Scheda film
Regia: Steve McQueen
Soggetto: basato su “Twelve year a slave” di Solomon Northup
Sceneggiatura: John Ridley
Fotografia: Sean Bobbitt
Montaggio: Joe Walker
Scenografie: Adam Stockhausen
Costumi: Patricia Norris
Musiche: Hans Zimmer
Suono: Jesse Ehredt
USA/G.B., 2013 – Biografico/Drammatico/Storico – Durata: 133′
Cast: Chiwetel Ejiofor, Michael Fassbender, Benedict Cumberbatch, Paul Dano, Garret Dillahunt, Paul Giamatti, Scoot McNairy, Lupita Nyong’o, Adepero Oduye, Sarah Paulson, Brad Pitt, Michael Kenneth Williams, Alfre Woodard, Quvenzhané Wallis
Uscita: 20 febbraio 2014
Distribuzione: BIM
Sarà per quegli occhi un po’ sporgenti, sgranati e colmi di stupore, sarà per quell’espressione che trasuda giustizia o per quell’atteggiamento fiero di chi non vuole perdere la dignità; sarà per questo che Chiwetel Ejiofor nei panni di Salomon Northup convince e commuove. In 12 anni chiavo di Steve McQueen, Ejiofor interpreta la vera storia di Northup, un uomo nero libero che vive nel nord degli Stati Uniti che viene rapito, drogato e venduto come schiavo quando ancora lo schiavismo era il fulcro dell’economia negli Stati del Sud (siamo nel 1841). Tratto dall’omonimo libro di Northup, il film racconta l’agonia disumana nei campi di piantagione per lunghi 12 anni, finché un uomo californiano (Brad Pitt, anche produttore) non decide di aiutarlo a riottenere la libertà.
Il protagonista riesce a trasmettere l’evoluzione del suo dramma nel corso degli anni, dalla voglia di ribellarsi in principio alla volontà di assecondare furbescamente i padroni ma senza mai sottomettervisi, con la ferma convinzione che un giorno ritornerà libero. Una forza interiore che lo tiene in vita: suggestiva la scena della sua impiccagione, con le punte dei piedi che rasentano il terreno cercando di non lasciarsi soffocare dal cappio attorno al collo, sotto l’indifferenza “costretta” degli altri schiavi della piantagione di cotone. Un’estremizzazione del male che viene esaltato al punto da essere considerato una normalità.
Da notare il primo piano di Ejiofor per diversi secondi, uno sguardo intenso che quasi imbarazza lo spettatore (non si capisce se a tratti guarda in macchina) costringendo quest’ultimo a leggergli dentro tutta la disperazione e la speranza (l’inquadratura avviene dopo il dialogo con il californiano). Spicca tra tutti l’interpretazione di Michael Fassbender (che torna a lavorare con il regista dopo Hunger e Shame): è Edwin Epps, il secondo padrone di Northup, conosciuto per i suoi metodi barbari e disumani; le sue esplosioni di rabbia “autentiche” fanno accrescere esponenzialmente la dimensione drammatica delle situazioni (una per tutte, le frustate alla piccola Patsey, Lupita Nyong’o, la preferita, suo malgrado, al punto da aprirle la schiena).
Curata la fotografia (suggestivi i paesaggi della Louisiana) e la composizione dell’inquadratura (luce, dettagli), e anche il sonoro che viene abilmente utilizzato per enfatizzare alcune scene: simboliche alcune sovrapposizioni tra le preghiere dei bianchi e i lamenti dei neri, una sincronia ossimorica che esalta la distanza tra i due mondi.
A differenza di Shame e Hunger, due prodotti all’insegna dell’enfatizzazione, McQueen con il suo terzo film racconta l’inferno della schiavitù senza iperboli ed eccessi ma con realismo: il semplice racconto di come sono andate le cose. Vincitore del Golden Globe e candidato a 9 (forse troppi?) premi Oscar tra cui miglior attore protagonista, probabilmente una statuetta riuscirà a portarsela a casa.
Marta Fresolone
Featurette Chi era Solomon Northup *(il cast del film racconta la sua incredibile storia)