Scheda film

Regia: Valérie Donzelli
Sceneggiatura: Valérie Donzelli, Jérémie Elkaïm
Fotografia: Sébastien Bauchmann
Montaggio: Pauline Gaillard
Scenografie: Gaëlle Usandivaras
Costumi: Élizabeth Méhu
Musiche (consulenza): Jérémie Elkaïm
Francia, 2011 – Drammatico – Durata: 100‘
Cast: Valérie Donzelli, Jérémie Elkaïm, César Desseix, Gabriel Elkaïm, Brigitte Sy, Elina Lowensohon, Michéle Moretti
Uscita: 1° giugno 2012
Distribuzione: Sacher Distribuzione

Sale: 30

 Romeo & Juliette vanno alla guerra

Romeo e Juliette: una storia d’amore dai sinistri presagi, dal destino tragico, come lui le dice al loro primo, fatidico incontro. Nasce Adam, il “loro” primo uomo, bello come il sole, ma dalla salute cagionevole. Tra un pediatra e l’altro, a diciotto mesi i ripetuti disturbi del bambino iniziano ad assumere un’identità più definita, fino a materializzarsi in un nome agghiacciante, di quelli che non vorresti aver sentito mai: tumore maligno al cervello. Col sostegno dei genitori – famiglia normale quella di Juliette, padre scomparso e madre lesbica per Romeo – affrontano, attraverso l’operazione e la chemioterapia, la malattia del figlio, che sarà ancora vivo all’età di otto anni grazie alla loro tenacia, ma nel frattempo distruggono il loro rapporto, pur restando solidi.
La guerra è dichiarata: guerra alla malattia, alla morte, purtroppo all’amore, ma anche – e non è una critica, anzi – al cinema! Perché Valérie Donzelli, dopo la sua opera prima La reine des pommes, inedita da noi, innanzitutto porta sullo schermo una storia personale e vera, realmente vissuta insieme al suo ex-compagno, qui coprotagonista, Jérémie Elkaïm, quella della malattia del loro piccolo Gabriel, con tutto ciò che di meta-filmico può esserci – compresa la partecipazione del bambino (guarito) nel ruolo di Adam finalmente in remissione – ed in secondo luogo perché, da attrice qual è, pur non debuttando, si esprime in maniera cinematograficamente naif, ma non per questo poco efficace o affascinante. Un po’ come accadde per i Beatles, che non conoscendo la musica ed andando “ad orecchio” furono lo stesso (o proprio per quello) capaci di innovare il pop ed il rock, così la Donzelli gira il suo film con una macchina fotografica HD, per eccesso di discrezione, e, attraverso il ricorso a due voci narranti, maschile/femminile, a stupende canzoni che recupera dal suo (come dal nostro) immaginario di tutta una vita, e ad un uso personale, ed ai limiti, del linguaggio – lunghe quanto significative sovrapposizioni che pochi altri potrebbero permettersi – arriva anche lei quasi ad innovarlo. Insomma, quello che altrove sarebbe kitsch – come ad esempio il brano “Ton grain de beauté”, composto dai due attori, che si cantano l’un l’altro, pur lontani – qui è “solo” sublime poesia.
Il suo modo di fare cinema in sostanza riporta alla memoria il Truffaut degli inizi, un altro “fanciullo” che si affacciava alla settima arte dall’altra parte della macchina da presa, quello de I quattrocento colpi e de Il ragazzo selvaggio, che viene in mente non a caso per l’uso di Vivaldi nella colonna sonora.
Ed è un cinema vivo, che morde, azzanna, fa male, commuove senza premeditazione e riesce anche a scroccare un sorriso. Un cinema che scuote, ma anche rassicura, perché, a stare attenti, la Donzelli fa iniziare la storia dalla fine, pur se non esplicitamente, per poi portare il forte e martellante rumore di un macchinario per la Risonanza Magnetica Nucleare, attutito dai tappi per le orecchie, a sovrapporsi con gli stessi potenti suoni di una discoteca dove la coppia si conobbe ed agganciare quindi da lì tutto il racconto. Un cinema, che proprio perché parte da un dato personalissimo, rielaborato in maniera altrettanto intima – la sceneggiatura è di entrambi i genitori/attori – almeno nel termine di finzione forse neanche può definirsi tale.
Autobiografismo terapeutico? Diario? Docu-fiction? Probabilmente niente di tutto ciò, ma poco importa: qualunque cosa sia, è assolutamente straordinaria.
Raro perché… già, perché?!

Voto: * * * *

Paolo Dallimonti