Scheda film
Regia: Daniele Vicari
Soggetto: Antonella Gaeta e Daniele Vicari
Sceneggiatura: Antonella Gaeta, Benni Atria e Daniele Vicari
Fotografia: Gherardo Gossi
Montaggio: Benni Atria
Musiche: Teho Teardo
Suono: Valentino Giannì, Gianluca Costamagna
Italia, 2012 – Documentario – Durata: 90′
Cast: Eva Karafili, Agron Sula, Halim Milaqi, Kledi Kadiu, Robert Budina, Eduart Cota, Ervis Alia
Uscita nel paese d’origine: 8 novembre 2012
Distribuzione: Microcinema
Sale: 23
La nave dei desideri
Un vecchio mercantile di ritorno da Cuba carico di zucchero approda nel porto di Durazzo: giusto il tempo di effettuare le operazioni di scarico e qualche approssimativo lavoro di riparazione e messa a punto del motore e l’imbarcazione è pronta per affrontare un nuovo viaggio, stavolta stipato di sogni di speranza e libertà. Così inizia la storia della Vlora e dei ventimila albanesi che decisero di abbandonare il loro Paese sfidando l’ignoto e la paura, animati dai tumulti del post-1989 che con la caduta del Muro di Berlino aveva segnato il progressivo decadimento dei regimi comunisti: una fuga improvvisa, segnata dal desiderio irrefrenabile di lasciarsi alle spalle gli stenti e le difficoltà della vita in Albania, un viaggio disorganizzato e imprevisto destinato a trasformarsi in un evento di massa dalle proporzioni inimmaginabili che imprimerà il proprio segno negli annali.
A distanza di ventuno anni Daniele Vicari – reduce dal successo di Diaz – racconta quei drammatici e disperati giorni di agosto, documentando attraverso immagini e testimonianze dirette una pagina recente della nostra storia, ricostruendo un grande evento collettivo attraverso la stratificazione delle esperienze personali: dai migranti accalcati su ogni superficie disponibile della nave, senza cibo né acqua, ai baresi, impreparati e sgomenti di fronte a quell’impressionante numero di persone che cercavano accoglienza, passando attraverso l’inadeguatezza delle autorità italiane che non seppero gestire la situazione d’emergenza.
La nave dolce, presentato fuori concorso nella sessantanovesima edizione della Mostra di Venezia, porta sullo schermo i tanti volti di una pagina decisamente poco edificante del nostro Paese, delineando a tinte forti i connotati della terza (e più massiccia) ondata di flussi migratori proveniente dall’altra sponda dell’Adriatico che corrisponderà al primo scoordinato e caotico tentativo di isolamento e respingimento degli emigranti: il tono e l’organizzazione del lavoro e del materiale sembra ricalcare – sia pure nella più asciutta forma del documentario – gli schemi funzionali dell’organizzazione di Diaz, così come l’approccio alla narrazione segue quella ricerca di “vita” che per Vicari rappresenta il pilastro fondante del suo modo di concepire e dare forma al suo cinema.
Il film è prevalentemente costruito sulla base del vastissimo materiale di repertorio rimasto inedito non solo negli archivi italiani ma anche in quelli albanesi: “la nostra memoria collettiva registrata su nastri magnetici in via di smagnetizzazione salvati con fatica, e con ampio margine di casualità, su supporti digitali” sintetizza il regista, che attraverso ore e ore di girato è riuscito a cogliere la potenza dei fatti e la mutevolezza degli animi dei suoi protagonisti, con quella repentina parabola che dall’entusiasmo e l’euforia li porterà alla disperazione e alla rassegnazione. A fare da raccordo e da filo conduttore si inseriscono gli emozionati e commoventi racconti dei testimoni diretti, da Eva che dopo essersi arrampicata sulle cime d’ormeggio con il marito incontrerà per caso sulla nave anche suo fratello, a Robert, studente di cinema imbarcatosi in quell’avventura assieme ai suoi amici e compagni di corso: moltissimi sono i volti che si alternano sul fondo bianco scelto da Vicari per enfatizzare l’elemento di “astrazione” del racconto […] , visi sconosciuti oppure ben noti, come quello del ballerino Kledi Kadiu che dopo essere stato fra i rimpatriati della Vlora è riuscito a tornare in Italia e a conquistare la celebrità televisiva.
Così come in Diaz il racconto non si sviluppa unidirezionalmente, ma lascia spazio anche alle testimonianze di chi vide la Vlora stagliarsi all’orizzonte e dovette con difficoltà cercare una soluzione – da Vito Leccese, giovane assessore alla Sanità del Comune di Bari, a Nicola Montano, ispettore di frontiera del porto del capoluogo pugliese, senza dimenticare i tanti reporter che cercarono di documentare nella maniera più capillare possibile il susseguirsi degli eventi, dal graduale sbarco sul molo al drammatico trasferimento nello Stadio delle Vittorie dove i migranti vennero raggruppati e isolati in attesa di essere ricondotti nel loro Paese d’origine.
La solidità de La nave dolce sta tutta nella straordinaria ricchezza del materiale di repertorio che scandaglia con precisione tutte le diverse fasi della storia, dalla partenza nel porto di Durazzo alla totale perdita di controllo all’interno dello stadio, così come sono incisive e commoventi le testimonianze raccolte grazie all’attento lavoro di ricerca portato avanti da Antonella Gaeta: quello di Vicari non è un documentario dallo stile o forma particolarmente originale, né una di quelle inchieste nate per svelare volti inaspettati o inediti delle vicende che racconta. La nave dolce è la fotografia di una difficilissima manciata di giorni di agosto, un ritratto asciutto e secco che non cerca patetismi o giustizialismi, senza condanne né giustificazioni: ci si limita ad osservare e a dare voce e volto ad alcuni dei tanti protagonisti albanesi e italiani, in un unico afflato che mescola durezza e dolcezza, speranza e disperazione, solidarietà e paura.
RARO perché… è un acuto documentario su fatti da dimenticare.
Note: il film è stato presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2012.
Voto: * *¾
Priscilla Caporro