Scheda film

Regia: Mia Hansen-Løve
Soggetto: Mia Hansen-Løve
Sceneggiatura: Mia Hansen-Løve
Fotografia: Stéphane Fontaine (AFC)
Montaggio: Marion Monnier
Scenografie: Mathieu Menut, Charlotte de Cadeville
Costumi: Bethsabée Dreyfus
Musiche: Pascal Mayer
Francia/Germania, 2011 – Drammatico – Durata: 111′
Cast: Lola Créton, Sebastian Urzendowsky, Magne Brekke, Valérie Bonneton, Serge Renko
Uscita: 22 giugno 2012
Distribuzione: Teodora Film
Sale: 21

 Amour Fou

Una vera e propria onda rosa sta attraversando il cinema francese, da sempre fra i più fertili e ricchi nel panorama internazionale: sono molte infatti le giovani cineaste che si stanno affermando sulla scena d’Oltralpe, basti pensare al successo delle sorelle Coulin o a Valerie Donzelli che con il suo La guerra è dichiarata ha saputo conquistare pubblico e critica grazie al tocco lieve e brioso con il quale ha saputo trasferire sulla pellicola una drammatica vicenda autobiografica.
Attinge al proprio bagaglio personale anche Mia Hansen-Løve, classe 1981, che con il suo terzo lungometraggio racconta il travaglio di un amore adolescenziale sofferto e difficile da dimenticare: con Un amore di gioventù si chiude la sua ideale trilogia sulla necessità di colmare il vuoto di una perdita, sia essa generata da un lutto improvviso e destabilizzante (Il padre dei miei figli) o da un lungo allontanamento (Tout est pardonné).
Camille e Sullivan sono giovani e innamorati ma il loro amore acerbo e totalizzante non sembra destinato al lieto fine, dal momento che il ragazzo decide di abbandonare gli studi e volare in Sud America: gli anni passano ma non leniscono il dolore della ragazza che dopo aver davvero toccato il fondo sembra ritrovare serenità e positività solo grazie all’incontro con un uomo maturo, un professore di architettura conosciuto all’università. Proprio quando tutti gli equilibri sembrano ricostituirsi, Sullivan irrompe di nuovo nella vita di Camille.
Mia Hansen-Løve utilizza la macchina da presa per restituire ordine e lucidità ai sentimenti che ha vissuto in prima persona, trasformando le emozioni nella base per la rielaborazione e la trasposizione cinematografica ed è dalla necessità di restituirvi una cornice e attribuirgli un senso che nasce Un amore di gioventù, un film delicato che fotografa l’inquietudine di un amore tanto intenso quando volubile: non c’è leggerezza o spensieratezza nel rapporto tra i due protagonisti, instabili e confusi, fondamentalmente in balia del ricordo che li lega indissolubilmente e che sembra impedire a entrambi di voltare pagina.
Con un gusto impressionista che pare assorbire l’eredità non solo delle suggestioni di Rohmer ma anche di Bresson (“È più di un punto di riferimento per me anche se non ho mai cercato di imitarne lo stile radicale” ha dichiarato la regista alla stampa romana) Mia Hansen-Løve tratteggia i contorni di un vero e proprio melodramma sentimentale nel quale anche il tempo sembra faticare nel riconciliare con una rottura: Un amore di gioventù è la cronaca di un’ossessione, di un sentimento positivo che si trasforma in una zavorra, in una claustrofobica prigione che ingabbia il futuro trasformando il presente in una snervante attesa priva di speranze.
Formalmente essenziale ed esteticamente minimale, il film trasla sulla pellicola la sospensione e la tensione nella relazione fra i protagonisti ma non sembra riuscire a partecipare emotivamente alle vicissitudini dei due, limitandosi quasi a inamidarne le dinamiche fossilizzandosi sulle loro fragilità e sugli slanci di determinazione: l’indagine della Hansen-Løve si riduce quindi alla metafora dell’architettura come sintesi degli stimoli che si contrappongono nell’esistenza di ognuno (il bisogno di metafisica e astrazione che però non può prescindere dall’attaccamento alla realtà e alla materialità delle cose) e alla rappresentazione puntuale del dolore imbronciato che si staglia sul viso di Lola Creton, vera mattatrice dell’azione. In Un amore di gioventù c’è tanto pudore, talmente tanta delicatezza nel non voler turbare la distonica armonia in scena che la sensibilità della cineasta rischia di tradursi in mancanza di personalità, soprattutto per quanto concerne la gestione del racconto nella lunga fase di distanza fra i due innamorati, che fatica a trovare la propria dimensione fra la cronaca di un’autodistruzione e racconto di formazione. Eppure la semplicità è forse l’elemento più convincente dell’intero progetto, che grazie a un’ottima fotografia curata da Stéphane Fontaine e a una selezione musicale particolarmente azzeccata (con la voce di Violeta Parra ad evocare quel Sud America che pur senza entrare in scena è così determinante nello sviluppo della narrazione): la discrezione della Hansen-Løve ben presto si traduce in tenerezza, in quell’affetto che non cerca di dare risposte ai dilemmi dell’amore ma che si limita a constatarne affettuosamente le contraddizioni e le difficoltà.
Presentato con successo durante l’ultima edizione del Festival di Locarno, dove si è guadagnato la Menzione Speciale della Giuria, Un amore di gioventù è uno spaccato delicato che spesso non sembra riuscire a cogliere il limite fra il naturalismo silenzioso e la ricostruzione bucolica idealizzante ma che senz’altro sa dare vita a un sentiero non privo di asperità che si snoda fra i turbamenti dell’età più combattuta e inquieta di ognuno: considerata la sensibilità e la versatilità della regista non resta che attendere Eden, il nuovo ambizioso progetto di Mia Hansen-Løve, scritto a quattro mani con il fratello, incentrato sull’ambiente della musica elettronica a Parigi, raccontata attraverso l’ascesa e la distruzione di un dj.
RARO perché… è una storia d’amore, ma di nicchia.

Voto: * *½

Priscilla Caporro