Scheda film

Regia: Giorgia Farina
Soggetto: Fabio Bonifacci e Giorgia Farina
Sceneggiatura: Fabio Bonifacci e Giorgia Farina
Fotografia: Maurizio Calvesi
Montaggio: Marco Spoletini
Scenografie: Tonino Zera
Costumi: Francesca Leondeff
Musiche: Pasquale Catalano
Suono: Gaetano Carito e Pierpaolo Merafino
Italia, 2013 – Commedia – Durata: 103′
Cast: Claudia Gerini, Cristiana Capotondi, Sabrina Impacciatore e Vinicio Marchioni
Uscita: 7 marzo 2013
Distribuzione: 01 Distribution

 Siamo donne, oltre alle gambe c’è di più

Metti tre donne, un segreto, un ispettore che cerca di scioglierlo, il tutto intriso di colori, sapori, volti di un’isola indefinita della Sicilia. Detta così sembrerebbe qualcosa di già visto (e anche se lo fosse non è un territorio molto frequentato dal nostro cinema degli ultimi anni) né tantomeno vogliamo che Amiche da morire venga ridotto a un mero noir perché così non è. Una parola che dobbiamo sin da subito eliminare nell’approccio a questo film è banalità, perché questa opera prima di Giorgia Farina non lo meriterebbe affatto. Forse non ci si dovrebbe sbilanciare così esplicitamente, ma crediamo anche che di fronte ad un lavoro artistico onesto e originale sia più che giusto rendere onore al merito a quello che sullo schermo si dimostra come un grande e ben riuscito lavoro di squadra, forte di un’idea di partenza di una giovane regista romana.
Un dato di fatto innegabile e amaro è che oggi i giovani fatichino a trovare il loro posto nel mondo, forse ancor più nell’ambiente artistico-culturale e non sempre perché non abbiano idee originali. Amiche da morire è l’esempio che qualcosa di originale si può ancora realizzare, è una speranza perché quello che sulla carta era un ottimo soggetto è stato sostenuto da produttori trasformandosi in una sceneggiatura dal ritmo vivace e fresco, ben costruita e messa in scena da attori completamente nella parte tanto da arrivare a stupire indossando vesti a cui non eravamo abituati come nel caso di Vinicio Marchioni.
Una processione in barca, il Santo che arriva dal mare, le vie strette e le case bianche caratterizzano già dai primi minuti un luogo indefinito (sappiamo che le rirpese sono state fatte tra Monopoli, Massafra e Polignano a Mare in Puglia) – sono la parlata e la cadenza a localizzarci in Sicilia. Fotogramma dopo fotogramma iniziamo a vedere e a vivere il folklore radicato in un isoletta siciliana, emblema di un sapore mediterraneo. Ad avvicinarci a questo humus ci pensano Olivia (Cristiana Capotondi), Gilda (Claudia Gerini) e Crocetta (Sabrina Impacciatore), tre donne che più diverse – apparentemente – non si può. Chissà se Giorgia Farina e Fabio Bonifacci avessero in mente Olivia di Braccio di Ferro e la Gilda di Testori quando hanno dato i nomi a due delle nostre protagoniste, ci piace pensare a nomi parlanti, evocativi e cuciti addosso alle tre donne. La prima, madrina e moglie perfettina che attende il marito pescatore; la seconda, disinibita senza esser volgare, dispensa il massaggio notti magiche a chi bussa alla sua porta alternandolo con la bruciatura di mozzicone di sigaretta come rivendicazione della propria consapevolezza di esser donna. E poi c’è Crocetta, colei che secondo il paese porta «la iella/la mavaria/la scruta», eppure il desiderio di femminilità è pronto a venir a galla quando meno se lo aspetta.
L’impianto drammaturgico ci presenta sin da subito le nostre protagoniste nel loro ambiente, quello che si son costruite nella “prigione” del mondo in cui vivono. Olivia ascolta i commenti delle comari su Gilda, mentre Crocetta vive in simbiosi con la madre tanto da somigliarle nell’acconciatura e nel modo di vestirsi. Volenti o nolenti, in questo pastiche in cui domina il registro da commedia, l’una cercherà l’altra spinta dalla pulce nell’orecchio che le comari hanno prontamente instillato e la terza fuggirà dalla gabbia dorata per rifugiarsi in riva al mare. La nota nera arriva in un climax ben calibrato, al momento giusto, dando una svolta e un’accelerazione al ritmo narrativo.
Un coup de théâtre fa emergere quatta quatta la figura del commisario Malachia (Vinicio Marchioni), l’uomo è approdato dal continente sulla piccola isoletta e all’inzio è in alto mare nel combattere i fantasmi del suo passato.
Non vogliamo svelarvi tutti i colori e le pieghe che Amiche da morire assumerà nel corso dei 103′, vi basti sapere che niente è come sembra nella storia rappresentata, se non quando l’epilogo sta per sopraggiungere, eppure…
Indiscutibile è la bravura degli interpreti, pronti a mettersi in gioco e a far gioco di squadra, soprattutto bravi nel non creare delle macchiette sullo schermo nonostante i registri assemblati da Giorgia Farina nel suo lungometraggio di esordio. Già in alcuni corti come Alba (2009), la regista aveva manifestato un’attenzione particolare all’elemento musicale che anche qui assume una valenza importante nel sottolineare le situazioni surreali che Amiche da morire mette in campo – le note originali composte da Pasquale Catalano si alternano, infatti, a brani di Imelda May e Lindsey Ray.
Così, ispirandosi alla commedia italiana degli Anni ’60 e attingendo alla propria formazione (ha frequentato un master in sceneggiatura cinematografica alla Columbia University), la Farina disegna con consapevolezza un affresco ai limiti tra fantasia immaginativa (vedi alcune soluzioni paradossali) e realtà incorniciando un quadro dove l’una cede il passo all’altra e viceversa tanto che in una stella scena i piani possono arrivare a confondersi e contaminarsi.
Amiche da morire, afferendo al cinema di genere e al contempo sfuggendo all’etichetta di un unico genere, sfrutta le carte e il mix dei diversi generi (tira in ballo persino il western) per scardinare gli archetipi, ironizzarci sopra e ribaltare anche l’idea che le donne possano fungere solo da spalla in una commedia.
Gilda, Olivia e Crocetta scoprono col tempo loro stesse e l’unione che deriva dalla diversità; noi non possiamo che constatare il coraggio dell’operazione. C’è chi potrebbe dire che Amiche da morire è un film fatto da una donna – magari femminista – per rendere protagoniste tre donne, ma chi pensasse questo incorrerebbe in un grave errore di valutazione. In Amiche da morire si avverte lo sguardo femminile nella scrittura e nella regia che ben si sposa con l’indovinato cast, interpreti che hanno voluto mettersi in gioco per divertire e comunicare che anche le donne sanno portare i pantaloni senza dimenticare né rinnegare il loro essere donne.

Voto: * * * *

Maria Lucia Tangorra

 #IMG#In una piccola isola della Sicilia …

In una piccola isola della Sicilia vivono Crocetta, una ragazza accusata di portare sfortuna e che per questo non riesce a trovare un ragazzo disposto a corteggiarla; Gilda, un’entraineuse nota a tutti gli abitanti dell’isola, e Olivia, moglie modello e sposata con Rocco, un pescatore del posto. Le tre, fra loro molto differenti, saranno loro malgrado costrette a stringere una finta amicizia quando sull’isola arriva il nuovo ispettore Nico Malachia.
Con una giornata di anticipo rispetto alla festa della donna esce al cinema un bel film confezionato dall’esordiente Giorgia Farina, che riesce a parlare di amicizia femminile, in tal caso decisamente atipica, toccando le corde di una delle migliori tradizioni di casa nostra, la commedia all’italiana, per l’occasione riveduta e corretta grazie a una spruzzata di ‘anni 2000’ senza dimenticarsi però di enfatizzare in chiave ‘macchiettistica’ quella provincia italiana che ha fatto la fortuna dei film in bianco e nero del nostro cinema targato anni ‘50 e ’60.
Una commedia piacevole e a tinte noir, capace di riunire un bel gruppo di attori a partire da Marchioni, che, dismessi i panni del ‘Freddo’ di ‘Romanzo criminale’, scopre una vena comica decisamente accattivante, per proseguire con Sabrina Impacciatore, vera mattatrice del terzetto di ‘amiche sui generis’, in un ruolo che pare calzarle a pennello ed al quale aggiunge una mimica facciale e recitativa che le consente di spaziare facilmente dal dramma alla commedia brillante, per concludere con Claudia Gerini e Cristiana Captondi, la prima in un ruolo comico che le ha permesso di agguantare il successo come musa di Carlo Verdone e la seconda capace di calarsi finalmente in un ruolo che potrebbe sdoganarla da attrice semplicemente ‘caruccia a vedersi’. Un film quindi da vedersi e con un finale non propriamente scontato sperando che sia scongiurato il rischio di un Amiche da Morire – Parte II che forse renderebbe molto meno preziosa l’unicità di questa efficace prima prova in cabina di regia da parte della giovane Farina.

Voto: * * *¼

Ciro Andreotti

Alcuni materiali del film:

Trailer

 #IMG#In una piccola isola della Sicilia …

Nel corso dell’incontro stampa di presentazione di Amiche da morire di Giorgia Farina, svoltosi nella cornice della Terrazza Martini lo scorso 4 marzo, si respirava davvero un clima disteso, divertente e di collaborazione. Quello che istintivamente si potrebbe pensare del mondo dello spettacolo – tanto più in questo caso in cui al centro ci sono tre donne protagoniste – è che un attore voglia primeggiare sull’altro, per fortuna non sempre è così e questo film ci dimostra non solo che anche le donne possono realizzare una buona commedia al di là delle proprie competenze, ma ancor prima che le donne possono essere in grado di contribuire alla valorizzazione dell’altra e del personaggio della collega.
La parola ai protagonisti!
D: Com’è nata l’idea? Com’è stato messo insieme il cast?
Giorgia Farina: “Quest’idea mi è venuta perché volevo fare fortemente qualcosa di diverso in quanto mi ero resa conto che in Italia c’è poco spazio per i personaggi femminili, si è sempre un accessorio del comico maschio – aspetto che mi piaceva un po’ sovvertire. Spesso quando si parla di film al femminile si cade nel melò, ma questo non mi interessava […]; le tre protagoniste hanno delle accezioni tipicamente maschili, sono forti, energetiche, sono delle donne molto contemporanee anche se incastonate in un tessuto sociale tradizionale e volutamente stereotipato. La cosa che mi ha fatto venire in mente lo spunto è stata: quale donna non ha mai pensato di ammazzare il proprio compagno? Ho scritto questa storia a quattro mani insieme a Fabio Bonifacci e ho subito incontrato l’entusiasmo di Andrea e Raffaella Leone (i produttori, ndr), quest’ultima essendo donna ha molto apprezzato le qualità di questo film e da qui è nato il tutto. Credo che sia molto difficile realizzare un’opera prima con questo cast […], la voglia di un qualcosa di diverso come può essere anche il personaggio dell’ispettore Malachìa, il quale ricorda un po’ com’erano i personaggi della commedia all’italiana degli Anni ’60 – Albertone, Manfredi. Secondo me la forza di questi personaggi è che hanno delle debolezze, spesso nella commedia il personaggio è solamente una patina, invece, qui ci sono molte debolezze, non solo nei personaggi di Crocetta o di Malachìa, ma anche Gilda è una donna sola che viene cacciata di casa […]. Da qui nasce questa mia voglia di fare dei personaggi comici, ma con un grande background in cui tutti possono immedesimarsi”.

D: Com’è stato lavorare con questo team di donne?
Vinicio Marchioni: “Sicuramente una delle motivazioni per cui sono qui è perché la sceneggiatura era meravigliosa poiché tutti i personaggi erano scritti a 360°. Dopo il ruolo del Freddo (nella serie Romanzo criminale, ndr), 20 sigarette e Sulla strada di casa era importante per me vedere se ero in grado di cimentarmi anche in una commedia. In particolare in questa commedia mi faceva ridere l’idea di essere preso a schiaffi a ogni scena da queste tre attrici straordinarie. Quello di Malachìa è un ruolo che mi ricorda moltissimo i maschi interpretati dai nostri grandi maestri perché è un omuncolo che cerca di fare il grande seduttore, l’uomo tutto d’un pezzo, in realtà è un uomo assolutamente da solo […] per cui mi divertiva l’idea di mettermi in discussione come attore con un ruolo che avesse queste caratteristiche”.

#IMG#D: Com’è stato entrare in questo ruolo di Crocetta che muta nel corso del film?
Sabrina Impacciatore: “Non mi è sembrato vero di incontrare Crocetta nel mio percorso. Quando ho letto la sceneggiatura sono rimasta folgorata innanzi tutto perché era una storia al femminile e di storie al femminile non ne realizzano dagli Anni ’60 […]; i ruoli femminili sono piuttosto ornamentali nella commedia. Noi con questo film abbiamo l’ardua missione – infatti siamo terrorizzate – di dimostrare che anche le femmine possono far ridere e interpretare dei ruoli più rotondi, più sfaccettati e complessi e meno stereotipati di quello che solitamente si vede nel cinema italiano. Credo che questa sia una grande occasione per rappresentare le donne in una forma diversa, infatti noi tre ci sentiamo un po’ delle pioniere grazie all’idea che ha avuto Giorgia e alla sua capacità di realizzarla e speriamo tanto che questo esperimento venga sostenuto dalle donne italiane, ma anche dagli uomini perché questo non è un film solo per le donne, è ovvio che noi ci dedichiamo istintivamente alle donne […] ma anche gli uomini si divertono tantissimo.
Rispetto Crocetta è sulla carta un personaggio di cui ci si innamora immediatamente, è molto raro trovare dei personaggi che ti permettono di fare il lavoro dell’attore e quindi potersi trasformare, poter lavorare sulla gestualità. Io ho fatto un lavoro che mi ha appassionato perché è partito dalla gestualità, dalla camminata che io ho cercato nelle strade della città […], volevo individuare una camminata che rivelasse che Crocetta non avesse confidenza col suo corpo, che non era mai stata toccata da un uomo se non forse una volta, ma di sfuggita; volevo che dimostrasse di volersi difendere dal mondo perché vive il mondo come qualcosa da cui difendersi. Partendo dalla camminata, dalle mani congiunte, dalle braccia lungo i fianchi e quindi da un atteggiamento corporeo che comunica chiusura e autodifesa, ho potuto poi evidenziare la differenza nel momento in cui lei da brutto anattrocolo si trasforma in una bella papera. Dopo questa trasformazione anche la gestualità cambia perché scopre un riscatto attraverso la complicità e lo sguardo affettuoso di altre due ragazze che la salvano da questo destino infausto a cui sembrava condannata”.

D: Come hai intuito le corde comiche di Vinicio Marchioni?
Come avete lavorato sul piano recitativo avendo letto che in sceneggiatura i personaggi erano stati caricati, mentre voi siete riusciti a non renderli delle macchiette?
G. Farina: “Prima della regista ha parlato la donna.

Nella scelta credo che bisogna andare un po’ a pelle, mi stavano tutti simpatici quindi ho pensato a delle persone con le quali volevo lavorare. Per Vinicio avevo visto i suoi lavori precedenti ed ero sicura che avrebbe potuto interpretare una commedia perché avevo visto delle cose che potevano far capire che c’era la possibilità di raccontare anche dei toni più leggeri e sicuramente la prima parte di 20 sigarette mi ha aiutato molto a capire il suo grande spettro di recitazione.
Per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi, non erano particolarmente scritti come delle macchiette, sono un po’ come degli stereotipi, poi abbiamo lavorato molto cercando di trovare una backstory […] ad esempio per Malachìa abbiamo immaginato un uomo che vive da solo in una casa sporchissima e che la sera si compra un kebab […]. Quello che dico io è una piccola cosa, poi sta a loro continuare”.
S. Impacciatore: “Lei, pur essendo al primo film, aveva sempre il senso della temperatura delle cose, per questo il film poi ha una sua coerenza e un suo equilibrio tra i vari registri. Amiche da morire è un film dove si spinge l’acceleratore anche perché nella storia succedono delle cose ai limiti della credibilità. Io credo che il segreto di questo film stia nella sospensione tra l’essere credibile e l’essere una fiaba e questo è un equilibrio che è stato raggiunto anche fotograficamente, scenograficamente ed è una grande qualità di regia perché vuol dire avere in testa il senso di quello che dovrà accadere”.

D: Com’è stato il clima sul set?
Claudia Gerini: “Si sentiva un certo girl power perché a cominciare da produzione, regia e attrici c’era una certa presenza di femmineo […]. Eravamo contente di lavorare insieme […]. Le tre protagoniste e le attrici che le intepretano sono donne così diverse ma allo stesso tempo complementari, c’è stata, infatti, una buona chimica tra di noi.
Con Giorgia ci siamo prese anche la libertà di provare delle cose e quindi il divertimento è stato massimo”.
Cristiana Capotondi: “In questo film si respira un clima che è dovuto alla nostra alchimia e alle condizioni produttive […].
Ci divertivano talmente tanto i personaggi delle altre che quando nell’armonia di una scena c’era una chiusura di Olivia o di Crocetta o di Gilda, noi tre ci confrontavamo e si sacrificava la battuta per il bene comune di quella scena quindi io sono compartecipe con le altre al 33%”.
Raffaella Leone: “Sul set si respirava l’aria di divertimento, capacità, esperienza e nelle scene a tre l’una esaltava l’altra”.

D: Potrebbe essere un nuovo inizio di filone di cinema al femminile?
C. Gerini: “Speriamo. […] Non sono donne che vogliono fare gli uomini; sono donne femmine femmine, con l’istinto, l’astuzia, anche un po’ di follia, è una surrealtà possibile; è auspicabile, infatti, che nella diversità si uniscano, nell’amicizia ognuna ha qualcosa dell’altra […]. Io imparo tanto dalle mie amiche, l’amica è quella che ti fa aprire gli occhi, è quella che ti dà uno sguardo dal di fuori volendoti bene”.
R. Leone: “La cosa difficile è trovare un film che abbia questa forza nella sceneggiatura. […] Ci sono queste tre componenti in ognuna di noi. Il bello di questa storia è che alla fine del film le tre protagoniste prendono un po’ l’una dall’altra, i ruoli si mescolano […]. Questo film prende un po’ in giro gli uomini; i loro difetti vengono fuori ma con tenerezza e benevolenza, senza cattiveria”.

Dalla nostra inviata Maria Lucia Tangorra