Scheda film
Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Gustavo Taretto
Fotografia: Leandro Martínez
Montaggio: Pablo Mari, Rosario Suárez
Scenografie: Romeo Fasce, Luciana Quartaruolo
Costumi: Flavia Gaitán
Musiche: Gabriel Chwojnik
Suono: Catriel Vildosola
Argentina/Spagna/Germania, 2011 – Commedia – Durata: 95′
Cast: Pilar López de Ayala, Javier Drolas, Inés Efron, Adrián Navarro, Rafael Ferro, Carla Peterson, Jorge Lanata
Uscita: 2 ottobre 2014
Distribuzione: Bolero
Sale: 10
L’amore ai tempi della rete
“Buenos Aires cresce senza controllo e imperfetta. È una città sovrappopolata in un paese deserto. Una città dove si innalzano migliaia, migliaia e migliaia di edifici, senza alcun criterio. A fianco di uno molto alto ce n’è uno molto basso. A fianco di uno in stile razionale ce n’è uno irrazionale. A fianco di uno in stile francese ce n’è uno senza alcuno stile. È probabile che queste irregolarità ci riflettano appieno…”
Martín (Javier Drolas) e Mariana (Pilar López de Ayala), oltre alle prime lettere del loro nome, condividono il fatto di essere due fobici e di avere alle spalle un amore fallito. Il primo, un vero e proprio “hikikomori, vive quasi confinato nel suo monolocale, prende psicofarmaci e, dal lavoro al sesso, fa tutto su internet, scendendo in strada solo per fare foto, su consiglio del suo psichiatra, e per far passeggiare Zuzù, il cagnolino lasciatogli dalla sua ex; la seconda è un’architetta che per sopravvivere fa la vetrinista, ha paura degli ascensori e cerca di dimenticare il precedente compagno, rivolgendo il proprio affetto più ai manichini che alle persone.
Vivendo in due palazzine nella stessa via di Buenos Aires, una di fronte all’altra, i due tra numerosi presagi ed altrettanti ostacoli, sono inevitabilmente destinati ad incontrarsi…
La pellicola di Gustavo Taretto, che vede il suo debutto nel lungometraggio, racconta dell’incomunicabilità che affligge il nuovo secolo, che pure, in un trionfo di tecnologie, grazie ai numerosi fili che hanno oscurato il cielo della città, ha facilitato enormemente le comunicazioni tra gli esseri umani. Come dire: in virtù anche dei social network, chattiamo con il mondo intero, ma non conosciamo neanche il nostro vicino di casa.
Partendo dall’analisi dell’architettura “sbagliata” della capitale argentina, in apparente assenza di un qualsivoglia piano regolatore, risolta in pochi e brillantissimi minuti di inquadrature fisse sotto la voce fuori campo di Martín e paragonata alle bizzarrie delle persone, il film si concentra poi sulla presentazione dei due personaggi principali.
Il racconto, a metà tra Antonioni (ma molto più avvincente) ed Allen (citato con un brano di Manhattan passato in televisione), è zeppo di arguti simbolismi, pur restando estremamente godibile, e ci guida attraverso le vite dei protagonisti, fin da subito affini, ma “distanti” (seppur dirimpettai), fino al loro incontro più che annunciato, forse accelerandolo un poco. Le stesse “medianeras” del titolo sono le pareti confinanti dei palazzi, ma anche quelle che le persone creano per se stesse, creando i propri confini e determinando così la personalità, ma anche l’impenetrabilità da e verso gli altri. Non a caso la vita dei protagonisti inizia a cambiare quando, l’uno all’insaputa dell’altra, si fanno aprire, ai limiti della legalità, una finestra nel muro esterno.
Lo stile di Taretto attinge alla grafica ed in buona parte al fumetto, privilegiando le inquadrature fisse e ci regala alcune sequenze molto suggestive, come quella, esilarante, dell’incidente “canino” in strada (un cane si suicida buttandosi da un appartamento e provoca una serie di eventi inaspettati), quella dell’incontro “a lume di candela” nel negozio, appunto, per comprare le candele ed infine l’ultima – più di cinque minuti senza dialogo – che sancisce l’incontro dei due, seguita poi degnamente dal video su youtube, in cui Mariana e Martin, apparentemente prigionieri della rete (d’amore), cantano in playback “True Love Will Find You In The End” di Daniel Johnson.
Un film delicato ed imperdibile, che intrattiene gradevolmente mentre indaga minuziosamente sulla società odierna. Un’altra perla da un paese non sempre adeguatamente valutato, anche dal punto di vista cinematografico.
“Sono convinto che le separazioni e i divorzi, la violenza famigliare l’eccesso di canali di TV via cavo, l’incomunicabilità, la mancanza di desiderio, l’apatia, la depressione, i suicidi, le nevrosi, gli attacchi di panico, l’obesità, le tensioni muscolari, l’insicurezza, l’ipocondria, lo stress e la sedentarietà sono attribuibili agli architetti, responsabili delle costruzioni…”
RARO perché… è una commedia dagli “affetti speciali”.
Voto: 7
Paolo Dallimonti