Scheda film
Regia e Soggetto: Paolo Franchi
Sceneggiatura: Paolo Franchi, Daniela Ceselli, Rinaldo Rocco, Heidrun Schleef
Fotografia: Cesare Accetta, Enzo Carpineta
Montaggio: Alessio Doglione, Paolo Franchi
Scenografie: Gian Maria Cau
Costumi: Alessandro Lai
Musiche: Philippe Sarde
Suono: Mario Iaquone, Francesco Liotard
Nazione, Anno – Genere – Durata: 89′
Cast: Isabella Ferrari, Jean-Marc Barr, Luca Argentero, Filippo Nigro, Eva Riccobono, Anita Kravos, Jean-Pierre Lorit
Uscita: 22 novembre 2012
Distribuzione: Officine UBU
Sale: 35
E lo chiamano film…
Dino (Jean-Marc Barr) è un quarantenne affetto da una complessa turba sessuale: pur innamorato della compagna e coetanea Anna (Isabella Ferrari), non riesce ad avere rapporti intimi con lei. Cosa che invece raggiunge altrove, frequentando club privée ed incontrando coppie scambiste o pagando prostitute. E, come se non bastasse, va alla ricerca degli ex della sua amata, per indagare come fossero le loro relazioni o addirittura per supplicarli di avere rapporti con lei, quasi a surrogare la propria impotenza. Dal canto suo Anna non sa davvero come comportarsi, senza riuscire a trovare una soluzione, non volendo in nessuno modo interrompere la loro storia. Intanto gli atteggiamenti di Dino si fano sempre più assurdi, fino ad un ultimo, estremo gesto…
Quasi due minuti di luna riflessa nell’acqua sulla riva del mare, con sottofondo la canzone di Bruno Martino che ha ispirato il titolo; quindi stacco sull’organo genitale della co-protagonista Isabella Ferrari inquadrato in primo piano. In queste due scene sta tutto il film di Paolo Franchi, che già prima della sua uscita in sala è diventato un caso: lunghe, interminabili attese più sesso.
Accolto male dalla stampa nel corso di una tormentata proiezione riservata al Festival Internazionale del Film di Roma 2012 in cui era in concorso, E la chiamano estate ha scatenato una virulenta conferenza stampa in cui giornalisti e cast hanno fatto a gara a chi fosse maggiormente piccato. Sepolti gli incidenti e con essi la pellicola, alla premiazione la giuria sorprende tutti: non solo premia la Ferrari come Migliore Attrice della manifestazione, prontamente contestata in sala da parte degli astanti, ma assegna a Paolo Franchi il Premio per la Migliore Regia, che gli intolleranti oppositori, appena zittiti, non riescono neanche a fischiare, scatenando l’indomani sulla carta stampata una serie di ingiustificate illazioni su quanto sia facile prendersela col gentil sesso. Ma non è finita qui: la vedova di Bruno Martino, senza neanche aver visto il film, a pochi giorni dalla sua uscita in sala pone un veto, ritenendo che il film, a suo dire pornografico e scabroso, possa ledere la memoria del defunto marito.
C’è forse bisogno di aggiungere altro circa un’opera che, nel bene o nel male, ha già ampiamente solleticato la pruderie dello spettatore italiano medio? Sì: il film, nella sua fotografia inutilmente patinata e sovraesposta, nella sua sceneggiatura improbabile e sul filo del ridicolo involontario, ma scritta ad otto mani, nell’interpretazione della sua protagonista femminile costantemente in scena in assenza di biancheria intima, nelle sue banali metafore (come quella dell’acqua), nelle sue ossessive e frustranti reiterazioni (la lettera d’addio di Dino mostrata – abbiamo perso il conto! – tra le quattro o le cinque volte), nel suo catalogo di battute memorabili e “skult” (la platea maschile si è segnata, per future citazioni di fronte ad un eventualmente riluttante altro sesso, la seguente: “Una scopata non si nega a nessuno!”) è indifendibile su tutti i fronti.
Così come è indifendibile la Ferrari, che, per farsi perdonare le commedie degli esordi all’ombra degli anni ottanta, ormai da tempo sta cercando di farsi una seconda verginità nel cinema d’autore, senza però molta fortuna.
Chi è veramente meritorio di commiserazione è invece proprio Jean-Marc Barr (Le grand bleu e molti film di Lars von Trier), ritrovatosi suo malgrado in un’operazione del genere, la cui presenza è resa ancor più indigesta dal solito doppiaggio enfatico. E non possiamo pure non compatire la povera Nicoletta Mantovani vedova Pavarotti, qui in veste di produttrice che, dopo aver tentato la strada del teatro con lo sfortunato musical “Rent” che incassò ben poco, prova ora incautamente la via del cinema con il terzo film di Paolo Franchi. Viste le premesse, se il detto “anche male, purché se ne parli” funzionasse veramente, potrebbe pure riservarle qualche sorpresa.
RARO perché… è un film tanto ambizioso quanto poco riuscito.
Voto: * **
Paolo Dallimonti