Scheda film
Regia: Kathryn Bigelow
Sceneggiatura: Mark Boal
Fotografia: Greig Fraser
Montaggio: William Goldenberg, Dylan Tichenor
Scenografie: Jeremy Hindle
Costumi: George L. Little
Musiche: Alexandre Desplat
USA, 2012 – Azione – Durata: 157′
Uscita: 7 febbraio 2013
Cast: Jessica Chastain, Joel Edgerton, Chris Pratt, Jason Clarke, Joel Edgerton, Kyle Chandler, Mark Strong
Distribuzione: Universal Pictures
Kill bin!
Affermare senza dubbio alcuno che Kathryn Bigelow è una grande cineasta vuol dire scoprire l’acqua calda, non a caso è stata la prima, e finora unica, donna a vincere il premio Oscar come miglior regista, nel 2010 con il film The Hurt Locker, di cui era anche produttrice. Ribadirlo dopo aver visto la sua ultima fatica dietro la macchina da presa, il controverso e tanto (in)atteso (dal pubblico, dagli addetti ai lavori, di certo non dai rappresentati del Potere) Zero Dark Thirty, incentrato sulla caccia e l’uccisione di Osama bin Laden, non deve essere però scontato, né apparire come un’inevitabile concessione, perché l’errore più grossolano che un regista possa fare dopo un clamoroso successo è proprio quello di adagiarsi sugli allori, dare per scontato che tutto gli sia dovuto, compresa una riconferma. Al contrario, la strada si fa ancora più in salita, le aspettative nei confronti dell’opera successiva si quadruplicano e le possibilità di ricevere critiche feroci aumentano a dismisura. È nella capacità di schivare queste sabbie mobili nelle quali in moltissimi sono scivolati, nel saper dribblare le tentazioni che un successo può far materializzare come funghi in un bosco davanti agli occhi di colui che lo attraversa – in particolar modo se hai a che fare con Hollywood e nella bacheca di casa conservi gelosamente una statuetta luccicante con il tuo nome impresso a caratteri cubitali sulla targhetta – che si vede se sei o non sei un cineasta con la “C” maiuscola. Kathryn Bigelow lo è, in primis per la capacità di rinnovarsi film dopo film, ma soprattutto per il coraggio dimostrato nello scegliere questa o quell’altra storia e il fatto di aver puntato il suo obiettivo verso la più lunga e complessa caccia all’uomo mai portata avanti dagli Stati Uniti, come quella nei confronti del fondatore e leader di al-Qā’ida, rappresenta l’ulteriore e a questo punto definitiva riprova.
Con un materiale così scottante, non privo di zone d’ombra e coperto sotto un velo spesso di segretezza, c’era da farsi tremare i polsi (come accaduto a John Stockwell che sulla stessa vicenda ha realizzato il pessimo Code Name: Geronimo), eppure la regista americana non si è tirata indietro, portando sul grande schermo un’opera che, nei suoi 160 e passa minuti, ripercorre step by step le fasi salienti che dall’11 settembre, dopo una latitanza durata tre amministrazioni presidenziali e una serie di attentati mortali, hanno portato alla missione dell’1 maggio 2011, nella quale bin Laden fu ucciso in un conflitto a fuoco all’interno di un complesso residenziale ad Abbottabad, in Pakistan, dai Navy SEAL statunitensi e da agenti CIA nel corso di un’operazione segreta ordinata da Barack Obama. Una missione avvenuta proprio nel cuore della notte come recita il titolo della nona pellicola diretta dalla Bigelow, ossia “Zero Dark Thirty”, che nel gergo militare americano indica una qualsiasi ora compresa tra mezzanotte e le quattro del mattino; operativamente la fascia oraria in cui si fanno di preferenza le incursioni.
Puntuali sono, infatti, arrivate le critiche bipartisan da parte di alcuni rappresentati della politica a stelle e strisce poco dopo l’uscita nelle sale lo scorso 19 dicembre 2012 (in Italia a partire dal 7 febbraio 2013 con Universal Pictures), in particolare dai senatori Dianne Feinstein, Carl Levin e John McCain, che hanno inviato una lettera all’amministratore delegato di Sony Pictures Entertainment, Michael Lynton, nella quale sostengono che il film non sia altro che una versione romanzata del blitz al compound del leader di al-Qā’ida, con errori grossolani e particolari inesatti. Tra le inesattezze presenti nel film figurerebbe anche l’uso da parte degli agenti della CIA e dei militari di alcuni tecniche di tortura inflitte ai prigionieri per estorcere informazioni sul nascondiglio di bin Laden, come ad esempio il “waterboarding”, che consiste in una specie di annegamento controllato. La regista non ha risparmiato alla platea scene che ne mostrano l’utilizzo, commentando che eliminarle dal final cut sarebbe stato un modo per oscurare parte della storia. Personalmente, per quanto possa valere, ci schieriamo al fianco della Bigelow per un semplicissimo motivo: la stessa tecnica e molte altre sono già state mostrate al cinema, basti pensare a Taxi to the Dark Side di Alex Gibney (Oscar nel 2008), Rendition di Gavin Hood e The Road to Guantanamo della coppia Winterbottom-Whitecross (Orso d’Argento al Festival di Berlino nel 2006), senza dimenticare Syriana di Stephen Gaghan (Oscar e Golden Globe come attore non protagonista a Clooney). A questo punto viene da pensare che le polemiche siano legate al fatto che sia stata la regista californiana a mostrarle, a metterle in quadro senza risparmiare allo spettatore dettagli sul come, sul quando, su chi e soprattutto da chi queste sono state utilizzate. Di conseguenza, nasce il dubbio: se quelle stesse scene incriminate avessero mostrato militari e civili occidentali torturati da terroristi o presunti tali, avremmo avuto comunque rimostranze? C’è da aggiungere per diritto di cronaca, che pare sia stato lo stesso presidente Obama a dare libero accesso alla Bigelow ed il suo team per fare ricerche sulla missione più segreta della storia americana, tanto da essere stato accusato di aver messo a repentaglio la sicurezza nazionale con quella decisione. Fatto sta che negli Stati Uniti il film è stato classificato “R” dalla Motion Picture Association of America (vietato ai minori di 17 anni se non accompagnati), per gli alti contenuti di violenza delle immagini e del linguaggio. Lasciamo a voi l’ardua sentenza.
Polemiche a parte, Zero Dark Thirty è un altro straordinario tassello di una filmografia altrettanto straordinaria, con il quale la Bigelow continua a percorrere in maniera impeccabile le vie del genere, dimostrando una versatilità rara nella cinematografica nordamericana. Una caratteristica che le ha permesso in trentaquattro anni di onorata carriera di passare illesa dall’esordio indipendente dal retrogusto anni Cinquanta The Loveless all’atipico horror vampiresco contemporaneo dalle sfumature “esistenziali” Il buio s’avvicina, dal poliziesco in odore di serial-thriller Blue Steel all’action a base d’inseguimenti e rapine in banca Point Break, dall’avvincente racconto fantascientifico non privo di contenuti morali Strange Days al dramma in chiave giallo Il mistero dell’acqua, per chiudere in bellezza con i war movies K-19, claustrofobico film di guerra ambientato in un sottomarino della marina sovietica e il già citato The Hurt Locker, incentrato su un gruppo di artificieri e sminatori dell’esercito statunitense in missione in Iraq. L’esplorazione del ventaglio dei generi passa ora per la spy story a sfondo bellico proprio con Zero Dark Thirty.
Scritto dal sodale Mark Boal, il film è un ottovolante di emozioni abilmente costruito su uno scheletro drammaturgico in tre atti. Il prologo mette subito in chiaro le cose, riportando lo spettatore a quel maledetto 11 settembre, rivissuto nel buio di uno schermo nero attraverso gli strazianti stralci audio originali delle chiamate di soccorso provenienti dalle Torri Gemelle e dallo United 93 (la mente torna all’episodio diretto da Alejandro González Iñárritu del film collettivo 11’09”01). Da quel momento, l’asticella della suspence sale e scende in continuazione, mentre la tensione da latente si fa via via sempre più presente fino ad attaccarsi con le unghie e con i denti alle scene e ai personaggi che le animano dall’interno, un ensemble che lascia spazio alle incursioni individuali e al punto di vista della giovane agente della CIA Maya (una Jessica Chastain in stato di grazia e in odore di Oscar). Il controcampo è un nemico tentacolare, invisibile e multiforme, mentre il bersaglio principale da eliminare resta, dal primo all’ultimo fotogramma utile, un fantasma, anche quando a questo viene strappata via la vita da una serie di proiettili.
Zero Dark Thirty non è biopic su bin Laden, né un’opera filo-patriottica per esaltare le gesta di coloro che lo hanno scovato e terminato, tantomeno l’ennesimo film sul terrorismo come Attacco al potere o The Kingdom, bensì una rendicontazione cinematografica di uno degli eventi più discussi ma meno conosciuti dei tempi moderni. Il risultato è un film tanto profondo e provocatorio, quanto scioccante e reale, ispirato, per la narrazione degli avvenimenti, al New Journalism degli anni 60, quando grandi scrittori americani hanno iniziato ad applicare le tecniche della letteratura alla descrizione di fatti reali della cronaca giornalistica. In questo senso, la nona fatica della Bigelow aspira, riuscendoci, a rappresentare la fusione perfetta tra il reportage ed il genere letterario. Il tutto si traduce in uno script solido e ben costruito, eretto lungo un arco temporale che dagli attentati conduce all’uccisione di bin Laden negli ultimi potentissimi quaranta minuti da gustare in apnea (le riprese in soggettiva in modalità night shot mescolate con le oggettive sono da brividi e calano lo spettatore nel vivo dell’azione), quanto occorre alla Bigelow per mettere in scena l’atto conclusivo del racconto e allo stesso tempo di una complicata caccia all’uomo. Prima di passare dalle parole ai fatti, con un’autentica scarica di adrenalina, devono trascorrere però due ore circa di cinema di altissimo livello, nelle quali la regista e Boal preparano narrativamente il campo per il raid. Per farlo si appoggiano ai fatti e alle loro più fedeli ricostruzioni (gli attentati del 7 luglio 2005 a Londra e quello all’hotel Marriott di Islamabad del 20 settembre 2008), ai metodi più o meno leciti di ricerca e raccolta informazioni utilizzati nelle prigioni segrete sparpagliate alle varie latitudini, ma anche ai materiali di repertorio, sapientemente mescolati così da diventare una cosa sola con il resto del girato.
Voto: * * * *560
Francesco Del Grosso
Alcuni materiali del film:
“IL RIFUGIO DI OSAMA BIN LADEN”
INTERVISTA A JESSICA CHASTAIN (sottotitoli in italiano)
INTERVISTA A KYLE CHANDLER (sottotitoli in italiano)
INTERVISTA A JOEL EDGERTON (sottotitoli in italiano)
INTERVISTA ALLO SCENEGGIATORE MARK BOAL (sottotitoli in italiano)
INTERVISTA A MARK STRONG (sottotitoli in italiano)
Zero Dark Thirty – Candidato a 5 premi Oscar®
IL SIGNIFICATO DI ZERO DARK THIRTY (sottotitoli in italiano)
BROLL – LE IMMAGINI DIETRO LE QUINTE DI ZERO DARK THIRTY – PARTE 1