza nel microcosmo di una periferia napoletana”.
Menzione Speciale a LORENZO RICHELMY per il film “L’UOMO SULLA STRADA”
Motivazione: “A questo meritatissimo premio vorremmo aggiungere una Menzione Speciale all’interprete di un film che tutte noi tre giurate abbiamo molto amato. Lorenzo Richelmy. Lorenzo ha creato un bellissimo personaggio borderline, misterioso e cupo, ma che al tempo stesso, nella sua tragicità e contemporaneità, lascia un messaggio di speranza nello spettatore”.

PREMIO CORBUCCI
SIGNS OF LOVE opera prima di CLARENCE FULLER
La giuria presieduta da Gabriele Mainetti (regista) e composta Domenico Dinoia (Presidente Fice), Emanuela Rossi (regista), Paola Randi (regista) e Carmine Imparato (membro Presidenza FICE nazionale) ha assegnato un premio che consiste in un contratto di distribuzione per il mercato italiano con un P&A del valore di 50.000 euro. Il film vincitore, grazie alla partnership con il circuito di sale cinematografiche della Fice, avrà la garanzia di un’uscita theatrical in un minimo di 20 sale nelle principali città capozona d’Italia e la distribuzione sarà a cura della Nori Film, nuova società di distribuzione creata da Carlo e Claudio Corbucci.

PREMIO MIGLIOR CORTOMETRAGGIO DI ALICE NELLA CITTÀ 2022
TORTO MARCIO di Prospero Pensa
La giuria sarà composta da Maurizio Lombardi (attore), Claudia Potenza (attrice) e Fulvio Risuleo (regista) ha attribuito anche una Menzione Speciale a FILE di Sonia K. Hadad

PREMIO DEL PUBBLICO DI ALICE NELLA CITTÀ PER IL MIGLIOR CORTOMETRAGGIO
“CARAMELLE” di Matteo Panebarco

Nella sezione Cortometraggi sono stati assegnati anche il Premio Premiere Film a TORTO MARCIO di Prospero Pensa, il Premio Rai Cinema Extra a OSSA di Catrinel Marlon e Daniele Testi e il Premio Rai Cinema Channel a JAMAL TOSMAL di Martina Pasto.

Dal nostro inviato Paolo Dallimonti