Scheda film
Regia e Sceneggiatura: Ritesh Batra
Soggetto: Ritesh Batra e Rutvik Oza
Fotografia: Michael Simmonds
Montaggio: John F. Lyons
Scenografie: Shruti Gupte
Costumi: Niharika Khan
Musiche: Max Richter
India/Francia/Germania/USA, 2013 – Commedia – Durata: 104′
Cast: Nimrat Kaur, Irrfan Khan, Nawazuddin Siddiqui, Denzil Smith, Bharati Achrekar, Nakul Vaid, Yashvi Puneet Nagar
Uscita: 28 novembre 2013
Distribuzione: AcademyTwo
Affamati d’amore
È possibile fare un film su un “porta-pranzo”? Secondo il regista Ritesh Batra sì.
Mumbai (in passato nota come Bombay), India. La non troppo felice casalinga Ila (Nimrat Kaur) scaccia la malinconia di un monotono rapporto coniugale preparando ogni giorno il pranzo al proprio marito che si reca al lavoro. Per farglielo recapitare utilizza l’antico e tipico servizio dei Dabbawalas, trasportatori a mano che si occupano appunto delle consegne per centinaia di migliaia di pasti ad altrettante persone. In seguito ad un errore accidentale però i suoi manicaretti iniziano a venire recapitati al signor Saajan Fernandes (Irrfan Khan), grigio e burbero impiegato, da tempo rimasto vedovo. Inizia così un’affettuosa corrispondenza tra i due tramite bigliettini scambiati per mezzo dei portapranzi, che si trasformerà in una sorta di amore platonico… Riusciranno mai i due ad incontrarsi ed a concretizzare il loro fortuito, ma intenso rapporto?…
In realtà il porta-pranzo del titolo fa riferimento non alle scatolette contenitrici di cibo, ma proprio a “coloro che portano il pranzo”, quei Dabbawalas, spesso analfabeti, che dal 1890 si occupano a piedi o in bicicletta o in treno di consegnare il cibo agli abitanti della cittadina indiana, vantando una percentuale più che minima di errore e basandosi su un complesso sistema di codici e colori. Proprio da una di queste rarissime sviste parte il film di Ritesh Batra, gradevole commedia degli equivoci con una punta di sentimentalismo e di tristezza, focalizzando l’attenzione su una storia d’amore che forse non inizierà mai e che si alimenterà letteralmente di manicaretti “sbagliati”. “Ne uccide più la gola che la spada”, recitava un antico adagio: qui uno dei peccati capitali si limita a ferire un uomo già provato dalla vita, aprendogli in cambio lo spiraglio di un’altra esistenza, almeno diversa, e a dare una seconda possibilità ad una donna che non sembra aver imboccato al primo colpo la strada giusta. Con la leggerezza che non sempre contraddistingue gli indiani, Ritesh Batra, al suo esordio nel lungometraggio, descrive attraverso la metafora del mangiare e dello scambio di persona la corrispondenza d’amorosi sensi tra uomo e donna, solo accennandola. Ricordando nella costruzione del suo personaggio la soavità di un Da Ponte e la grazia di un Goldoni, la Mirandolina Ila incanta e seduce – senza però volerlo fino in fondo – il granitico Saajan. E con lui il pubblico stesso.
RARO perché… è ancora troppo difficile dare credito ad una commedia indiana?
Voto: 7
Paolo Dallimonti