Scheda film
Regia: Ridley Scott
Soggetto e Sceneggiatura: Jon Spaihts, Damon Lindelof
Fotografia: Dariusz Wolski
Montaggio: Pietro Scalia
Scenografie: Arthur Max
Costumi: Janty Yates
Musiche: Mark Streitenfeld
Suono: Tim Gomillion, Dennis Rogers
USA/G.B., 2012 – Fantascienza – Durata: 124′
Cast: Noomi Rapace, Logan Marshall-Green, Michael Fassbender, Charlize Theron, Idris Elba, Guy Pearce, Sean Harris
Uscita: 14 settembre 2012
Distribuzione: 20th Century Fox
La terra dei padri
“Le grandi cose hanno origini piccolissime”
Chi siamo? Da dove veniamo? Sono i grandi interrogativi che da sempre impegnano la riflessione dell’uomo a guidare gli esploratori della nave spaziale Prometheus nel loro viaggio verso una luna di un pianeta remoto e sconosciuto indicato da numerose mappe spaziali rinvenute tra le testimonianze di diverse culture terrestri che storicamente non sembrerebbero aver avuto contatti fra di loro.
Ridley Scott torna alla fantascienza e si confronta ancora una volta con il mondo alieno cercando di penetrare nella profondità del rapporto fra uomo ed extra-terreste e lo fa scegliendo un sentiero che abbraccia il passato e il futuro della vita sulla Terra e giocando sul rapporto di devozione/minaccia ricorrente nella concezione religiosa: Prometheus è un progetto ambizioso, che si pone in aperta connessione con la celeberrima saga di Alien nonostante sia stata più volte sottolineata l’autonomia del film rispetto all’epopea della popolazione xenomorfa.
Prometheus racconta una spedizione di ricerca che mira alla conoscenza delle origini umane: ispirato dalla tesi secondo cui la vita sulla terra sarebbe stata portata da una specie esogena più evoluta che avrebbe colonizzato il nostro pianeta, un gruppo di scienziati si imbarca in una complessa missione che punta a entrare in contatto diretto con “gli Ingegneri” – questo è il nome attribuito agli alieni che avrebbero creato l’uomo – per rivolgergli la più universale delle domande, “perché?”.
Il film può contare su un impatto visivo notevolissimo (basti pensare alle suggestive panoramiche che accompagnano i titoli di testa), complice da un lato la meticolosa costruzione degli ambienti ad opera di Arthur Max e dall’altro la fotografia di Dariusz Wolski che sa alternare l’atmosfera plumbea e minacciosa della luna d’approdo a quella non meno ostile ma algida della nave: una sia pure pregevole cornice tecnica però non è sufficiente a dare forma automaticamente a un progetto sfaccettato e solido e Prometheus purtroppo non sembra poter contare su un soggetto robusto. Ben presto quindi vengono a galla non solo delle ingenuità di scrittura ma anche la profonda carenza di contenuti: ripetitivo, approssimativo e fondamentalmente poco avvincente, il film si accartoccia su se stesso, rinunciando dapprima agli elementi più “action” à la Alien (le sequenze “d’azione” si contano forse sulla dita di una mano) salvo poi eludere anche l’approfondimento dei personaggi e delle loro motivazioni. La sceneggiatura scritta a quattro mani da Jon Spaihts e Damon Lindelof non riesce a dare vita a figure a tutto tondo, limitandosi in questo modo a una carrellata di personalità appena accennate le cui interrelazioni sono del tutto sorvolate anche quando paiono determinanti ai fini della dinamica della storia (il repentino cambio d’atteggiamento del robot David, l’irrisolto rapporto fra il magnate Peter Weyland e l’austera Meredith Vickers) e perfino la protagonista assoluta della storia – l’ardimentosa archeologa Elizabeth Shaw – non sembra trovare la propria dimensione narrativa.
La sensazione è che nel lungo viaggio che porta alla riflessione sull’immortalità, la creazione e la distruzione il film perda decisamente il filo del discorso e non abbia la concretezza necessaria per cercare di ristabilire quantomeno dei punti di riferimento base per lo sviluppo della storia: Scott non cerca risposte né pare voler suggerire o evocare nessuna tesi ma fatica anche a restituire poliedricità allo stimolo della ricerca sulle origini della vita e sul rapporto fra l’uomo e l’ignoto. Sovraccarico di spunti, dall’immortalità all’anima, dalla maternità al desiderio di morte, Prometheus manca totalmente della sensibilità narrativa di Blade Runner e – probabilmente anche pagando il prezzo delle grandi aspettative – finisce per apparire come un tentativo ibrido non troppo incisivo: anche il cast non sembra riuscire a contribuire nel risollevare le sorti della pellicola, a partire da Noomi Rapace che dovrebbe raccogliere il testimone dell’indimenticata Ellen Ripley/Sigourney Weaver ma che non ne eredita il carisma, per arrivare a Michael Fassbender robot-maggiordomo creato a immagine e somiglianza degli umani (“spero non troppo simile” specifica causticamente) che segue pedissequamente la sua indagine parallela trasformandosi in deus ex machina dell’azione.
Secondo il mito fu Prometeo a forgiare gli uomini, modellandoli dal fango e attribuendogli poi innumerevoli virtù, fino a sfidare l’ira degli dèi restituendo il fuoco agli uomini: il susseguirsi degli eventi, la vendetta di Zeus e l’avventatezza di Pandora finirono però comunque per condannare l’umanità al confronto con tutti quei mali dai quali il Titano “redento” aveva cercato di proteggerla. La parabola di afflato creativo e di desiderio di annientamento si ripropone nella realtà futuristica di Prometheus: un po’ zoppicante e incerto nella storia, davvero maestoso nel dare vita a questa realtà extraterrestre colossale e imponente in tutte le sue manifestazioni, il film porta sullo schermo le eco dell’immaginario fantascientifico di Scott amalgamandolo agli ancestrali quesiti dell’uomo, alla religione e alla mitologia puntando i riflettori su quel momento in cui i sogni e le speranze di ricongiungimento con i padri si trasformano in un incubo claustrofobico.
Voto: * *½
Priscilla Caporro
Alcuni materiali del film:
Clip – Don’t touch anything
Clip – We made you because we could