Scheda film
Regia: Enrico Lando
Soggetto: Fabrizio Biggio, Francesco Mandelli, Martino Ferro
Sceneggiatura: Fabrizio Biggio, Francesco Mandelli, Martino Ferro, Mizio Curcio, Antonio Manzini
Fotografia: Massimo Schiavon
Montaggio: Pietro Morana
Scenografie: Francesca Fezzi
Costumi: Elisabetta Bertellini
Musiche: Gnu Quartet e Filo Q, con i brani di Club Dogo e Emis Killa
Suono: Francesco Liotard
Italia, 2012 – Commedia – Durata: —
Cast: Francesco Mandelli, Fabrizio Biggio, Miriam Giovanelli, Teo Teocoli, Silvia Cohen, Gianmarco Tognazzi, Rosita Celentano
Uscita: 20 dicembre 2012
Distribuzione: Medusa
Coprolalìa, tutte le feste spazza via…
Ruggero De Ceglie (Francesco Mandelli), volgarissimo personaggio a capo di un impero di baracchini di würstel, sta accompagnando al matrimonio il vessato figlio Gianluca (Fabrizio Biggio), entrambi inseguiti da una coppia di killer russi (sempre Mandelli e Biggio). Mentre le loro vicende vengono complicate dalla Guardia di Finanza che sta dando la caccia a Ruggero per evasione fiscale e dalla perdita di memoria di Gianluca in seguito ad un incidente provocato da due Pirati della Strada (ancora Mandelli e Biggio), scorrono una serie di improbabili caratteri, a partire dai due sacerdoti rapper destinati a celebrare la cerimonia ai due bambini che sperimentano la fabbricazione di nuove droghe fino ai due coatti milanesi che stanno guardando il film, tutti interpretati dai due giovani attori ed autori, ideatori ed interpreti della celeberrima serie in onda su MTV.
Dopo il grosso, inaspettato successo del film precedente, il pragmatico produttore Pietro Valsecchi dev’essersi retoricamente chiesto: “E che, non ne facciamo un altro?!”. Ecco quindi, introdotto da un goliardico ammonimento in didascalia in stile Jackass, il secondo capitolo della trasposizione cinematografica delle coprolaliche idiozie firmate Biggio e Mandelli, di cui forse non tutti sentivano l’esigenza.
Parentesi meta-cinematografiche, citazioni filmiche a raffica, da Ghost a Tarantino, passando per The karate kid, oltre all’autoironia del produttore (anche di fiction poliziesche) Valsecchi, con la serie TV “I poliziotti scorreggioni 5”, insieme a riferimenti musicali che vanno dalla sigla di Jeeg Robot d’acciaio a quella di Lupin III, tradiscono però una cifra molto infantile ed un orizzonte culturale molto limitato.
Quello che non funziona nell’intero concept dei I soliti idioti, e soprattutto questo film, è una volgarità stucchevole e fine a se stessa, che ricorda quella del gruppo musicale romano Prophilax, sentita una canzone dei quali, si sorride un po’, ma è come averle sentite tutte. Qui alla decima “merda”, al ventesimo “cazzo” ed all’all’ennesimo “vaffanculo” lo spettatore medio over 18, sopravvissuto a Berlusconi ed ancora in balìa della crisi economia, ma pur con qualche neurone rimasto in zucca, è saturo ed il suo cervello, già provato, si spegne per overload.
Ma il problema de I soliti idioti va ancora oltre, poiché non risiede tanto nella volgarità in sé, che in altri casi è stata enorme veicolo per infiniti messaggi più elevati: si pensi al Proietti nel ruolo dell’attore “moderno con il gusto per la parolaccia” che, sbeffeggiando più paludati colleghi, urla, stereo-amplificato, “Limortaccituaaa!” o al pacifista “Il petomane” interpretato da Ugo Tognazzi o ancora a tutta la commedia all’italiana che faceva delle “male parole” un uso funzionale, come una benedicente ciliegina sulla torta. Il vero problema de I soliti idioti è che invece sembra voler utilizzare tutto quello che ci costruisce intorno, compresa quella critica di costume all’acqua di rose (il prof. Pelosi, interpretato da Teo Teocoli, sarebbe simbolo del rigore incarnato dall’attuale presidente del Consiglio Mario Monti e per questo viene fatto fuori da due killer non a caso russi: che genialata!), per contrabbandare volgarità fine a se stessa e niente più.
Ad applaudirli solo un pubblico di minorenni (forse anche minorati), con conseguente, strategico spostamento a livelli più interni e cruciali del progressivo imbarbarimento culturale del paese in atto da almeno trent’anni.
Voto: * **
Paolo Dallimonti