Scheda film
Regia: Oliver Stone
Soggetto: tratto dal romanzo Le Belve di Don Winslow
Sceneggiatura: Shane Salerno, Don Winslow, Oliver Stone
Fotografia: Dan Mindel
Montaggio: Joe Hutshing, Stuart Levy, Alex Marquez
Scenografie: Tomas Voth
Costumi: Cindy Evans
Musiche: Adam Peters
USA, 2012 – Azione – Durata: 131′
Cast: Blake Lively, John Travolta, Aaron Johnson, Salma Hayek, Emile Hirsch, Benicio Del Toro, Taylor Kitsch, Joel David Moore, Mia Maestro, Demiàn Bichir
Uscita: 25 ottobre 2012
Distribuzione: Universal Pictures
Ben e Chon sono due spacciatori…
Ben e Chon sono due spacciatori che conducono la loro attività a Laguna Beach. Quando attirano l’attenzione del cartello messicano e gli viene proposta una collaborazione, i due faranno l’errore di rifiutare. A questo punto la loro compagna, Ophelia, ne farà le spese. E la loro risposta non sarà delle più pacifiche.
Togliamoci subito il pensiero: Le Belve (Savages) è una delle peggiori prove del famoso Don Winslow, un libro pensato chiaramente per diventare una sceneggiatura, possibilmente passare per le mani di Rodriguez, o meglio Tarantino, e diventare un filmetto d’azione di quelli seminali.
Il film, invece, è uno dei punti più bassi della carriera di un regista che da tempo non riesce a ritrovare lo smalto. Difficile che da una simile unione possa nascere un capolavoro.
Infatti Le Belve è un banalissimo filmetto estivo, in America esce a luglio mentre in Italia solo e immotivatamente a ottobre, che sfrutta al massimo i trucchetti per cui il cinema americano è ormai famoso da sempre.
Il tutto ruota intorno un simpatico terzetto di personaggi improbabili: Ben, un pacifista convinto che collabora alla costruzione di villaggi in Africa e che, inspiegabilmente, si accompagna a Chon, un reduce da una di quelle guerre sporche per cui l’America è tristemente famosa. I due hanno un non meglio precisato legame sentimental/sessuale con Ophelia, una ricca ragazza, bellissima e, forse un tantino fuori di testa. La loro principale attività è la coltivazione e lo spaccio di marijuana che, trattandosi di un film di Stone e prima ancora di un libro di Winslow, non può che essere la migliore del pianeta. Il boss del cartello messicano, una perfetta Salma Hayek, mette gli occhi sulla merce e decide che nel futuro dei due spacciatori si profila all’orizzonte una non desiderata collaborazione.
I due si oppongono all’idea e lei, cattivissima, fa rapire l’oggetto dei loro desideri, la povera Ophelia, il cui unico crimine è quello di andare a letto con due spacciatori e amare un po’troppo lo shopping. Ovvio che, trattandosi di un action pensato per lo schermo, la reazione dei due al rapimento è di quelle iperboliche: non solo decidono di contrattaccare, ma addirittura di scendere sul terreno del cartello messicano e passare a rapinare e uccidere come se non ci fosse un domani.
Lo sfondo è uno di quei paradisi americani, ormai visibili ai più solo al cinema, Laguna Beach, e il surf è il passatempo dei due.
Tutto qua.
Anche volendo sorvolare sul fatto che i personaggi hanno lo spessore di una velina e che l’intreccio improbabile è minato in più punti dalla semplice conoscenza di rudimentali tattiche di guerriglia e dei limiti oggettivi di un buon lavoro di pirateria informatica, il principale difetto di quest’opera è la banalità complessiva della rappresentazione. Spiagge assolate, corpi perfettamente scolpiti e enormi pipe da crack sono gli elementi estetici più ricorrenti, il tutto è tenuto insieme dalla buona volontà dello spettatore, che in verità si sarebbe aspettato un uso massiccio dell’ironia, anche solo per decidere di concedere una tregua al cervello e credere per un minuto solo alla possibilità che due fotomodelli possano sul serio contrastare il cartello messicano della droga in nome del legame sessuale che li unisce a una ricca decerebrata.
Oltretutto la cosa migliore del libro era senz’altro un finale cattivo e senza speranza che, anche se un tantino esagerato, motivava un poco la rappresentazione eccessiva, ma ovviamente nell’ottica di un cinema buonista e prevedibile, si è ritenuto di sovrapporre l’unico motivo per decidere di guardare una tale accozzaglia di banalità, con un finale del tutto conciliatorio e stupidamente rassicurante.
Ma tant’è, ormai le sceneggiature solide, o anche soltanto interessanti al punto da spingere a credere fosse solo per due ore a quel che si vede sullo schermo, sono roba passata.
Come anche passati sono i momenti migliori di un regista che ha realizzato alcune delle opere più interessanti di un cinema ormai asfittico, completamente aggrovigliato su sé stesso e sempre uguale che giunge da oltreoceano.
Il film si regge interamente su una strepitosa Salma Hayek e un imbolsito, ma sempre efficace, John Travolta. Benicio Del Toro offre la miglior carrellata di faccette della sua carriera e dei tre protagonisti si dimentica in fretta anche il nome.
Voto: ****
Anna Maria Pelella
#IMG#Tratto dal più debole dei libri di Don Wislow…
Tratto dal più debole dei libri di Don Wislow, un romanzo che è essenzialmente una sceneggiatura pronta all’uso, Le Belve conferma la vocazione di Oliver Stone alla provocazione anche brillante, questa volta mal supportata da un soggetto alquanto “pulp” che meglio si sarebbe adattato all’iperbolica levità di un Robert Rodriguez piuttosto che alla ponderosa gravità stoniana. Generosamente definito da Variety “Jules e Jim con le esplosioni”, quest’ultima fatica del regista americano mette in scena tre personaggi ad elevato tasso di improbabilità, che hanno l’esile consistenza di un teorema: Ben, botanico e trafficante di droga dalle spiccate tendenze umanitarie, Chon, un reduce dall’Afghanistan succube dei propri impulsi violenti, e Ophelia detta “O”, vacua shopping-addicted innamorata di entrambi, i quali se la dividono (senza scomodare Truffaut) con la garbata nonchalance di Newman e Redford, alle prese con l’algida Katharine Ross in “Butch Cassidy”. Le cose si complicano quando Elena “La Reina”, a capo di un Cartello di trafficanti messicani che progetta di espandersi in California, sequestra l’incolpevole “O” per costringere Ben e Chon a entrare in affari con lei.
L’intensa luminosità della fotografia di Dan Mindel e le ambientazioni desertiche e assolate rimandano all’asciutta essenzialità del western più che alle vertigini chiaroscurali del noir, e Stone innalza una sentita ode all’utopia, realizzabile però solo nel migliore dei mondi possibili e preferibilmente da giovani dal fisico scultoreo quali Aaron Johnson e Taylor Kitsch, che adorano fare surf, altro pallino di Don Wislow assieme al narcotraffico, immersi nella calda luce del tramonto di Laguna Beach. La verve polemica del regista si concretizza in alcuni assunti di base, atti forse a épater le bourgeois, che scontano però una certa ingenuità, togliendo vigore a questa condivisibile elegia.
E allora la mitizzazione dell’anticonvenzionalità dell’amore tra Ben, Chon e “O” fa il paio con la celebrazione dei benefici effetti della cannabis usata a scopo terapeutico (e non solo), o con la vocazione buddhista e filantropica di Ben, il quale investe buona parte dei proventi per soccorrere villaggi africani o nel sud est asiatico. Attengono appunto al regno dell’utopia, destinata ad andare in frantumi nello scontro con il Cartello messicano (il “Wal-Mart degli stupefacenti”), che preferisce ricorrere a metodi assai più brutali e realistici.
E qui riemerge il gusto di Stone per il grottesco (da U-Turn a Natural Born Killers), che, come un liquido infiammabile, si accende nel personaggio di Dennis, agente della DEA manipolatore e doppiogiochista (un camaleontico John Travolta), s’infiamma nel personaggio di Lado (un parodistico Benicio Del Toro) e nei suoi impagabili duetti con Elena (una straordinaria Salma Hayek), avvampando poi liberamente nelle sequenze più violente, popolate da un’orda di messicani brutti, sporchi e cattivi. Ma il peccato capitale de Le Belve non è tanto la fragilità degli assunti quanto l’irresolutezza, che ha consentito a Stone di infilare ben due finali consecutivi per non scontentare nessuno, né Don Wislow né lo spettatore avido di un lieto fine.
Durante la conferenza stampa che si è tenuta alla Casa del Cinema, Oliver Stone ha dichiarato di non aver mai letto un libro con questo grado di originalità, a suo dire privo di luoghi comuni, facendoci inoltre sapere che Don Wislow non è sempre stato d’accordo con i cambiamenti e i tagli apportati. Per quanto concerne la tematica, che John Travolta ha definito di grande attualità, Stone sottolinea che gli americani devono fare i conti con la politica fallimentare della guerra alla droga (sarcasticamente criticata nel film) che si trascina da 40 anni senza risultati. Travolta, con molto umorismo, parlando del suo rapporto con registi e sceneggiatori ha dichiarato: “Amo essere la musa di qualcuno”, mentre Salma Hayek ci ha informato che pur di lavorare con Stone sarebbe stata disposta a interpretare anche un albero. S’immagina che la meno felice sarà stata Uma Thurman, il cui ruolo (la madre di “O”) è stato completamente tagliato in fase di montaggio. Gli estimatori de “Le Belve”, saranno invece lieti di sapere che è imminente l’uscita dell’edizione italiana del prequel di Don Wislow: “The Kings of Cool”.
Voto: ****
Nicola Picchi
Alcuni materiali del film:
CLIP – IL PRIVILEGIO DI OPHELIA
FEATURETTE – DIETRO LE QUINTE (sottotitoli in italiano)
FEATURETTE – LA SCENA DELLE TORTURE (sottotitoli in italiano)
FEATURETTE – LE RIPRESE NELLA SERRA (sottotitoli in italiano)
FEATURETTE – LE RIPRESE DI LAGUNA BEACH (sottotitoli in italiano)
INTERVISTE
OLIVER STONE (sottotitoli in italiano)
BLAKE LIVELY (sottotitoli in italiano)
SALMA HAYEK (sottotitoli in italiano)
SPOT