Scheda film
Regia: Paolo Virzì
Soggetto: dal romanzo di Simone Lenzi
Sceneggiatura: Paolo Virzì, Francesco Bruni, Simone Lenzi
Fotografia: Vladan Radovic
Montaggio: Cecilia Zanuso
Scenografie: Alessandra Mura
Costumi: Maria Cristina La Parola
Musiche: Thony
Suono: Alessandro Bianchi
Italia, 2012 – Commedia – Durata: 102′
Cast: Luca Marinelli, Thony, Katie McGovern, Micol Azzurro, Donatella Barzini, Lucia Bodenizza, Frank Crudele
Uscita: 11 ottobre 2012
Distribuzione: 01 Distribution
I figli sono pezzi de core
Per il suo terzo film capitolino, il decimo della sua carriera dietro la macchina da presa, Paolo Virzì sceglie di affidarsi a una libera interpretazione del libro di Simone Lenzi, “La generazione”, per portare sul grande schermo la sua ultima fatica dal titolo Tutti i santi giorni. Il regista e sceneggiatore livornese lo fa suo, pur mantenendone l’anima che l’aveva generato qualche stagione prima. Sbagliato, dunque, parlare di adattamento, piuttosto di un volontario tradimento dell’opera letteraria dello scrittore, a sua volta impossibile da trasporre fedelmente al cinema nella sua natura originaria per due precise ragioni: da una parte la totale assenza di narrazione e dall’altra perché trattasi di un romanzo di parola, caratterizzato da un monologo interiore del protagonista alle prese con la medicina moderna al fine di coronare il suo sogno paterno. In Tutti i santi giorni gli orizzonti drammaturgici si allargano, estendendosi al doppio punto di vista, quello maschile e quello femminile, quest’ultimo assente e nato per volontà degli sceneggiatori (tra cui lo stesso Lenzi a sei mani con Virzì e Bruni), insieme al microcosmo di personaggi secondari.
Ne viene fuori una tragicommedia che si concentra sui sentimenti e sulle emozioni dei suoi protagonisti, rimanendo fedele alla scia empatica rilasciata sugli spettatori dal riuscito e toccante La prima cosa bella e a quella delle pagine del libro. Ma siamo purtroppo lontani dalle emozioni che la pellicola del 2010 ha saputo così delicatamente distillare nel pubblico. Si ride e si sorride, con un film che mescola commedia sentimentale, punte di dramma e tocchi di surreale; quanto basta per rendere la visione piacevole ma non esaltante. C’è tutto quello che Virzì ha sempre voluto e provato a raccontare, ossia la famiglia, il lavoro, il romanzo di formazione, la babele dialettale e soprattutto la quotidianità di una o più persone. Per questo è facile ritrovare sin dall’esordio del 1994 con La bella vita le medesime traiettorie drammaturgiche, lasciando in secondo piano temi e tematiche a favore di un approccio alla materia di tipo antropologico e culturale prima che sociale. Di conseguenza, Tutti i santi giorni non poteva non essere una vicenda di analoga verità, quella di una storia d’amore celata dietro gli ostinati tentativi di una giovane coppia di avere un bambino: lui timido, riservato, coltissimo, portiere di notte appassionato di lingue antiche e di santi, mentre lei, aspirante cantante impiegata in un autonoleggio, è irrequieta, permalosa e orgogliosamente ignorante, quasi a voler confermare la teoria degli opposti chi si attraggono. Una passione la loro che sembra indistruttibile, nata una notte d’inverno tra le strade di Roma e diventata via via sempre più forte, finché il pensiero di un figlio che non viene non mette in moto conseguenze imprevedibili.
Irritante e macchiettistico, alimentato da cliché e stereotipi, è il ritratto che il regista mette sullo sfondo, quello di una Roma che è il terzo personaggio silenzioso della storia. Una città che osserva il duetto messo in scena dai bravissimi interpreti (i convincenti Marinelli e Thony), attraverso una piccola-grande odissea metropolitana di una coppia come tante, consumata tra centri per la fertilità e di procreazione assistita, studi di medicina tradizionale e alternativa.
Voto: * *½
Francesco Del Grosso