Scheda film
Regia e Soggetto (ispirato alla serie “Bourne” di Robert Ludlum): Tony Gilroy
Sceneggiatura: Tony Gilroy, Dan Gilroy
Fotografia: Robert Elswit
Montaggio: John Gilroy
Scenografie: Kevin Thompson
Costumi: Shay Cunliffe
Musiche: James Newton Howard
USA, 2012 – Azione – Durata: 135′
Cast: Jeremy Renner, Rachel Weisz, Edward Norton, Donna Murphy, Joan Allen, Albert Finney, David Strathairn
Uscita: 7 settembre 2012
Distribuzione: Universal Pictures
Le infinite possibilità che ci attendono
Tony Gilroy, ideatore della serie di Bourne, prende le redini del quarto capitolo del popolarissimo franchise, che ha incassato quasi un miliardo di dollari nei botteghini internazionali, vestendo per la prima volta anche i panni di regista e partendo dall’universo creato dallo scrittore Robert Ludlum per espandere la saga originale. Il suo prolungamento della serie è stato annunciato più volte per quello che non è: si è ribadita a lungo l’idea che non si tratti di un prequel o di un reboot, ma il film di Gilroy ha tutte le carte in regola perché sembri un vero e proprio restart, e da alcune angolazioni si può persino pensare di essere di fronte a una sorta di spin-off.
Quel che è certo è che Jason Bourne è sparito nel nulla e di lui abbiamo traccia solamente nei primi minuti, in cui questo The Bourne Legacy ha l’obbligo – più contenutistico che morale – di riallacciarsi a The Bourne Ultimatum e dare così un senso al nuovo personaggio col quale ha intenzione di ripartire da zero: Aaron Cross alias Jeremy Renner.
Dodici anni fa il pubblico ha in effetti conosciuto Jason Bourne, e l’ha seguito lungo una spietata caccia all’uomo per tutto il mondo, alla continua scoperta della sua identità. Nel lascito di Ludlum il pubblico scoprirà che esistono vari programmi di intelligence, e che Treadstone è solo uno dei primissimi progetti messi a punto dalla CIA. Cross è uno dei sei agenti (“il numero cinque”) che appartengono al programma di nome Outcome, che a differenza di Treadstone è stato creato ad esclusivo appannaggio del Dipartimento della Difesa. Gli agenti di Outcome vengono addestrati a svolgere compiti isolati e ad altissimo rischio nel corso di un lungo periodo, e la fredda (e politicamente scorretta) mistura di irrobustimento fisico e potenziamento comportamentale è qui a uno stadio molto più avanzato.
Contro Aaron Cross c’è il Colonnello Eric Byer (Edward Norton), un nemico ancora più organizzato e determinato, nonché il direttore dell’agenzia segreta NRAG (National Research Assay Group) che è poi al centro dell’universo di Bourne. Al suo fianco, come tradizione vuole, c’è invece la bella e sensuale Marta Shearing (Rachel Weisz), una scienziata che opera nel settore di massima sicurezza all’interno del laboratorio di un gigante farmaceutico collegato all’agenzia.
Fisico (super)prestante, niente da perdere prima che iniziasse a far parte del nuovo programma e mente sempre lucida: Jeremy Renner e il suo Aaron Cross sono una versione meno sofisticata e più rozza del Bond di Daniel Craig, ma se quest’ultimo marchio si nutre e soffre al medesimo tempo della fama che lo precede, quello di Bourne ha finalmente l’occasione di sperimentare, allargarsi, distruggere e ricreare il suo personalissimo universo come non ha mai potuto fare prima. È forse proprio per questo che qualche buco di trama in più non ci rende insensibili alla sua meraviglia, e la solida trama di base ereditata dai primi tre film si fa sentire pur rimanendo stravolta dai numerosi rimaneggiamenti di The Bourne Legacy.
La saga di Bourne, si può dire, ha appena iniziato i “lavori di casa”; Cross è soltanto il primo contatto con il futuro, una miccia che è stata accesa in questo istante e che vedremo prossimamente portarci dritta verso l’esplosione. Jeremy Renner, dal suo canto, ha appena intrapreso quel percorso che più predilige della sua carriera, e dopo essersi imbattuto in The Hurt Locker e The Town gli viene finalmente conferito il titolo di protagonista indiscusso. Nel suo personaggio ci sono ancora delle note immature, quei piccoli aggiustamenti linguistici che dovremo fare nel descriverlo una volta averlo intravisto in questa prima apparizione, e in realtà non sappiamo ancora se tornerà a impossessarsi del suo agente, ma qualcosa ci sembra suggerire che lo farà.
Dopotutto, a conferma del franchise tornano immancabilmente marchi di fabbrica come gli inseguimenti d’auto (stavolta, più che altro, in moto), le location raffinate che la macchina da presa adora – e l’Adrenalina, infine, mirabile caratteristica della scena madre in cui Cross devia l’attenzione da sé facendo uso a proprio piacimento di un lupo iperaggressivo.
Come un free-roaming, ovvero un videogioco con un mondo aperto, con quest’ultimo Bourne qui si può davvero fare di tutto: le sue possibilità sono infinite, e ciascuna pedina ha ancora a disposizione numerose mosse per migliorare il gioco e renderlo più interessante.
Voto: * * *¾
Eva Barros Campelli
#IMG#Bourne to kill… again!
L’universo di ricerche per creare super-spie, il progetto Treadstone, minato da una delle sue cavie in fuga più illustri, Jason Bourne, e narrato nella trilogia a lui dedicata, sta crollando proprio sotto il peso delle sue dichiarazioni. Mentre è in corso il processo agli individui coinvolti, altri piani – di cui, come si scopre ora, Treadstone fu solo il capostipite – rischiano di essere scoperti. Uno di questi è Outcome, che il colonnello Eric Byer (Edward Norton), vera e propria eminenza grigia dietro le operazioni, decide di sacrificare, iniziando ad eliminare le ignare cavie ed i poco consapevoli scienziati. Tra le prime, Aaron Cross (Jeremy Renner) riesce a scappare mettendoci ben poco a capire che qualcuno ce l’ha con lui, mentre tra i secondi la dr.ssa Martha Schering (Rachel Weisz), quasi all’oscuro sulle reali finalità delle ricerche cui ha collaborato fino a quel momento, sopravvissuta ad una strage (non casuale) compiuta da un collega, viene salvata dallo stesso Cross da un ulteriore tentativo di eliminazione. Insieme cercheranno di salvare la pelle e di capire chi e perché li vuole morti…
Blockbusterone made in USA come solo lì li sanno fare, con tutti i pregi ed i difetti, The Bourne legacy raccoglie letteralmente il lascito dei tre episodi precedenti, mentre ancora quegli scenari si muovono verso un’apparente conclusione, creando però al tempo stesso una nuova saga. Punto di forza, come in parte anche la trilogia precedente, è che il protagonista non è al centro di una vicenda, ma É egli stesso vicenda, storia, materia narrata, che si va scrivendo sulla sua identità in bianco, come fossero le pagine di un libro.
Tony Gilroy, sceneggiatore dei film precedenti, prende in mano il timone e fa le cose in famiglia, sceneggiando e dirigendo in autonomia, ma anche mettendo nella troupe sicuramente più Gilroy di quelli presenti sull’elenco telefonico di New York, sua città natale.
Jeremy Renner non ha il fascino di Matt Damon, ma tiene bene la scena, in questo coadiuvato da una Rachel Weisz buonapertuttelestagioni, con il contraltare di grossi calibri nei ruoli dei cattivi come Edward Norton, Stacy Keach ed Albert Finney.
Ben inserito narrativamente nel tessuto della serie Bourne – scopriamo ora che quella era solo la punta dell’iceberg – il film di Gilroy parte bene nella prima parte, con la storia che viene costruita pezzo per pezzo, in un crescendo di tensione e suspense squisitamente hitchcockiana e nella totale incomprensione dello spettatore, che però riceve tutti i fili della matassa che presto riesce a ricomporre; si perde però nel finale, con il gioco al rialzo mediante la banale entrata in scena di un elemento di un’ulteriore e nuovo (e più temibile) progetto – il LARX – protagonista di un lungo inseguimento in moto, tecnicamente non sempre ineccepibile, in cui la tensione cala e che traghetta un po’ troppo rapidamente verso il finale.
Un blockbuster dignitoso e divertente, ma assai inferiore alle aspettative innescate sia dalla saga precedente che dalle prime concitate immagini che subito ci avevano catturato.
Voto: * * *
Paolo Dallimonti
17 luglio 2012 – Dalla nostra inviata Eva Barros Campelli
Ieri mattina, a Roma, si è tenuta la conferenza stampa per il nuovo e attesissimo capitolo della saga Bourne. A tenerla sono stati i due neo-protagonisti maschili Jeremy Renner ed Edward Norton, affiancati dal regista Tony Gilroy, che ha sceneggiato i primi tre film interpretati da Matt Damon per poi prendere le redini del successivo capitolo: The Bourne Legacy. Il franchising di Bourne ha incassato quasi un miliardo di dollari nei botteghini internazionali e nell’arco di pochi anni. L’universo inizialmente creato da Robert Ludlum sembra quindi pronto a espandersi con una storia originale che ci presenta una nuova generazione di agenti segreti: Aaron Cross (Jeremy Renner), un super agente che fa parte di un programma sofisticato e che rischia la vita sulla scia degli avvenimenti degli altri film, Marta Shearing (Rachel Weisz), una brillante scienziata del Dipartimento della Difesa, e il Colonnello Ric Byer (Edward Norton), il direttore di un’agenzia segreta che controlla un misterioso programma di spionaggio.
Qualche giorno fa abbiamo avuto modo di vedere sei scene in anteprima di The Bourne Legacy, per un totale di venticinque minuti di proiezione. Le prime impressioni sulla nuova pellicola diretta da Gilroy sono che la scelta del cast sia quantomeno azzeccata, così come le più recenti tecnologie impiegate riescano ad arricchire la saga senza intaccarne le fondamenta. Aaron Cross è certamente diverso da Jason Bourne, e Jeremy Renner è un attore in grado di apportare del suo al personaggio. Rachel Weisz ed Edward Norton sono poi due consolidate stelle del cinema, e non ci sono dubbi in merito al loro ingaggio. Il nuovo capitolo, che non dovrebbe collocarsi all’interno del panorama dei più recenti e numerosi reboot pur dandone in fondo l’idea, appare in sostanza tanto convincente da farci restare, impazienti, in attesa.
A Tony Gilroy: lei ha sceneggiato i primi tre film della saga di Bourne. Come si è mosso quando ne è diventato anche il regista?
Ci sono molte cose a cui siamo stati abituati nei film su Jason Bourne: l’energia e la forza complessive della pellicola, le location, i viaggi, le scene d’azione. Ma ci sono anche molte cose che differiscono in quest’ultimo capitolo, c’è più attenzione alla storia, agli scenari, e nonostante le analogie con i precedenti personaggi i problemi che essi affrontano sono diversi.
Nei 25 minuti visti abbiamo apprezzato molto il confronto tra il personaggio di Jeremy Renner e quello di Edward Norton. Come vedremo svilupparsi ulteriormente il loro scontro sullo schermo?
Edward Norton: I venticinque minuti che avete visto appartengono in realtà a un cinema più visivo che altro, nonostante si intuisca chi è il buono e chi il cattivo. Di fatto, io e Jeremy abbiamo lavorato assieme soltanto per una giornata, poiché nel film siamo sempre divisi da scene diverse. Nel complesso abbiamo comunque cercato di lavorare in maniera intelligente, rendendoci le cose più facili e senza tralasciare il divertimento. Io sono stato un grande ammiratore di questi due ragazzi [Gilroy e Renner] per molto tempo, e so che uno dei loro obiettivi principali era quello di mandare la storia in avanti, affrontando nuovi temi per non tornare indietro. Il fatto che Tony fosse già stato coinvolto nei primi tre film era interessante, volevo vedere come avrebbe fatto ad apportare delle novità a questo capitolo. E sono rimasto impressionato dal modo in cui ha utilizzato quest’opportunità per dare uno sguardo diverso al mondo di Bourne, con una visione più specifica a livello morale. Ho pensato che quella del compromesso morale di ciascun personaggio fosse in particolare una nuova, importante dimensione emotiva del film.
A Tony Gilroy: ultimamente, il franchising di Bond tenta di rinnovarsi attraverso vari percorsi. Ma adesso è forse proprio questo The Bourne Legacy il nuovo Bond, dato che offre un personaggio molto moderno, d’azione, che si muove in più location. Lei lo vede così?
Penso che sia un periodo molto interessante per il cinema. Abbiamo molti franchising all’attivo, grosse produzioni con un sacco di persone che cercano di sperimentare nuove strade per raccontare le loro storie. Abbiamo queste serie e dobbiamo continuarle. Come per Batman o Spiderman anche noi ci siamo guardati indietro, a quello che avevamo e a come potevamo proseguirlo, e l’idea è stata che nei film precedenti avessimo mostrato solo una piccola parte dell’universo di Bourne, in modo che in quest’ultimo avremmo potuto crearne uno più grande e complesso. I primi quindici minuti di The Bourne Legacy sono quindi una sorta di testimone di passaggio tra The Bourne Ultimatum e questo, ma penso che esplorare tutte le nuove possibili direzioni funzioni. Quello che ci differenzia poi davvero da Bond o da Mission Impossible è che non siamo mai stati cinici al riguardo del tema che trattiamo. Non abbiamo mai reso leggendario il marchio, nemmeno attraverso la merchandising. Dopotutto, a differenza delle altre saghe, c’è un fondo di verità in quello che raccontiamo.
A Edward Norton: quali sono i personaggi che le piace interpretare, e come lega questi ultimi a quello che interpreta in Bourne?
Penso di aver interpretato molti personaggi complessi e diversi nella mia carriera. Le esperienze più ricche che ho fatto hanno però coinvolto tutte personaggi pieni di contraddizioni, che non possono essere ridotti a una semplice categoria. Trovo che le persone e la maniera in cui si contraddicono siano un lato molto affascinante su cui lavorare. L’ho applicato anche qui. Tony mi ha offerto un personaggio col quale fosse difficile ritrovarsi o anche solo comprendere perché compie determinate scelte, o perché ha determinati ideali. Il mio personaggio affronta infatti diversi compromessi e lo stesso sente di servire il suo paese. Ho pensato che fosse molto interessante quest’idea di un personaggio che compiesse cattive azioni e al contempo credesse di fare il contrario. Le persone lo fanno spesso. Bond, invece, così come Ethan Hunt di Mission Impossible, sono tutti superuomini. Bourne vive nel mondo reale, dove le persone lì fuori, il Governo, queste cose le fanno davvero. Come attore è stato affascinante cercare di ritrarre questo lato psicologico e morale del mio personaggio.
I primi tre film di Bourne si sono identificati con Matt Damon. Sostituirlo dev’essere stata una delle imprese più delicate. Com’è avvenuta la scelta di Jeremy Renner?
Tony Gilroy: Lavorare allo script dei primi tre film non è stato affatto facile, e quando abbiamo finito ci siamo chiesti tutti come continuare in qualche modo la saga. Non sapevamo cosa fare col personaggio di Damon, così a un certo punto il nostro team ha deciso di spostarsi su qualcos’altro. Non si poteva sostituire facilmente uno come lui, ci serviva qualcuno che riuscisse a catturare l’anima dei primi film. Questo ci ha preso un bel po’ di tempo, sia per me che dovevo trovare un personaggio idoneo, sia per il resto del team che doveva trovare un attore adeguato. Quando ho deciso di dirigere il film ho cercato allora personalmente l’attore, finché tutti quanti, io e la mia troupe, non ci siamo direzionati all’unisono verso Jeremy.
In cosa si differenzia Aaron Cross da Jason Bourne? Da quello che abbiamo visto sembra anzitutto più propenso a uccidere…
Tony Gilroy: Quello che abbiamo visto è che Jason Bourne fa parte di un programma della CIA. Adesso, però, sappiamo chi è a capo dell’intero programma, e in quest’ultimo capitolo avremo modo di vedere la CIA sconvolgere letteralmente la mente del suo agente. Ora il programma ha a disposizione diverse risorse militari e intelligenti, mentre Bourne è finalmente libero. È diventato tutto più complicato, scientifico, e gli uomini che la CIA ricerca sono persone molto più integrate nella società, capaci di adattarsi in essa e allo stesso tempo più aggressive.
A Jeremy Renner: come si è preparato per questo ruolo conoscendo i precedenti film con Matt Damon?
Be’, ho fatto molto stretching. Mi sono allenato ogni giorno, quindi direi che la vera preparazione è stata quella fisica. La cosa più importante da fare era riuscire ad interpretare Aaron Cross a livello fisico, quindi sì, direi che lo stretching è stato fondamentale.
A Edward Norton: quali sono gli attori del passato che hanno interpretato il ruolo del cattivo e che ha considerato un punto di riferimento per questo personaggio?
Ce sono così tanti. Per esempio mi è piaciuto molto Daniel Day-Lewis in Il petroliere. Mi piace anche Gene Hackman in Superman… in linea generale, comunque, mi piacciono i cattivi che hanno delle forti capacità persuasive, quelli con cui andresti volentieri a cena, a volte più volentieri che con un personaggio buono.
A Jeremy Renner: nella scena dell’inseguimento a Manila ha utilizzato una controfigura o ha guidato sempre lei?
Sì, la moto l’ho guidata quasi sempre io, ed è stata utilizzata una controfigura solamente per alcuni brevi e più complicati istanti. La mia vera paura è stata che dietro di me avevo Rachel Weisz, e non mi sarei mai voluto schiantare con un passeggero per il quale ero responsabile. In effetti ho preso appositamente delle lezioni per migliorarmi ed evitare così che una cosa del genere potesse accadere.
The Bourne Legacy uscirà nelle sale italiane a partire dal 7 settembre.
Voto: * * *
A cura di Eva Barros Campelli
Alcuni materiali del film:
INFOGRAPHIC SULLA SAGA DI BOURNE
TWITTER AGGREGATOR – FOLLOWING BOURNE
IL SALUTO DI EDWARD NORTON (sottotitoli in italiano)
DIETRO LE QUINTE (sottotitoli in italiano)
MOBY E LA COLONNA SONORA DEL FILM (sottotitoli in italiano)
LE RIPRESE PER LE STRADE DI MANILA (sottotitoli in italiano)
SUL SET DEL LAGO IN MONTAGNA (sottotitoli in italiano)
EDWARD NORTON PARLA DEL SUO PERSONAGGIO (sottotitoli in italiano)
JEREMY RENNER PARLA DEL SUO PERSONAGGIO (sottotitoli in italiano)
RACHEL WEISZ PARLA DEL SUO PERSONAGGIO (sottotitoli in italiano)
INTERVISTE – IL REGISTA TONY GILROY (sottotitoli in italiano)
INTERVISTE – EDWARD NORTON (sottotitoli in italiano)
INTERVISTE – JEREMY RENNER (sottotitoli in italiano)
VIDEOCHAT CON TONY GILROY, JEREMY RENNER E EDWARD NORTON