Scheda film
Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Damien Chazelle
Fotografia: Linus Sandgren
Montaggio: Tom Cross
Scenografie: Florencia Martin
Costumi: Mary Zophres
Musiche: Justin Hurwitz
Suono: Steven Morrow
USA, 2022 – Dramamtico – Durata: 189′
Cast: Brad Pitt, Margot Robbie, Jean Smart, Olivia Wilde, J. C. Currais, Diego Calva, Jimmy Ortega
Uscita in sala: 19 gennaio 2023
Distribuzione: Eagle Pictures
La materia di cui sono fatti i sogni (e gli incubi)
Un trasportatore attende un animale da condurre dove richiesto. Si tratta verosimilmente di un cavallo, perché egli si è presentato con un furgone per cavalli. Ma il giovane e intraprendente messicano Manny Torres ha bisogno di spostare un… enorme elefante, destinato ad una scatenata festa orgiastica organizzata dal produttore Don Wallach (Jeff Garlin). Questo è l’incipit folgorante di Babylon, quinto lungometraggio di Damien Chazelle, il genietto che sta rivoluzionando a colpi di musica e inquadrature la cinematografia americana (e non solo).
Siamo a Los Angeles, nei ruggenti anni venti, nel cuore della Hollywood Babilonia, quando il cinema, ancora muto, imperversava con le sue piccole e grandi star. Attraverso le storie di diversi personaggi compiamo questo viaggio che, con l’avvento del sonoro, si trasformerà in una discesa agli inferi. Sidney Palmer (Jovan Adepo) è il trombettista che da semplice contributore al commento delle pellicole si gioverà, forse l’unico, della fine del cinema muto; Nellie LaRoy (Margot Robbie) è la starlette disinibita e pronta a tutto, la cui dote principale non sarà certo la voce; Jack Conrad (Brad Pitt) è il divo che parimenti soffrirà il cambio epocale, ben comprendendo quando sarà ora di uscire definitivamente di scena; Elinor St. John (Jean Smart) è la critica con un occhio ai vecchi studios, un’altra che non reggerà al passaggio; Lady Fay Zhu (Li Jun Li) è la tuttofare orientale che pagherà il proprio orientamento sessuale ancora troppo controcorrente; James McKay (Tobey Maguire) è la personificazione del male, l’ombra nera di Hollywood, colui che ha compreso il vizio e ne ha fatto un mestiere, il burattinaio che impugnerà, strappandoli, i fili. Il collante tra tutti questi personaggi, l’unico che di fatto sopravviverà quasi indenne, è proprio quel Manny Torres visto fin dalle prime inquadrature, il messicano che voleva fare fortuna nella nuova Babilonia, l’uomo che più di tutti ama(va) il cinema e i loro protagonisti, molto più di loro stessi. E nel buio di una sala, oltre vent’anni dopo, nelle immagini di Cantando sotto la pioggia rivedrà i fasti e le luci di un mondo che non c’è più.
Damien Chazelle affronta ancora la musica e il suono, ma attraverso un significante fondamentale: il cinema. Con il fedelissimo Justin Hurwitz accompagna le immagini con una meravigliosa colonna sonora, divisa per temi – come fanno i più grandi cineasti – che i vari personaggi indossano come comodi abiti senza abbandonarli mai. Ma soprattutto affronta la complicata transizione dal muto al sonoro, una sorta di piccolo olocausto che travolse la stragrande maggioranza dei divi della vecchia guardia: lo stesso, grande Chaplin fino a Il grande dittatore escluso (1940) continuò a dirigere di fatto film muti come se nulla fosse. Realtà e fantasia si mescolano sullo schermo, tra personaggi reali come Clara Bow e Jack Gilbert, già raccontati, appunto, dal già citato musical di Stanley Donen e Gene Kelly del 1952, esattamente settant’anni prima, cui Babylon è non poco debitore, e altre concessioni alla fantasia.
Nelle oltre tre ore di durata la pellicola si divide in almeno quattro atti: l’introduzione, 32 minuti prima del titolo; lo svolgimento frizzante e divertente negli anni del muto e degli eccessi; il drammatico passaggio al sonoro; l’ultima, tragica evoluzione senza più controllo (la più breve e la meno riuscita).
Quello che interessa veramente al regista di Whiplash, tra barlumi di realtà e abbondanti pennellate di finzione, è il sincero omaggio al cinema. Manny Torres (uno straordinario Diego Calva, la vera rivelazione del film), nel buio di uno spettacolo cinematografico, con un meccanismo narrativo simile a La la land, anche se qui attraverso le immagini sul grande schermo, rivivrà tutta la sua vita, come l’abbiamo appena vista anche noi, sempre in sala, ma quei fotogrammi verranno trasfigurati in rapido omaggio al cinema, in un excursus che in pochi fotogrammi andranno dai Lumière a James Cameron. Un vero e sincero tributo a chi fa cinema, a chi, come chi scrive, non riesce più a farne a meno come una droga, a chi ne ha fatto un mestiere. Con passione. Come Chazelle.
Voto: 7 e ½
Paolo Dallimonti