Scheda film
Regia e Sceneggiatura: Jan Ole Gerster
Fotografia: Philipp Kirsamer
Montaggio: Anja Siemens
Scenografie: Juliane Friedrich
Costumi: Juliane Maier e Ildiko Okolicsany
Musiche: The Majors Minors e Cherilyn MacNeil
Suono: Magnus Pflüger
Germania, 2012 – Commedia – Durata: 88′ – B/N
Cast: Tom Schilling, Friederike Kempter, Mark Hosemann, Katharina Schüttler, Justus von Dohnányi, Andreas Schröders, Arnd Klawitter
Uscita: 24 ottobre 2013
Distribuzione: Academy Two
Sale: 9
Il Berlinbusto
Al di là di quale sia la qualità rinvenibile in loco e dell’aroma derivante, dev’essere poi così difficile prendere un caffè a Berlino? Stando alle vicende del giovane Niko Fischer (Tom Schilling), narrate in questo film di debutto di Jan Ole Gerster, parrebbe proprio di sì! Nelle ventiquattro ore lungo le quali lo seguiamo, conosceremo la sua apatia, la fine della sua storia d’amore, le sue menzogne – quando il padre scopre che ha mollato la facoltà di Legge gli taglierà i fondi – la sua scarsa lucidità – uno psicologo gli diagnostica uno “squilibrio emotivo” confermandogli la sospensione della patente per guida in stato d’ebbrezza – ed il suo passato – una compagna di scuola all’epoca derisa anche da lui poiché in abbondante sovrappeso gli si presenta molto più avvenente ma irrimediabilmente segnata dai loro trascorsi.
Oh boy – Un caffè a Berlino, pur non strutturandosi intorno ad una vera e propria trama, ma raccontando in accumulazione eventi slegati, uniti solo dagli incontri che il protagonista fa, si caratterizza in primis per l’eleganza formale, conferitagli dalla fotografia in bianco e nero curata da Philipp Kirsamer e dalla musica jazz composta dai The Majors Minors e da Cherilyn MacNeil.
Evocando in lontananza i fantasmi del Woody Allen di Manhattan per l’omaggio monocromatico e “sinfonico” ad una città ed al Federico Fellini di 8 e ½ e di Roma per l’irruzione del mondo del cinema nella quotidianità di una metropoli – qua si prende anche in giro certo cinema sulla seconda guerra mondiale e contemporaneamente si riflette su ciò che fu il nazismo – il film però non riesce a volare oltre il puro e semplice esercizio di stile.
Complice il solito doppiaggio italiano che mal si addice a film come questi, appiattendoli inesorabilmente, pur restando esso l’unico modo per mandare in sala qualche spettatore in più rispetto al ristretto pubblico di nicchia cui è destinato, Oh boy – il cui titolo si rifa al primo verso di “A day in the life” dei Beatles – ci strappa pure qualche risata, ma finisce per lasciarci in bocca lo stesso sapore di quel caffè che Niko non riesce mai a prendere: inconsistente.
RARO perché… è un semplice e fiacco esercizio di stile.
Voto: 6
Paolo Dallimonti