Scheda film
Regia: Giulio Manfredonia
Soggetto e Sceneggiatura: Antonio Albanese, Piero Guerrera
Fotografia: Roberto Forza
Montaggio: Cecilia Zanuso, Roberto Martucci
Scenografie: Marco Belluzzi
Costumi: Roberto Chiocchi
Musiche: Paolo Buonvino
Suono: Marco Grillo
Italia, 2012 – Commedia – Durata: 90′
Cast: Antonio Albanese, Fabrizio Bentivoglio, Luigi Maria Burruano, Massimo Cagnina, Maximilian Dirr, Lorenza Indovina, Alfonso Postiglione
Uscita: 13 dicembre 2012
Distribuzione: 01 Distribution
Uno e trino
Mentre si consuma l’ennesimo atto del teatrino della politica nostrana, tra primarie, cadute di Governo e temuti ritorni, Antonio Albanese torna nelle sale a distanza di due anni dal successo di Qualunquemente con Tutto tutto niente niente. Con la bellezza di settecento copie messe a disposizione da 01 Distribution, il film prova a farsi largo nell’affollato cartellone pre e post natalizio, orfano dopo decenni del tradizionale cinepanettone, dove però troverà ad aspettarlo l’attesissimo Lo Hobbit con il suo carico di novecento copie al seguito. A metà tra un sequel e un cross-over (con Qualunquemente che può assumere il valore di uno spin-off), la pellicola affidata ancora una volta alle regia di Giulio Manfredonia ci consegna un Albanese uno e trino, costretto per la causa del box office a triplicarsi per tornare a vestire nuovamente i panni di Cetto La Qualunque, per poi infilarsi in quelli di altri due storici personaggi della sua celebre galleria: Rodolfo Favaretto e Frengo Stoppato. Il rischio di trovarsi al cospetto di una minestra riscaldata di sketch era piuttosto elevato, rischio fortunatamente scongiurato grazie alla capacità di Albanese & Co. di rinnovare le maschere a disposizione a seconda dello scenario nelle quali queste vengono chiamate in causa. Il passato ci ha insegnato, infatti, che non tutte le ciambelle escono con il buco, ne sa qualcosa ad esempio Panariello che, come il primo Verdone, ma non con gli stessi indimenticabili esiti, tentò miseramente nel 1999 con Bagnomaria di quadruplicarsi portando al cinema un poker di personaggi della sua scuderia.
In Tutto tutto niente niente trovano spazio tre storie, tre personaggi con un destino che li accomuna: la politica con la “p” minuscola. Cetto La Qualunque, il politico “disinvolto” che abbiamo imparato a conoscere, questa volta alle prese con una travolgente crisi politica e sessuale (in lui le due cose viaggiano sempre di pari passo). Rodolfo Favaretto, che rincorre il sogno secessionista di un nordista estremo, e che per vivere e combattere la crisi commercia in migranti clandestini. Frengo Stoppato, un uomo stupefacente, in tutti i sensi, che torna dal suo buen retiro incastrato da una madre ingombrante, con un sogno semplice semplice: riformare la chiesa e guadagnarsi la beatitudine. Ai tre improbabili protagonisti, gli autori associano altrettanti mondi, visioni, interpretazioni e temi, quest’ultimi esasperati da una realtà deformata e cinicamente bersagliata.
Si cambiano le carte in tavola, ma lo scopo resta il medesimo, ossia ridurre a brandelli quel vergognoso spettacolo che quotidianamente va in scena nelle stanze dei bottoni, sotterrandolo sotto il peso di una fragorosa risata. Per far ciò c’è bisogno però di una certa elasticità mentale del pubblico di turno, chiamato a entrare in contatto con una comicità che per denunciare e condannare certe tipologie di atteggiamenti negativi della mala politica passa attraverso le mostruosità e una rappresentazione cinica, negativa ed esasperata all’ennesima potenza del Potere e di coloro che lo esercitano. In tal senso, Cetto, Olfo e Frengo, ne rappresentano la manifestazione più evidente, parte di una fauna che dal carcere si ritrova nel grande circo del Parlamento.
Lo script si lascia contaminare e influenzare sin dalla fase di scrittura dal periodo storico, ma non dall’attualità, anche se a giudicare dalle vicende politiche degli ultimi mesi sembrerebbe il contrario. Come già accaduto con il capitolo precedente, infatti, siamo nuovamente al cospetto di un film che non insegue la cronaca, ma viceversa. Quando si dice che l’immaginazione supera la realtà, tanto da materializzare nello script prima e sullo schermo dopo riferimenti a cose e persone che se non fossero state concepite mesi or sono lascerebbero pensare a uno studio a tavolino da parte degli autori..
Il risultato è una commedia politicamente scorretta, divertente e a tratti travolgente che alza di un paio di tacche l’asticella delle risate rispetto a Qualunquemente, mescolando senza soluzione di continuità l’alto e il basso, ironia greve, grottesco, un pizzico di dramma e satira feroce. Sta proprio qui il segreto della comicità di Albanese, che trova in una squadra collaudata e in qualche new entry davanti (Fabrizio Bentivoglio e Lunetta Savino) e dietro la macchina da presa, la spalla ideale per piazzare un altro colpaccio al botteghino tricolore; Peter Jackson permettendo.
Voto: * * *½
Francesco Del Grosso