Scheda film
Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Leos Carax
Fotografia: Caroline Champetier
Montaggio: Nelly Quettier
Scenografie: Florian Sanson
Costumi: Anaïs Romand
Suono: Samuel Rouillard
Francia/Germania, 2012 – Drammatico/Fantastico – Durata: 115′
Cast: Denis Lavant, Édith Scob, Eva Mendes, Kylie Minogue, Elise Lhomeau, Jeanne Disson, Michel Piccoli
Uscita: 6 giugno 2013
Distribuzione: Movies Inspired
Sale: 15
Dal tramonto all’alba
Una limousine bianca si aggira incessantemente per le strade di Parigi, da quelle scintillanti del centro a quelle più periferiche: a bordo c’è il signor Oscar, un uomo misterioso che nel corso della sua giornata “viaggia di vita in vita”, indossando di volta in volta maschere diverse che gli consentono di immergersi in realtà sempre nuove, scollegate le une dalle altre. Così mentre le ore passano il signor Oscar si trasforma in un ricco banchiere, in un mendicante, in un operaio specializzato per la motion capture, nell’inquietante signor Merda (personaggio nato in occasione dell’episodio di Carax nel progetto collettivo Tokyo!), in un padre alle prese con l’adolescenza di sua figlia, in un fisarmonicista, in un assassino, in un assassinato, in un anziano in punto in morte, in un uomo che al termine della sua giornata torna a casa dalla sua famiglia: ma chi è davvero il signor Oscar? E che senso ha parlare di identità quando la propria vita non è altro che un inanellarsi di una serie di esperienze tratte da stralci di esistenze immaginarie, costruite sulla base di illusioni, suggestioni e stereotipi?
Holy Motors è un progetto aspaziale e atemporale, tanto schematico nella sua struttura quanto imprevedibile negli esiti dei vari segmenti (anti-)narrativi che lo compongono: è un viaggio nel cinema e nella sua essenza, un’incursione trasversale attraverso stili, generi e intenzioni sempre diversi, una celebrazione dell’immagine e dell’arte che (si) racconta attraverso le immagini. Ed è alla “bellezza del gesto, al motore dell’azione” che è affidato il ritratto di un futuro/presente non meglio precisato, dove gli strumenti di ripresa si fanno sempre più impercettibili e il confine fra realtà e finzione si riduce a una patina leggerissima e impalpabile: il vivere stesso si presenta quindi come una prospettiva virtuale che se da un lato apre le porte dell’immortalità (la morte è parte della pantomima della vita e quindi improduttiva di effetti) dall’altro si trasforma in un incubo senza soluzione di continuità, dove non c’è più spazio per la sincerità del proprio essere, per l’autenticità delle proprie scelte e convinzioni.
È una magnifica esperienza meta-cinematografica quella portata sul grande schermo da Leos Carax (il film si apre con l’immagine dell’affollata e immobile platea di un cinema): in poco meno di due ore il rapporto fra reale e simulazione si destruttura e si ricompone e Holy Motors, surreale e anarchico, salta dal racconto della follia dell’eccesso alla muta asciuttezza dell’ordinarietà, rifuggendo ogni forma di superficialità ma anche evitando auto-celebrazioni snobistiche.
Visionario e sempre mutevole, sorprendente e mai banale, il film non è però solo un omaggio alla Settima Arte e alle sue contraddizioni ma è anche una rilettura in chiave para-fantascientifica della contemporaneità, schiava di stereotipi e macchinazioni, incapace di smarcarsi da un certo tipo di convenzioni e destinata a un inevitabile collasso: in ogni tappa della lunga giornata del protagonista si riverberano come in un gioco di specchi i fantasmi di una società sempre più confusa, intrappolata in quello che Carax ha definito “ingranaggio virtuale” (emblematica in questo senso è la sequenza nella quale l’uomo si reca in un complesso industriale dove i suoi movimenti verranno registrati ed elaborati per un progetto in motion capture).
Attore feticcio per il cineasta francese, Denis Levant presta volto e corpo alle tante trasformazioni di Oscar, accompagnato nel suo viaggio dalla premurosa e sofisticata Céline (Édith Scob), che guida la limousine/camerino che scivola nelle vie di Parigi: un’auto che diventa parte integrante del racconto se non simbolo stesso della sua essenza, un catafalco della modernità, emblema di sfacciata opulenza e status-symbol dell’eleganza ma al contempo tempio del kitch e del superfluo con la sua mole elefantiaca e un po’ anacronistica.
E se Oscar e la sua autista sono presenze costanti nel corso dello sviluppo della storia, il dipanarsi del racconto è segnato dagli incontri fra l’uomo e i co-protagonisti delle diverse vite/interpretazioni che affronta durante la sua giornata: fra i tanti spiccano le brevi ma incisive presenze di Michel Piccoli – nel ruolo di un misterioso “demiurgo” che tutto osserva e controlla – che irrompe inatteso fra le tante cianfrusaglie che si ammassano nel ristretto spazio della limousine, di Eva Mendes – modella algida e assente – rapita dal signor Merda e protagonista di una delle sequenze più inquietanti (il mostruoso abitante delle fogne si improvvisa stilista e riadatta l’abito della donna, trasformandolo in un burqa), e di Kylie Minogue, l’incontro inatteso con quello che forse è stato un amore del passato, una “collega” imprigionata nello stesso destino di moltiplicazione dell’esistenza.
C’è questo e molto altro in Holy Motors, che celebra la vita, la morte, il cinema, l’illusione, il sogno, l’identità, la crisi: con spirito provocatore e spiazzante Carax, a dispetto di alcuni slanci apparentemente più disimpegnati, tratteggia un ritratto lucido e ragionato della paura, dell’annullamento, della degenerazione.
RARO perché… è il nuovo film di un grande autore, non sempre univocamente apprezzato.
Voto: 8
Priscilla Caporro