Scheda film
Regia: Jonathan Dayton, Valerie Faris
Soggetto e Sceneggiatura: Zoe Kazan
Fotografia: Matthew Libatque
Montaggio: Pamela Martin
Scenografie: Judy Becker
Costumi: Nancy Steiner
Musiche: Nick Urata
USA, 2012 – Commedia – Durata: 104′
Cast: Paul Dano, Zoe Kazan, Annette Bening, Chris Messina, Antonio Banderas, Aasif Mandvi, Steve Coogan
Uscita: 6 dicembre 2012
Distribuzione: 20th Century Fox
Se mi lasci ti correggo
Calvin Weir-Fields è un giovane scrittore che quando era poco più che un adolescente è stato letteralmente travolto dal successo sorprendente del suo romanzo d’esordio: ora a distanza di qualche anno e dopo aver pubblicato un po’ di racconti brevi è giunto per lui il momento di confrontarsi con un’opera seconda ma mentre le richieste dell’editore si fanno sempre più pressanti lui fatica a trovare una fonte d’ispirazione fin quando una notte non sogna una ragazza, una sorta di musa onirica alla quale dà il nome Ruby. Tutto sembra filare liscio ma una mattina Calvin si accorge che Ruby si è letteralmente materializzata in casa sua e che lui può ancora controllarla attraverso la scrittura.
A sei anni dal successo planetario del loro debutto cinematografico (Little Miss Sunshine) la coppia formata da Jonathan Dayton e Valerie Faris torna dietro alla macchina da presa con una romantic-comedy atipica, permeata dall’allure estetico e formale dell’indie americano più “di tendenza” e di facile appeal sul pubblico, dando vita a un progetto sicuramente furbetto ma anche interessante.
Al di là dell’approccio surreale e fantasioso della storia (“Mi crederanno pazzo se racconterò questa storia!” esclamerà Calvin ricevendo una lapidaria quando veritiera risposta “No, crederanno che sia un racconto di fantasia”), Ruby Sparks affronta il tema dell’amore disfunzionale, quello nel quale uno dei due esercita un controllo totale sull’altro e sfrutta la sua personalità e il suo presunto diritto all’essere ricambiati nei sentimenti per plasmare la persona che ha di fronte in funzione dei propri desideri, dando vita a un amore malato e deforme, frutto più della fascinazione rispetto a “un’idea” e a “un’immagine” dell’altro piuttosto che alla reale esistenza del partner.
Scritto e sceneggiato dalla brava Zoe Kazan (qui nel ruolo anche di attrice protagonista), il film – con un occhio ai grandi classici della letteratura, da Mary Shelley alle varie reinterpretazioni del mito di Pigmalione – racconta le frenesie e le inquietudini di un giovane uomo fragile, che trova nel supporto psicanalitico il suo unico riferimento e che fatica a reagire di fronte alle piccole grandi difficoltà della vita: per questo trova nella figura perfetta e malleabile di Ruby la soluzione ai suoi problemi di inadeguatezza, alla paura di essere frainteso e abbandonato.
Commedia leggera che in realtà racchiude in sé un cuore ben più serio e profondo, Ruby Sparks affronta con delicatezza e con l’ausilio del surrealismo una riflessione sempre più attuale sul ruolo e la forma dell’amore, sul sentimento come esercizio di potere e sul possesso maniacale come tomba della spontaneità e della naturalezza delle emozioni: la favola romantica di Calvin e Ruby si trasforma ben presto in una gabbia ambigua, nella quale all’aumentare delle paure e paranoie di lui corrisponde una esponenziale crescita delle “correzioni” della sua compagna che finisce per trasformarsi in una copia sbiadita, squilibrata e inevitabilmente sopra le righe della donna della quale si era innamorato (sia pure in sogno).
La colonna sonora ricalca in pieno il mood “indie-pop” della pellicola con musiche originali composte da Nick Urata, voce e polistrumentista dei DeVotchKa, e suggestioni francofone tratte dalla discografia dei Plastic Bertrand e di Sylvie Vartan, ma il vero fiore all’occhiello del film sono senz’altro le interpretazioni dei due bravi protagonisti, dalla già citata Zoe Kazan al sempre più versatile e mimetico Paul Dano, qui davvero eccellente nel calarsi nelle paranoie e negli slanci emotivi di Calvin.
Certo non mancano digressioni un po’ superflue (tra cui la parentesi new-age con Annette Bening nel ruolo di una mamma anticonformista e Antonio Banderas in quelli del suo nuovo eclettico e pseudo-spirituale compagno), rallentamenti più o meno evidenti nel corso della narrazione e Ruby Sparks finisce per palesare tutte le sue incertezze e imperfezioni, dimostrando però di riuscire comunque a dare forma a un racconto coerente nel suo sviluppo, capace di ragionare con intelligenza sui temi della storia senza eccessivi e fastidiosi didascalismi: Jonathan Dayton e Valerie Faris confermano di saper osservare con leggerezza la bizzarria dell’umanità nelle sue tante contraddizioni, trovando nei nuclei familiari (sia in Little Miss Sunshine che qui) la fonte di tutte quelle domande sull’amore e la sua profonda incomprensibilità.
Con un pizzico di approccio à la Woody Allen, Ruby Sparks racconta l’amore in tutte le sue forme e di come l’egoismo e la paura di essere messi in discussione possa inaridire anche il più puro e magico dei sentimenti: l’amore come prigionia, la perfezione del rapporto come sregolata corsa all’inseguimento di tutte quelle piccole e normali crepe che animano ogni relazione, la disperata paura della solitudine prendono forma in una girandola di avvenimenti che porterà il protagonista a scoprire i volti più torbidi e malati del sentimento dandogli però forse la possibilità di imparare a relazionarsi davvero con il mondo e con gli altri e non con le loro proiezioni.
Ruby Sparks è un progetto calibratissimo, concepito in ogni dettaglio per riuscire a catalizzare l’empatia del pubblico ma che pur con tutti i suoi difetti sa trovare la propria dimensione.
Voto: * * *¼
Priscilla Caporro
Alcuni materiali del film: