Scheda film
Regia: Henry-Alex Rubin
Soggetto e sceneggiatura: Andrew Stern
Fotografia: Ken Seng
Montaggio: Lee Percy
Scenografie: Dina Goldman
Costumi: Catherine George
Musiche: Max Richter
USA, 2012 – Drammatico – Durata: 110’
Cast: Alexander Skarsgård, Michael Nyqvist, Jason Bateman, Andrea Riseborough, Paula Patton, Max Thieriot, Jonah Bobo, Hope Davis
Uscita: 9 gennaio 2014
Distribuzione: Filmauro
Crash, disconnect: login again
Un ex poliziotto vedovo è diventato un detective privato per trascorrere più tempo con il proprio figlio, ma con scarsi risultati: quest’ultimo, tramite un falso profilo su Facebook, si prende gioco dei sentimenti di un compagno di scuola timido e introverso. Intanto, una produttrice televisiva viene a conoscenza di una nuova realtà fatta di minorenni che vendono prestazioni erotiche tramite videochat, e decide di volerne fare un reportage anche a costo di mettere a repentaglio la vita di uno dei ragazzi coinvolti. Un padre di famiglia, avvocato di successo sempre preso dai suoi impegni e dalle numerose telefonate che riceve, si dimentica della moglie e dei figli. Una donna, reduce dalla perdita di un bambino, cerca conforto in una chat e si confida con uno sconosciuto, mentre suo marito accumula debiti attraverso il poker online.
Sullo sfondo di tre diverse generazioni alle prese con gli effetti collaterali di internet, Disconnect si ripropone di affrontare un tipo tutto nuovo di solitudine: devastante, annichilente e invasiva, la solitudine di cui ci va raccontando è legata a doppio filo con la rivoluzione del virtuale, laddove ognuno di noi può fingere di essere qualcuno o qualcos’altro, e giocare al sicuro con l’esistenza di molti soprattutto quando la vita reale, là fuori, è carica di problemi. Le tre generazioni messe a confronto sono quelle rappresentate dai meno giovani padri di famiglia di turno, che si ritrovano risucchiati per primi dai cellulari e dalla tecnologia in generale, e in seconda persona dalle bravate dei loro giovanissimi figli, che in un momento della storia in cui l’identità personale è al massimo della sua possibilità di duplicarsi, non esitano ad approfittare dell’immediatezza del processo per recare danni di inimmaginabile portata. Nel mezzo, naturalmente, i giovani adulti che annegano i propri problemi nel gioco online, o credono di potere sfruttare il web a piacimento senza sapere a cosa stanno andando incontro.
A macchia d’olio, internet ci infetta. E narrativamente parlando, lo fa alla medesima maniera dell’odio razziale che infettava i protagonisti della sceneggiatura Premio Oscar di Crash – Contatto fisico: gli incontri-scontri che avvengono nell’arco del film sono gli stessi, la raffinatezza della prosa pure, e gli unici dettagli che mancano a questo Disconnect per potersi paragonare al capolavoro di Paul Haggis sono ironicamente dovuti al comparto più tecnico. Fotografia e montaggio, principalmente: il regista (Henry Alex Rubin, aiutoregista e attore di Ragazze interrotte) sembra essersi voluto impegnare nel conferire alla sua pellicola un tocco maggiormente televisivo, con gli innumerevoli ralenti che ci offre e una fotografia patinata e bluastra che rende il paragone con Crash – Contatto fisico alquanto scomodo. Il suo lavoro sembra così accostarsi invece a quel film semisconosciuto ai più che è American Gun (2005), con una terza tematica tutta americana eppure lo stesso, identico lavoro di intrecci e messa in scena finale.
Presentato in anteprima alla 69esima Mostra di Venezia, Disconnect si avvale, tra le altre cose, di un cast di tutto rispetto. Da Jason Bateman, bravissimo ed emozionante nella parte di un padre improvvisamente cosciente della solitudine del proprio figlio, ad Alexander Skarsgård, qui da rivalutare senz’altro. Insieme a loro, altrettanto convincenti risultano Frank Grillo, Michael Nyqvist e la talentuosa Andrea Riseborough nei panni di una giornalista particolarmente audace e sicura di sé. Il prodotto ultimo è a metà tra un thriller e un dramma corale, armato di una certa coerenza interna che lo rende esente da carenze di copione e decisamente apprezzabile nei suoi picchi di tensione. Persino il tema centrale, per quanto non del tutto ignorato da altre pellicole sul genere magari un po’ più di nicchia, ne esce da vincente e conserva la piacevole fluidità di un punto di vista mai troppo scontato.
Voto: 7 e ½
Eva Barros Campelli