Scheda film

Regia e Sceneggiatura: Paolo Genovese
Soggetto: Paolo Genovese, Paola Mammimi, Leonardo Pieraccioni
Fotografia: Fabrizio Lucci
Montaggio: Consuelo Catucci
Scenografie: Chiara Balducci
Costumi: Grazia Matera
Musiche: Maurizio Filardo
Suono: Umberto Montesanti
Italia, 2013 – Commedia – Durata: 120′
Cast: Marco Giallini, Alessandro Gassman, Vittoria Puccini, Laura Adriani, Edoardo Leo, Daniele Liotti, Vinicio Marchioni, Anna Foglietta, Claudia Gerini, Maurizio Mattioli, Paolo Calabresi
Uscita: 23 gennaio 2014
Distribuzione: Medusa

 Tutta colpa di Paolo Genovese

Francesco Taramelli è un analista divorziato e con tre figlie: Sara, omosessuale che dopo l’ultimo rifiuto ha deciso di tornare a Roma per cercare di diventare etero; Marta, libraia che non riesce a trovare l’uomo della propria vita e per finire Emma diciottenne innamorata di un uomo di cinquant’anni. Al tempo stesso Francesco si è infatuato di una donna che regolarmente incontra nel bar dove prende il caffè, ma con la quale non ha mai scambiato nemmeno una parola.
Paolo Genovese confeziona l’ennesima commedia della sua carriera, riesumando attori che l’hanno accompagnato nei suoi precedenti sforzi, da Immaturi sino a Una famiglia perfetta: dall’analista interpretato da un barbuto Giallini, che pare la reincarnazione moderna di Sigmund Freud; sino ai caratteristi Maurizio Mattioli, nel ruolo del portiere dello stabile ove si trova lo studio di Francesco; fino a Edoardo Leo, in quello di un possibile fidanzato di Sara. Il prodotto finale fra alti e bassi, fra battute che toccano in maniera credibile i problemi affettivi delle persone all’ombra dei social network e dell’età adulta e una sceneggiatura che in alcuni momenti lascia spazio a momenti di immobilismo risulta comunque molto godibile, grazie all’abilità di tutti gli attori con una menzione particolare per Marco Giallini, capace di sfaccettare ulteriormente la propria abilità recitativa, capace di non relegarlo esclusivamente nel ruolo di coatto, ma anche per un Gassman che pare tagliato alla perfezione per un ruolo di perenne indeciso fra la routine della vita coniugale e l’emozione dettata dalla vicinanza di una ragazza molto più giovane di lui. Nota a margine: da rivedere e riascoltare la classificazione di Francesco in merito alla suddivisione dell’universo maschile. 

Voto: 6

Ciro Andreotti

 #IMG#Non esistono regole in amore

«Essere o non essere, questo è il problema».
Questo verso, estrapolato da “Amleto”, è risuonato anche nelle orecchie di chi non conosce la tragedia shakespeariana e forse avrà pensato che si trattasse di un aforisma partorito dalla mente di uno psicanalista e, chissà, forse da uno dei padri fondatori, Freud.
Vi starete chiedendo perché siamo andati a scomodare il buon principe di Danimarca per parlare dell’ultimo lavoro dietro la macchina da presa di Paolo Genovese… In Tutta colpa di Freud ci sembra che la domanda da cui ogni personaggio parte (inconsciamente) sia proprio “amare o non amare, questo è il problema” ed è poi la stessa vita a far intuire e sperimentare che non si può non amare, anche quando ci si vorrebbe chiudere a riccio per tutte le scottature ricevute.
In linea con i lungometraggi precedenti, il regista romano mette in scena una storia corale dirigendo un cast che sa fare gruppo. A tenere le fila c’è Francesco Taramelli (Marco Giallini), un analista che volutamente mette da parte la deontologia professionale per aiutare le tre figlie e prendere in analisi una persona che non vogliamo svelarvi (sappiate solo che non avrebbe potuto essere il suo terapeuta). Altrettanto volutamente – almeno questa è la nostra personale opinione – immaginiamo che il lavoro dell’analista non sia stato scelto a caso perché, anche se Tutta colpa di Freud non sia un film sull’analisi, il fatto che Francesco faccia di lavoro l’analista risulta funzionale allo sviluppo drammaturgico.
Come avevamo constatato in alcune pellicole del cinema italiano contemporaneo, anche qui troviamo un’attenzione particolare verso i ruoli femminili. Le tre figlie, Marta (Vittoria Puccini), Sara (Anna Foglietta) ed Emma (Laura Adriani) sono alle prese con l’amore (e potreste pensare: “che novità”) e rappresentano tre “casi” in cui il pubblico può rispecchiarsi sia totalmente che in alcune sfumature. È innegabile che al cinema si sia parlato e riparlato dell’amore, ma Tutta colpa di Freud non ha l’ambizione di trasformare in film una teoria psicanalitica o dire chissà quale verità sull’amore, si propone come una commedia garbata, grazie a cui si ride e ci si commuove, merito, soprattutto, di una storia delicata che strizza un po’ l’occhio allo spettatore. Stiamo parlando della storia d’amore tra Marta e Fabio (un Vinicio Marchioni che colpisce per il lavoro di mimica fatto), lei è una libraia che sogna il suo Lancillotto, lui lavora come maschera al Teatro dell’Opera, il loro incontro lascia il segno, ma il problema è trovare un modo per comunicare perché lui è sordomuto. Questo è uno dei fili con cui Genovese sceglie di toccare il tema della diversità, suggerendoci come si possano abbattere le (apparenti) barriere lasciandosi andare ed entrando in ascolto dell’altro.
Anna Foglietta si ritrova a interpretare per la quinta volta una lesbica, che sceglie, in seguito a delusioni d’amore, di provare a intraprendere una relazione con un uomo. Con un sense of humor rispettoso nelle battute sull’orientamento sessuale, il personaggio di Sara ci fa comprendere che la “diversità” è nello schema mentale applicato dalla società, in fondo lei è semplicemente una donna che vuole amare e vorrebbe essere amata.
E per finire c’è la sorella più piccola, Emma, la figlia diciottenne capace di mettere in crisi il padre presentandogli come fidanzato Alessandro (Alessandro Gassman), un uomo cinquantenne.
Attorno a loro gravitano altre donne e uomini, tutti accomunati dalla “malattia” più diffusa al mondo: l’amore; ma sotto l’occhio di bue della macchina da presa torna, dopo Una famiglia perfetta, il nucleo famigliare. Le scelte di casting si rivelano giuste, con interpreti che dimostrano di saper suonare le corde di una commedia agrodolce ben scritta, capace di regalare anche dei momenti molto toccanti (se si pensa, in particolare, alla storia d’amore tra Marta e Fabio). Un appunto va fatto alla durata (120′), asciugando un po’ verso la fine, il ritmo sarebbe risultato ancora più equilibrato.
Per quanto ci arrivino spunti di riflessione e sia evidente che anche Francesco Taramelli vada in crisi per via dell’amore, ci sorge spontaneo chiederci se questa apertura tra padre e figlie non derivi dal lavoro svolto da Francesco, quello di analista (nonostante, lo ripetiamo, la psicanalisi non sia al centro del film, ma venga utilizzata come strumento narrativo per mettere in campo delle riflessioni). Non vogliamo generalizzare, ma siamo sicuri che, in un Paese come l’Italia dove accadono ancora atti discriminatori per l’orientamento sessuale, ci sia un’apertura tale tra genitori (soprattutto donne e uomini di una certa età e/o di un determinato background) e figli?
È una domanda che vi rilanciamo a partire dal film di Genovese, dove viene prospettata una dimensione di confronto e dialogo che sarebbe auspicabile in una vita reale, dove la “diversità”, semplicemente come incontro con l’altro da noi, fa capolino nella nostra quotidianità e ad unire viene in soccorso l’amore in tutte le sue declinazioni.
«L’amore non è quello che i poeti del cazzo vogliono farvi credere. L’amore ha i denti; i denti mordono; i morsi non guariscono mai. Nessuna parola, nessuna combinazione di parole può chiudere le ferite d’amore. È tutto il contrario, questo è il bello. Se quelle ferite si asciugano, le parole muoiono con loro». (da “Stagioni diverse” di Stephen King). 

Voto: 7

Maria Lucia Tangorra