Scheda Film
Titolo originale: Gone girl
Regia: David Fincher
Soggetto: Gillian Flynn, dal romanzo omonimo
Sceneggiatura: Gillian Flynn
Fotografia: Jeff Cronenweth
Montaggio: Kirk Baxter
Scenografie: Donald Graham Burt
Costumi: Trish Summerville
Musiche: Trent Reznor e Atticus Ross
USA, 2014 – Thriller – Durata: 149′
Cast: Ben Affleck, Rosamund Pike, Neil Patrick Harris, Tyler Perry, Carrie Coon, Kim Dickens
Uscita: 18 Dicembre 2014
Distribuzione: 20th Century Fox
Wanted Dead or Alive
Una splendida chioma di capelli biondi apre la pellicola e il nostro pensiero naviga verso acque calme, un senso di sicurezza materno ci pervade, ma di li a poco l’interpretazione cambia bruscamente rotta e comincia a farsi strada in noi il dubbio che incontra la paura ed una forma segreta di ossessione. L’altalena tra oggettività e soggettività sarà la caratteristica predominante di questo thriller maledettamente contemporaneo.
Tratto dall’omonimo romanzo di Gillian Flynn, che qui si scopre essere anche ottimo sceneggiatore, Gone Girl tratta della scomparsa di Amy (Rosamund Pike) affermata scrittrice sposata col bel giornalista Nick Dunne (Ben Affleck).
Da subito inizia la ricerca della donna nei dintorni del paesino del Missouri dove i due coniugi vivono da poco essendosi trasferiti da New York per problemi di lavoro. I dubbi sulla strana sparizione della ragazza non convincono la comunità e neanche la polizia locale che ci vuole vedere chiaro prendendo diverse strade di investigazione.
Ambienti desolati, privi di persone, luoghi materiali fotografati magistralmente su tinte neutre da Jeff Cronenweth, ci vengono presentati nelle prime inquadrature; il mondo esterno è il punto di vista dal quale si dovrà vedere il film. L’opinione pubblica ed i luoghi comuni ci influenzeranno lungo tutta la durata della pellicola.
Troviamo tutto David Fincher in quest’opera manifesto eccelso della sua poetica.
Il registra miscela sapientemente le filosofie migliori del suo cinema, che comprende capolavori come Seven e Zodiac, con maturità e maestria. Egli distrugge con cinismo l’ultimo baluardo delle serenità umana: il focolare domestico.
Un quadro post-moderno che spaventa, fatto di pressione, trappole e frustrazioni.
Il “gioco” rompicapo che ci propone il burattinaio di Denver regge come sempre e ci fa ballare di qua e di là senza trovare la strada in un labirinto fitto di geometrie contorte e teorie malate, che solo un chirurgo abile a sezionare e ricomporre può risolvere.
La narrazione è disseminata di flashback, inseriti con i giusti tempi, che garantiscono un uso rapido e continuo delle nostre facoltà celebrali e al contempo ci arricchiscono di particolari chiave dell’intera vicenda, la quale diventa avvincente ed esaustiva.
Il cineasta americano, spesso, risulta inespressivo e carente nel creare empatia verso i suoi personaggi che forse è azzardato definirlo “autore”; ma in tutto questo e nella sua franca traduzione della realtà, ripresa negli angoli più oscuri della società , egli si innalza a essere uno tra più innovativi poeti della New New Hollywood.
L’autore rimescola le carte in continuazione dando prova di saper uscire dai classici stereotipi made in USA, concentrandosi su un ermetismo esasperato fuso con un dinamismo di immagini rigoroso, reso possibile dall’intelligente montaggio di Kirk Baxter.
La casa della coppia Affleck/Pike è il vero corpo del reato in questo capolavoro. Il sangue sparso ovunque e il disordine da colluttazione è la metafora di un corpo picchiato e lacerato: l’intimità della coppia è stata violata.
Non possiamo che assistere al fallimento di un matrimonio e allo stesso tempo alla nascita di un “amore bugiardo”, caratteristica inequivocabile dei coniugi e trappola senza via di scampo. La paura e il senso di complotto che vive tutto intorno a noi dopo l’11 settembre lo ritroviamo nell’intimità di coppia.
La sicurezza esce definitivamente dalla casa, la quale diventa un luogo oscuro, paranoico, e consacrazione dello spazio visto come tenebra e di conseguenza sede di deviazioni psicologiche.
Le interpretazioni dei protagonisti rasentano la perfezione, se da una parte troviamo un Ben Affleck a suo agio nel ruolo del marito presunto colpevole, dall’altro la gelida innocenza di Rosamund Pike consacra il concetto di disumanizzazione nella donna fincheriana.
Da vedere perché raramente si assiste ad un thriller degno del miglior Hitchcock :accurato e minuzioso come un orologio che con matematica precisione scandisce il tempo ed i giorni, filo conduttore nella narrazione del film, verso un sorprendente epilogo.
Quando si esce dalla sala si percepisce quel senso di completo, con l’ansia che ti ha preso allo stomaco ancora vivida ma paradossalmente piacevole e gratificante.
Voto: 8
David Siena
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