Scheda film

Regia: Joshua Marston
Soggetto e Sceneggiatura: Joshua Marston e Andamion Murataj
Fotografia: Rob Hardy B.S.C.
Montaggio: Malcom Jamieson
Scenografie: Tommaso Ortino
Costumi: Emir Turkeshi
Musiche: Jacobo Lieberman e Leonardo Heiblum
Albania/Italia/Danimarca, 2011 – Drammatico – Durata: 109′
Cast: Tristan Halilaj, Sindi Laçej, Refet Abazi, Ilire Vinca çelaj
Uscita: 31 agosto 2012
Distribuzione: Fandango

Sale: 20

 I panni sporchi

Nella regione più montuosa e settentrionale dell’Albania passato e presente paiono davvero indissolubilmente intrecciati, e al desiderio di libertà ed emancipazione dei giovani si contrappongono le tradizioni d’onore e orgoglio che regolano i rapporti intra e inter-familiari. Era il XV secolo quando per la prima volta venne tradotto in forma scritta il Kanun, antico codice legale istituito dal principe Dakagjini, che regolava tutti gli aspetti della vita consociata: oggetto di una lunghissima tradizione orale (giustificata prevalentemente dall’alto tasso di analfabestismo della zona) il codice fu messo al bando dal dittatore stalinista Enver Hoxha ma nel 1992 ha riconquistato il suo ruolo di fonte del diritto “alternativa”, utilizzata soprattutto per quanto concerne la disciplina di risoluzione delle dispute familiari legate a un omicidio. Secondo i dettami del Kanun infatti l’uccisione di in un individuo può essere vendicata con l’uccisione di un membro maschio della famiglia dell’omicida: tuttavia si prevede che non sia possibile procedere con la vendetta fintanto che gli uomini rimangono entro i confini della casa e la “reclusione domestica” rappresenta non solo l’unica forma di difesa nei confronti della minaccia di morte ma anche una dimostrazione di rispetto verso la famiglia segnata dal lutto. Molte sono poi le fattispecie specifiche legate alle faide (questo è il nome attribuito a questo tipo di controversie), a partire dal ruolo delle donne e dei bambini, alla possibilità di ottenere delle tregue temporanee: fatto sta che dal 1992 più di 9500 uomini sono stati uccisi secondo il Kanun, più di 2800 famiglie sono state condannate a una vita di “carcerazione volontaria” e sebbene il perdono sia contemplato e regolato da uno specifico rituale sono molti quelli che preferiscono vendicarsi, stritolando interi nuclei familiari in una morsa di terrore che ben presto si tramuta anche in un grave disagio economico, e mentre i più piccoli perdono il diritto all’istruzione (oltre che quello a un’infanzia serena) sono le donne a dover prendere il controllo della situazione, rinunciando a ogni prospettiva personale e sacrificandosi totalmente per onorare la propria famiglia.
Il fenomeno delle faide, dopo essere stato lungamente oggetto di studi sociologici, da qualche anno sta richiamando anche l’attenzione mediatica internazionale: adesso approda sugli schermi cinematografici con La faida di Joshua Marston, vincitore dell’Orso d’Argento per la Migliore Sceneggiatura alla 61esima edizione della Berlinale.
Il film racconta la storia di Nik, un diciassettenne come tanti alle prese con la prima cotta e il sogno di poter aprire un internet-point dopo il diploma: quando il padre viene accusato di concorso in omicidio per una contesa territoriale, tutta la famiglia del ragazzo viene coinvolta nella disputa ed inizia per i suoi componenti un lungo ed estenuante isolamento. Tutte le responsabilità di sostentamento e organizzazione della vita vanno a ricadere su Rudina, la sorella quindicenne brillante e studiosa che aspirava a un futuro da universitaria e che invece è costretta a rinunciare alla scuola per andare a vendere il pane e le sigarette nei piccoli villaggi attorno a Scutari.
A distanza di quasi dieci anni dal successo di Maria Full of Grace (che si guadagnò innumerevoli rinconoscimenti in giro per il mondo, compresa una candidatura agli Oscar) Marston torna a confrontarsi con una storia che attraverso le drammatiche traversie di giovanissimi protagonisti tratteggia il ritratto di complicati e controversi scenari sociali: è proprio in questo aspetto che risiede l’aspetto più interessante de La faida, ritratto asciutto e livido di una sanguinosa tradizione locale che incide così profondamente sulla vita delle comunità del luogo.
Realistico e rigoroso nella resa scenica e nella descrizione delle dinamiche fra i personaggi, il film si addentra nella quotidianità inquieta e angosciata della famiglia di Nik e Rudina, dipingendo a tinte vivide e mai retoriche il disagio di due ragazzi che vedono svanire in un soffio le loro prospettive e che comprensibilmente faticano a comprendere e ad accettare le regole di un mondo rimasto cristallizzato al XV secolo. E se la contemporaneità irrompe con la sua vivace e feroce impetuosità grazie ai social-network e ai video registrati con i cellulari, è il passato e il suo rigore fatto di onore e orgoglio a scandire i ritmi delle giornate: Marston grazie a un capillare lavoro di documentazione e di sintesi riesce a dare vita a un mosaico di suggestioni che sa raccontare la poliedricità e la complessità delle faide con sincera partecipazione emotiva, lasciando che sia l’umanità (e le sue incongruenze) la cifra distintiva della sua narrazione.
Impreziosito dalle più che notevoli prove dei membri del cast (su cui spiccano Tristan Halilaj e Sindi Laçej), quello de La Faida è un viaggio alla scoperta di una realtà tutt’altro che sommersa, di uno spaccato di organizzazione di vita civile che fa leva su meccanismi arcaici e opprimenti: pur con qualche eccessivo rallentamento nella seconda parte, il film segue con incalzante puntualità il succedersi degli eventi e sottolinea con la giusta enfasi il clima di palpabile tensione e sospensione della reclusione domestica. Senza retorica, ma con il gusto della scoperta.
RARO perché… è un piccolo film su grandi vendette.

Voto: * * *

Priscilla Caporro