La 43ma edizione del Fantafestival si terrà presso il Nuovo Cinema Aquila di Roma e online dal 4 all’8 ottobre 2023, con un omaggio alla memoria di Alberto Ravaglioli e Adriano Pintaldi, storici direttori della manifestazione. Anche quest’anno viene proposta una vetrina imperdibile sul meglio del cinema fantastico internazionale, con anteprime esclusive, master class e cult movies restaurati. L’evento è completamente gratuito.
Polsi sottili (Giancarlo Soldi). Uno dei film più mitologici della storia del cinema italiano, almeno di quella recente, di cui si è spesso dubitata l’esistenza. Recentemente restaurato in 2K da Cinecittà e girato nel 1985 con pochi soldi che finirono subito e selezionato al Festival di Berlino, spinse il regista a presentarsi sui fumetti, suo cavallo di battaglia, ad un quiz televisivo di Mike Bongiorno per completare la cifra necessaria. Una Stefania Casini e una Mariella Valentini in stato di grazia, un ambientazione surreale nella Milano da bere di quegli anni (non mancano gli “arrampicatori” più reali che sociali), programmi televisivi sempre in onda e tutti uguali, presentati da presentatori monocordi e il clima fumettistico (che rimanda anche al di poco precedente Ratataplan di Maurizio Nichetti) fanno di Polsi sottili un film irripetibile e imperdibile che dice più sul nostro paese di qualsiasi saggio scritto da un qualsivoglia esperto. Veggente. Lost & found. Voto: 8 e ½
Braindead/Splatters – Gli schizzacervelli/Dead alive (Peter Jackson). Quando Peter Jackson (non) era un regista serio: qualche anno dopo il programmatico Bad Taste, nel 1992 si dà allo splatter più estremo, facendo anche capolino all’edizione di quell’anno del Fantafestival (che con questo avrà ospitato tutti i suoi primi tre film “estremi”). Una mamma-padrona nella Wellington di fine anni cinquanta viene morsa da una temibile scimmia importata nello zoo cittadino da Sumatra. Mentre si trasformerà in una sorta di zombi famelico e ripugnante, il figlio-mammone Lionel dovrà cercare di tenere a bada mantenendo in piedi la sua vita e il proprio fidanzamento con la dolce Paquita. Capolavoro del cattivo gusto, tra trash e splatter spinto, Braindead, girato in Super16, è assurto negli anni a vero e proprio cult movie, prima stroncato e poi rivalutato dalla critica (forse dopo gli altri lavori del regista neozelandese), avendo in nuce tutta la maestria e la genialità del giovane autore poi sbocciato nel cinema mainstream. Un film semplice e complesso allo stesso tempo che uscirà in Italia solo tre anni dopo con un doppiaggio alquanto discutibile. Imperdibile! Fantafestival story. Voto: 8
La fornace (Daniele Ciprì). Nelle viscere di una città mortuaria, in un mondo devastato e ormai irriconoscibile, Marcello, un uomo deturpato dal tempo e dalla cattività, vive circondato da pupi siciliani. Per sopravvivere in un mondo ostile e incomprensibile mette in atto un piano diabolico nella speranza di ottenere un’arma che possa proteggerlo e renderlo potente. Ma non tutto andrà secondo i suoi piani… Passato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, nella sezione Giornate degli Autori, il piccolo film di Daniele Ciprì spicca innanzitutto per la sua meravigliosa e sempre riconoscibile fotografia, qui in uno spettacolare biancoenero che rispecchia i tempi duri di cui si fa metafora. E la metafora è anche quella dell’arte che non viene rispettata né tutelata in nome di qualcosa di più grande e apparentemente importante. Qualcosa di atroce. Metaforico. Evento speciale. Voto: 8
Jaws/Lo squalo (Steven Spielberg). Quando uno squalo assassino scatena il caos sulla spiaggia dell’immaginaria Amity, tocca allo sceriffo locale Brody (Roy Scheider), al biologo marino Hooper (Richard Dreyfuss) e al vecchio marinaio Quint (Robert Shaw) andare a caccia dell’ingombrante bestia… Caposaldo del cinema horror e di Steven Spielberg, con una proverbiale colonna sonora di John Williams, il film rimane attuale anche cinquant’anni dopo. Il buon Steven è anche qui alle prese con un alieno, un ospite ben poco amichevole nei nostri confronti, ma pericoloso e deciso a sfamarsi a nostre spese. Nelle sue mani il racconto si sporca di “Moby Dick” di Melville, de “Il vecchio e il mare” di Hemingway e di orrori ben peggiori come quelli dell’ultima guerra mondiale… E l’horror si fa film d’autore. Fantafestival story. Voto: 8
Nella giungla: The making of Cannibal holocaust (Michele De Angelis). Nel 1980 Ruggero Deodato gira un film irripetibile e seminale: Cannibal holocaust. Vent’anni dopo, The blair witch project lo copierà spudoratamente, come ammette lo stesso regista sullo schermo. Mentre trent’anni dopo Eli Roth lo omaggerà affettuosamente con il non meno sopportabile The green inferno. A metà tra finzione e realtà, introducendo per la prima volta il “found footage”, sequestrato e condannato – ma poi assolto – per atrocità varie, il film sfruttò l’uso di giovanissimi e sconosciuti attori, tra cui un semi-debuttante Luca Barbareschi – che compare nelle interviste – per narrare una storia quasi snuff: una giovane troupe viene massacrata dagli indigeni, come mostra un filmato ritrovato da un esploratore. Il sempre troppo poco rimpianto e compianto Michele De Angelis (vedi sotto) nel 2003 girò questo ricco ed esaustivo documentario, intervistando cast e troupe, per celebrare e raccontare una delle pellicole più controverse di sempre. Documentato. Omaggio a Ruggero Deodato. Voto: 8
Viking (Stéphane Lafleur). La prima missione umana in viaggio verso Marte è una realtà. Ma una missione parallela sulla terra, con civili dalle personalità estremamente sovrapponibili a quelli dei veri astronauti, cerca di anticipare, rintanata nel deserto, quali potrebbero essere le difficoltà nello spazio per risolverle in tempo. Ci riusciranno o sarà solo un’ennesima replica delle umane debolezze, ovunque nell’universo?… Bellissima space opera ambientata però sul nostro pianeta, Viking è una commedia umana che evidenzia tutte le fragilità dell’uomo (e della donna), sia a confronto con qualcosa di più grande, ma anche davanti alla quotidianità. Il protagonista Steve Laplante, con la sua faccia da uomo qualunque, è a dir poco sublime. Umano. Concorso lungometraggi. Voto: 8
Hidari (Masashi Kawamura e Iku Ogawa). Il leggendario artigiano Jingorō Hidari, forse vissuto nell’era Edo, deve vendicarsi contro un agguerrito nemico immerso in atmosfere steam-punk, in questo cortometraggio nipponico che è in realtà una sorta di pilot/trailer per un progetto di più ampio respiro. Girato a passo uno, con la segatura che meta-cinematograficamente esce dai pupazzi feriti al posto del sangue, il piccolo film è un altrettanto piccolo gioiello feroce e ritmatissimo, che diverte e lascia senza fiato… e in trepidante attesa! Tarantinato? Voto: 7 e ½
Eight eyes (Austin Jennings). Cass e suo marito Gav sono in viaggio attraverso la ex-Jugoslavia dopo aver partecipato ad un matrimonio. Quando lei inizia a sentire delle voci, benché lo attribuisca allo stress, il loro rapporto inizia a scricchiolare. Tuttavia, quando iniziano un “autentico” tour al seguito di uno strano personaggio di nome Saint Peter, che sembra essersi insinuato casualmente tra di loro, Cass inizia a sospettare che l’uomo abbia dei propositi ben più sinistri. E nel momento in cui Gav sparisce, lei si ritrova intrappolata in una crescente rete di paranoia, manipolazione e omicidi dalla quale anche la morte stessa non sembra offrire fuga… Film estremamente debitore del mitico A serbian film di Srdjan Spasojevic, per la metafora della Serbia, dove è stato girato, martoriata e “vittima” ma anche del cinema di Fulci e Argento degli anni settanta/ottanta, come anche l’esplicita locandina suggerisce. In più è girato in 16mm e in parte in Super8, per conferire il look “vintage”, ed aggiunge l’elemento fantastico degli occhi aggiunti della percezione, da cui il titolo. Disturbante, ma necessario. Concorso lungometraggi. Voto: 7 e ½
Henry: Portrait of a serial killer/Henry – Pioggia di sangue (John McNaughton). “Henry uccide la gente, ma è quasi un buono, di poche parole, contano i fatti. Invece il suo amico Otis è una carogna. Henry vive una pazzesca solidarietà con le sue vittime, è un principe “sangue blu” dell’annientamento e promette una morte pietosa, Otis no. Il regista risveglia il suo pubblico in un incubo ancora peggiore con una doccia finale di splatter, occhi infilzati, carne martoriata, l’abominio. Henry è forse il primo a violare e vilipendere con tale lucidità la filosofia criminale dei lombrosiani di Hollywood”. Così Nanni Moretti nel suo Caro diario del 1993 “liquidava” il film di John McNaughton, citando l’audace critico (de “Il manifesto”) che attraverso una sua recensione l’aveva convinto ad andare al cinema a vederlo. Da noi la pellicola è rimasta più celebre per quello che per essersi ispirata alle gesta del noto serial killer Henry Lee Lucas. In realtà, anche a distanza di oltre trent’anni dalla sua uscita in Italia nel 1992 (fu realizzato nel 1986, ma in patria non venne distribuito prima del 1989), rimane un film importante. Girato da un regista, John McNaughton, che non ci regalerà null’altro di più memorabile, Henry rimane brutto, sporco e cattivo, confezionato in un 16mm selvaggio che gli dona ancora più squallore. Non mostra la violenza, se non in rare e cruciali situazioni, ma ci porta sul “luogo del delitto” quando questo si è già consumato, lasciandoci intendere attraverso le grida e i suoni dell’orrore che cosa sia lì accaduto. Da recuperare, con buona pace di Nanni. Focus 16mm. Voto: 7 e ½
Huesera (Michelle Garza Cervera). Valeria (Natalia Solián), una giovane donna sudamericana felicemente sposata con Raúl (Alfonso Dosal), desidera da tempo diventare madre. Ma, una volta incinta, non è felice come vorrebbe ed inizia ad avere strane visioni… Un horror sulla difficoltà (o l’incapacità) di essere madre che, come le migliori pellicole di genere, si serve di esso per parlare di altro. Il debutto alla regia nel lungometraggio di finzione della regista Michelle Garza Cervera è un sincero grido di dolore e di richiesta di aiuto, sotto metafora, di chi ha difficoltà a restare a galla in questo nostro mondo. Una gravidanza, da benedizione, può in questi casi rivelarsi un’autentica maledizione: da cui difendersi, da cui fuggire, di cui liberarsi. Evento speciale/Anteprima. Voto: 7 e ½
L’isola dei resuscitati morti/The island of the resuscitated dead (Domenico Montixi). Una banda di rozzi mercenari capitanati da una provocante quanto ambigua dottoressa, un giornalista in trincea e una cocciuta ragazza si arrischia su un’isola tropicale in cerca di uno scienziato scomparso che lavorava per la famigerata “Pharmaceutical”… Divertentissimo cortometraggio cinefilo, battente bandiera sarda, che omaggia in venti minuti il cinema d’exploitation anni ottanta di Ruggero Deodato, Lenzi e Fulci in un colpo solo. Con un audio volutamente rozzo e pieno d’eco e con inserti che sembrano girati in super8, il piccolo (grande) film di Montixi porta sullo schermo zombi perfettamente in linea con i tempi ricordati. Nato come una serie di inserti di un fantomatico film in un documentario sugli zombi purtroppo mai realizzato, poi montati tutti insieme, ha il merito di crederci fino in fondo, con la piena consapevolezza di cosa stia facendo, rendendo così il risultato decisamente godurioso ed esilarante, almeno per il cinefilo incallito, senza risparmiarsi una stoccata finale all’intera umanità nell’ultimo fotogramma. Più che cinefilo! Concorso cortometraggi. Voto: 7 e ½
Les dents du bonheur/Sweet tooth (Joséphine Darcy Hopkins). Una bambina accompagna la mamma ad una riunione di amiche. Quando si mette a giocare con le figlie delle altre donne, si ritroverà a giocare uno strana partita. Ma non vorrà perdere… a nessun costo… La cattiveria dei bambini è stata al centro di numerosi film, ma in questo non brevissima pellicola francese viene messo in luce tutto il sado-masochismo, tutto sommato in buona fede, delle innocenti (?) creature, alle quali gli adulti fanno ancor peggiore contraltare. Con atmosfere che ricordano la coppia Jeunet & Caro dei bei tempi, il film diverte e appassiona, sancendo la fine delle favole. O forse no. I bambini ci salveranno? Giammai. Anzi, forse neanche molti di loro ce la faranno… Pedofobo. Concorso cortometraggi. Voto: 7 e ½
A praga/The curse (José Mojica Marins). Durante una scampagnata, Marina e Juvenal scattano delle foto davanti alla casa di una donna. Infastidita, la donna si rivela una strega e lancia una maledizione contro la coppia. Gli esiti saranno terribilmente nefasti… Ultima opera di un emblema del cinema fantastico non solo brasiliano, ma sudamericano, ma probabilmente mondiale: José Mojica Marins, interprete del celeberrimo Zé do Caixão o Coffin Joe, protagonista di tanti suoi film tra i quali A mezzanotte possiederò la tua anima e Questa notte mi incarnerò nel tuo cadavere. A metà tra artigiano e autore, iniziò questo mediometraggio nel 1980 in super8 per poi ritrovare quasi quarant’anni dopo i negativi nella spazzatura, decidendo così di terminarlo poco prima di morire. La pellicola vide la luce nel 2021. Perfetto midnight-movie, curioso e bizzarro, come il suo regista, ma assolutamente da recuperare! Maledetto. Lost & found. Voto: 7
Blood for Dracula/Dracula cerca sangue di vergine e… morì di sete!!! (Paul Morrissey). Il Conte Dracula disperatamente in cerca di sangue di fanciulle vergini, si reca dalla Romania in Italia con il suo fedele servitore, confidando nei castigati costumi del nostro Paese. Ma l’impresa non sarà affatto facile… Celeberrimo film della Warhol Factory – più per l’eloquente e fantasioso titolo dato dalla distribuzione italiana – che nel 1974 rivela le bellezze ancora acerbe di Dominique Darel, Stefania Casini e Silvia Dionisio. Un must imperdibile con Udo Kier nel ruolo dello sventurato protagonista e con Vittorio De Sica nella sua ultima interpretazione sul grande schermo. Impreziosita dalle malinconiche e struggenti musiche di Claudio Gizzi, la pellicola, tra l’erotico e il fantastico, dopo quasi cinquant’anni è invecchiata assai bene e ancora incanta lo spettatore. Melodrammatico. Lost & found. Voto: 7
Le cose perdute (Luigi Parisi). Una medium viene convocata in una sontuosa villa per trovare un misterioso diario scomparso custodito nella dimora. Ma le cose e soprattutto le persone non sono come sembrano… Divertente cortometraggio italiano diretto dall'”artigiano” – come si definisce egli stesso – Parisi, forse un po’ troppo patinato, ma efficace e disturbante. ParEnormale. Concorso cortometraggi. Voto: 7
Door (Banmei Takahashi). Una donna, sola in casa con il figlioletto, mentre il marito è fuori per lavoro, viene assediata da un venditore porta-a-porta. Riuscirà a difendersi? Curiosissimo film giapponese diretto da un regista amante del thriller all’italiana, quello di Dario Argento su tutti, un vero e proprio tour-de-force attoriale e registico, che asseconda tutte le regole del genere andando anche oltre. Tenebre, Opera e Phenomena, ma anche Shining, sono ben presenti nella testa di Takahashi, che ad un certo punto rompe anche la quarta parete, con un lungo pianosequenza dall’alto lungo tutta la casa in cui non ha timore di ricordarci di star “fingendo) in un teatro di posa, e vira i momenti di maggiore violenza in biancoenero – speriamo non per (auto)censura, rammentandoci ancora una volta di essere in un… film. Una pellicola sui generis, ma ancora attualissima, soprattutto per l’insistenza della pubblicità, già assillante 35 anni fa, almeno in Giappone. Virtuosistico. Lost & found. Voto: 7
Doors (Michele De Angelis). Una donna rimane intrappolata nell’atrio di casa propria, avendo dimenticato le chiavi sulla porta. La maniglia interna si è staccata e nessuno sembra sentirla. È l’inizio di un incubo, ma forse la situazione reale è, se possibile, ancora peggiore… Omaggio a Michele De Angelis, co-direttore artistico di questo Fantafestival, scomparso due anni or sono. Il brevissimo e divertentissimo film, girato in Macedonia, è quasi un compendio di sfighe, che però poi evolvono in una tragica conclusione. Il titolo non a caso sembra omaggiare a quelle “Doors of perception” di Haldous Huxley, ben note anche al fu Jim Morrison. Per assonanza abbinato nella programmazione al giapponese Door (vedi sopra). Infernale. Lost & found. Voto: 7
Flashback before death (Hiroyuki Onogawa e Rii Ishihara). Ambientato nel Giappone del 1930, il (neanche troppo) breve film è un’inquietante storia di morte e tristezza. Dopo aver completato i suoi studi di traduttore in Francia, Kikuo (Masatoshi Kihara) torna dalla sorella Tsuruha (Hanae Seike). È una notte buia e tempestosa e i due si siedono a cena in compagnia di una sinistra bambola di nome Hinano, come la figlia di Tsuruha… Debutto alla regia del compositore Onogawa insieme alla moglie Ishihara il film evolve via via, indizio dopo indizio verso una coinvolgente crime-story nella quale lo spettatore è chiamato, come un detective, a mettere insieme i pezzi in vista della soluzione finale. Benché lento e obiettivamente incomprensibile nella parte iniziale, il film finisce poi per coinvolgere. Criptico. Concorso cortometraggi. Voto: 7
Mortacci vostra! (Daniele Misischia). Un uomo armato di postola si sfoga con(tro) qualcuno o qualcosa al di là della macchina da presa… Brevissimo corto di un autore già affermato, suoi The end? L’inferno fuori e Il mostro della cripta, girato come divertimento in un pomeriggio, rilegge efficacemente alla luce degli ultimi avvenimenti mondiali il genere “zombi”. Sintetico. Concorso cortometraggi. Voto. 7
L’orafo (Vincenzo Ricchiuto). Una banda di quasi improvvisati si introduce nella casa di un uomo che, secondo una soffiata, nasconderebbe un laboratorio d’oreficeria pieno di ogni bene. Ma le cose non andranno come previsto… Thriller con tinte horror molto ritmato e dinamico, benché claustrofobico, che si arricchisce indubbiamente delle interpretazioni di un piacevolissimo Giuseppe Pambieri e di una agghiacciante Stefania Casini. Opera non originalissima, ma rara nel panorama italiano, decisamente professionale e con una regia veloce e interpreti quasi tutti all’altezza. Un inatteso e inedito mix tra home-invasion, revenge-movie e torture-porn. Tesissimo. Master class (con Stefania Casini). Voto: 7
To fire you came at last (Sean Hogan). Nell’Inghilterra rurale del 17° secolo, un manipolo di uomini deve trasportare una bara sulla lunga via fino al locale cimitero. Folklore e superstizione circondano da sempre la strada che porta alla chiesa e alcuni di loro hanno paura di andare in giro col buio. Squire Marlow, padre del defunto, promette paga doppia se accetteranno l’impresa. Ma il misterioso cammino sarà ricco di inattese rivelazioni… Mediometraggio scritto e diretto, ma girato su commissione, dal talentuoso regista britannico che i frequentatori di festival specializzati ben conoscono, si giova dell’ottima fotografia in biancoenero di Paul Goodwin e Jim Hinson e di interpreti decisamente in parte. L’ambientazione d’epoca arricchisce ulteriormente una di quelle storie che una volta si sarebbero raccontate intorno al fuoco prima di una notte sicuramente insonne. Sottilmente inquietante. Concorso cortometraggi. Voto: 7
Uman trash (Aitor Almuedo). Un uomo viene catapultato in una specie di discarica del futuro. Ma un’altra persona lì dentro gli farà dubitare della sua reale essenza… Interessante cortometraggio spagnolo firmato Almuedo Brothers (Aitor dirige, Francisco Javier co-sceneggia con lui), che indaga chi siamo veramente? Uomini? Macchine? Animali? Forse di tutto un po’ o forse soltanto spazzatura e pezzi di ricambio per chi viene dopo. (Ri)Ciclico. Concorso cortometraggi. Voto: 7
Cieco sordo muto (Lorenzo Lepori). David (Brandon), uno scrittore cieco, sordo e muto, per scrivere il suo nuovo romanzo si trasferisce con i suoi assistenti Simona (Vannelli) e Pio (Bisanti) in un hotel dove sono avvenuti in passato tragici eventi. Durante la permanenza entreranno tutti in contatto con una presenza malvagia lì residente… Raro tentativo, soprattutto in Italia – si ricordano principalmente i lavori di Ivan Zuccon e Il mistero di Lovecraft – Road to L. di Federico Greco e Roberto Leggio – di portare sullo schermo le opere di Howard Phillips Lovecraft, questo lungometraggio di Lorenzo Lepori, co-sceneggiato insieme all’inossidabile Antonio Tentori, si contraddistingue innanzitutto per la fotografia di Federico Giammattei che omaggia tutto l’horror italiano che fu e poi per l’interpretazione di David Brandon, colonna portante di tutto un cinema di genere nostrano dagli anni ottanta ad oggi. Anche se non tutto torna nel racconto cinematografico e in qualche momento si scade nel ridicolo involontario, Lepori riesce a restituire bene sullo schermo le atmosfere dello scrittore di Providence, cosa non facile. Assoluto. Concorso lungometraggi. Voto. 6 e ½
La niña della comunión (Victor Garcia). Nel maggio del 1987, di ritorno da una discoteca e dopo aver assunto droghe, Sara, giunta da poco in città, e la sua amica Rebe trovano una bambola con indosso un abito da comunione e subito le loro vite diventeranno un vero e proprio inferno. Film spagnolo che riprende numerosi topoi dell’horror, come l’acqua e i pozzi dalle pellicole asiatiche o le possessioni, remixandoli in una chiave nuova che a tratti affascina, ma sulla lunga durata, benché non superi i 100 minuti, rischia di perdersi un po’ per strada… Comunque ben condotto. Volenteroso. Concorso lungometraggi. Voto: 6 e ½
Test pilota Pirxa (Marek Piestrak). Dal racconto di Stanislaw Lem, le vicende dell’astronauta Pirx che in un volo spaziale deve testare l’affidabilità dei “finiti non-lineari”, robot molto simili agli umani, ma anche più perfetti. Non conoscendo affatto l’identità degli artefatti a bordo l’impresa sarà molto ardua… La fantascienza dei paesi dell’Est è sempre stata affascinante per la capacità di sperimentare e andare oltre, ma in questo caso il film, pur anticipando di oltre quarant’anni tematiche attualissime – si pensi a The creator da poco uscito – oscilla pericolosamente tra il filosofico e il tentativo di fare qualcosa di più commerciale e quindi più “action”, col risultato di un film sicuramente sperimentale, ma squilibrato e confuso, a tratti poco interessante. Sovrumano. Lost & found. Voto: 6 e ½
Das Herz durch Wüsteneyen rennt – Arbeitstitel/ The heart through deserts runs – Working title (Garegin Vanisian). Il cortometraggio racconta lo svolgersi di un giorno nella vita di una giovane donna. All’inizio è sola nel suo appartamento. Sembra stia attraversando la separazione dalla sua compagna. Sta cercando di farcela leggendo (un libro di Renée Vivien e un poema di Goethe), spostando cose nell’abitazione e pensando alla persona appena persa. Come il giorno finisce e cala la notte, una visione sotto forma d’incubo la perseguita, aprendo però uno spiraglio di speranza… Il film è narrato anche a mezzo di storyboard e di una narrazione-off, ispirandosi molto ai lavori artistici diMarina Abramovic, Chantal Akerman, Guy Gilles e Chris Marker. Rimanendo però irrisolto. Velleitario. Focus 16mm. Voto: 6
Durante la cerimonia di chiusura del 43° Fantafestival, sono stati annunciati i premi assegnati dalla giuria:
Pipistrello d’Argento per il miglior cortometraggio internazionale a FLASHBACK BEFORE DEATH di Hiroyuki Onogawa e Rii Ishihara, per la capacità di indagare con indubbia maestria e suspense visiva i recessi della coscienza, mescolando linguaggi diversi.
Pipistrello d’Argento per il miglior cortometraggio italiano a L’ISOLA DEI RESUSCITATI MORTI di Domenico Montixi, per il gusto citazionista e il rigore filologico con cui ha saputo omaggiare una fortunata stagione dell’horror made in Italy.
Menzione Speciale della Giuria per EIGHT EYES di Austin Jennings, per la volontà di raccontare le ferite ancora oggi irrisolte nel paesaggio balcanico, attingendo al linguaggio del cinema di genere e d’autore degli anni ’70.
Pipistrello d’Oro per il miglior lungometraggio fantastico a VIKING di Stéphane Lafleur. Un’idea originale portata avanti con coerenza ed eleganza, unendo al rigore della messa in scena un senso di straniante divertimento che si fa portatore di domande sull’essere umano e sul cinema.
Il Pipistrello d’Oro alla carriera è stato invece assegnato nella serata di sabato all’attrice, produttrice e regista Stefania Casini, per il suo contributo alla storia del cinema (anche) fantastico, in ambito sia italiano che internazionale.
Dal nostro inviato Paolo Dallimonti