Scheda film
Regia e Montaggio: Gonzalo López-Gallego
Soggetto e Sceneggiatura: Chris Borey e Eddie Borey
Fotografia: José David Montero
Scenografie: Attila Digi Kövári
Costumi: Andrea Flesch
Musiche: Juan Navazo
USA, 2013 – Horror – Durata: 102′
Cast: Sharlto Copley, Joseph Morgan, Thomas Kretschmann, Erin Richards, Josie Ho, Max Wrottesley, M. Frakes
Uscita: 14 agosto 2013
Distribuzione: Eagle Pictures
Enigmi a cielo aperto
Un uomo, che i più chiameranno Jonah o John (lo Sharlto Copley di District 9), si risveglia da quella che sembra una morte apparente in una grande fossa comune piena di cadaveri. I suoi arti si decontraggono, il suo corpo riprende vita, ma la sua mente non ricorda nulla. A tirarlo fuori è una donna, dai tratti orientali e muta, che lo porta in una casa dove altri quattro smemorati stanno cercando di capire che cosa sia accaduto. La donna in realtà sa tutto e nasconde più d’un segreto, ma scrive in una lingua incomprensibile agli altri e non riesce pertanto a rivelare loro la verità.
Questo l’inizio del primo film di Gonzalo López-Gallego, enfant-prodige del cinema spagnolo (suoi il thriller El rey de la montaña con Edoardo Sbaraglia e Apollo 18, sorta di mockumentary horror sulla presunta ultima missione lunare statunitense), a giungere da noi in sala. Da questo momento in poi non possiamo aggiungere altro, se non che sempre da qui in poi non si capirà più nulla, fino alla risoluzione finale, malgrado numerosi indizi vengano dati fin da subito, benché non ci sia modo di metterli insieme.
Thriller basato quasi tutto sulla scrittura (e sul montaggio, curato dallo stesso regista), anche se non molto originale – vengono in mente Saw – L’enigmista di James Wan e Identità sospette di Simon Brand, malgrado il riferimento principale sia un nume tutelare dell’horror, che non riveleremo per timor di spoiler – delinea una situazione narrativamente perfetta, in cui il personaggio della donna orientale è letteralmente la chiave dell’enigma, accuratamente nascosta dietro il suo silenzioso handicap e sotto la barriera linguistica. In un meccanismo ad orologeria abbastanza oliato, condito da una fotografia naturalistica se non “sparata”, continui e funzionali sono inoltre i depistaggi, pur se, soprattutto nella parte centrale, il film comincia ad arrancare, annoiando lo spettatore più che incuriosirlo. Ogni nuovo personaggio che compaia in scena sembra quindi aggiungere elementi in più, in mezzo ai quali pubblico e personaggi finiscono però per annaspare progressivamente.
I numerosi colpi di scena ribaltano alternativamente lo status di “buoni” e “cattivi” dei vari comprimari, fino a giungere allo scioglimento finale, assai credibile e risolutore, che dovrebbe resistere anche ad una seconda visione, senza troppe omissioni di logica.
Se non si hanno molte pretese, Open grave ha perciò sufficienti carte in regola per refrigerare con la sua relativamente intrigante complessità la torrida estate nel cui cuore la Eagle Pictures ha deciso di farlo uscire.
E pensare che nel titolo, al di là della situazione iniziale cui principalmente vorrebbe riferirsi, era già nascosta a ben guardare l’intera soluzione dell’enigma.
Voto: 6
Paolo Dallimonti