Scheda film

Regia: Stephen Daldry
Soggetto: tratto dal romanzo di Jonathan Safran Foer
Sceneggiatura: Eric Roth
Fotografia: Chris Menges
Montaggio: Claire Simpson
Scenografie: K.K. Barrett
Costumi: Ann Roth
Musiche: Alexandre Desplat
USA, 2011 – Drammatico – Durata: 129′
Cast: Thomas Horn, Sandra Bullock, Tom Hanks, Max Von Sydow, Viola Davis, John Goodman, Jeffrey Whright
Uscita: 23 maggio 2012
Distribuzione: Warner Bros

 Il sesto distretto

Ci sono date che cambiano il corso della storia e l’11 settembre 2001 è certamente una di queste: molti sono stati i cambiamenti che hanno segnato questi lunghi dieci anni, sconvolti da quella che è stata definita la più importante perdita di innocenza collettiva dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, tra nuovi o rinnovati conflitti, complesse strategie di politica internazionale e una più sottile (ma non meno evidente) ombra sulla quotidianità di tutti i cittadini dell’enorme comunità globale.
Il cinema statunitense in questo decennio ha cercato di confrontarsi con il più grande trauma della sua storia recente, seguendo direzioni stilistiche diverse e ottenendo risultati ovviamente molto diversificati: dalla critica appassionata di Fahrenheit 9/11 di Michael Moore all’elogio commosso (e per la verità un po’ retorico) di World Trade Center di Oliver Stone, passando per il film collettivo a episodi 11 settembre 2001, sono stati moltissimi i prodotti dell’industria cinematografica a stelle e strisce che hanno raccontato – sia pure magari indirettamente – il ricordo, lo sbigottimento e il desiderio di rinascita degli USA (basti ricordare ancora La 25esima ora di Spike Lee, che per la prima volta puntò l’obiettivo sulla voragine di Ground Zero).
Molto forte, incredibilmente vicino di Stephen Daldry, tratto dal secondo romanzo di Jonathan Safran Foer (balzato in cima alle classifiche dei bestseller già con il suo esordio “Ogni cosa è illuminata”), è stato il primo prodotto letterario di rilevanza mediatica ad affrontare direttamente la tragedia dell’11 settembre e le ripercussioni degli attentati fra i parenti delle vittime: il film si addentra nella New York ferita del 2002, a un anno dagli attentati, fotografandone i tanti volti e molte anime, in un ritratto che alterna toni drammatici a parentesi più leggere, accelerazioni ritmiche a pause distensive.
Oskar è un bambino decisamente intelligente, intuitivo e attento, ma la sua ritrosia nei confronti degli altri e l’ossessività quasi compulsiva di alcuni suoi comportamenti sembrano denunciarne una leggera affezione da sindrome di Asperger. L’11 settembre 2001 la vita del ragazzino giunge a una tragica svolta a causa della morte del padre nel duplice attentato al World Trade Center: l’uomo, genitore esuberante e fantasioso, aiutava e stimolava il figlio a superare le proprie difficoltà grazie ad “avventurose missioni” metropolitane e quando ad un anno dalla sua scomparsa Oskar rinviene nel suo armadio una misteriosa chiave si impegna a scoprire a cosa apra, a decifrare quale sia il messaggio che è convinto che gli sia stato lasciato e per questo inizia una lunga, meticolosa ed estenuante ricerca attraverso la sua città, una New York ancora sconvolta dove convivono migliaia di storie destinate a non intrecciarsi mai, o forse no.
Molto forte, incredibilmente vicino è un film estremamente ricco di suggestioni e che in particolare scava e approfondisce le dinamiche emotive e relazionali di una famiglia segnata da un lutto gravissimo e costretta dagli eventi a ricostruire una normalità dalle macerie di uno choc collettivo prima ancora che personale: attraverso i ricordi, la creatività, il coraggio e al contempo la paura di un bambino decisamente fuori dal comune, si delinea il ritratto di una comunità sfregiata dal terrore, incapace di fronteggiare il proprio senso di impotenza e contemporaneamente determinata a superare il proprio lutto.
La paura, la diffidenza nei confronti dell’altro sono senza dubbio due degli spunti di riflessione che stanno alla base dello sviluppo di Molto forte incredibilmente vicino, che restituisce allo schermo il senso di claustrofobico sgomento e l’energia reattiva, nervosa ed esplosiva tangibile nella città: narrativamente il film è imperniato sulla figura di Oskar ma il racconto ben presto prende la forma di un affresco generale ben più ampio, che affronta – sia pure con i toni alterati dall’immaginazione di un bambino – il tema dell’amore e dell’assenza, della morte e di quel “panta rei” che filosoficamente abbraccia le vite di ognuno.
Il materiale a disposizione del regista era estremamente vasto e neppure così facile da adattare cinematograficamente e Stephen Daldry (già regista di Billy Elliott, The Hours e The Reader) non sembra riuscire ad eludere in pieno la minaccia della retorica: il film è imbevuto di sensazioni, percezioni e sentimenti che spaziano dalla malinconia alla dolcezza e alla disperazione, ma alla pellicola sembra mancare l’asciuttezza necessaria per rendere spontanea l’evoluzione emotiva del racconto. Lo strazio familiare, lo smarrimento di un bambino che ha perso il suo punto di riferimento, la difficoltà nel trovare il proprio ruolo in una metropoli densissimamente abitata ma nella quale si fatica a trovare la propria dimensione: zigzagando pericolosamente sulla linea di confine fra la riflessione amara e gli stereotipi, Daldry sceglie la via della dolcezza e della delicatezza, rinunciando ai tratti più graffianti della pagina scritta e prediligendo una costruzione narrativa tutta improntata sulla ricerca della commozione.
Con un cast ricco di volti noti (da Tom Hanks a Sandra Bullock, senza dimenticare Viola David, John Goodman e Jeffrey Whright) su cui brilla un intenso Max Von Sydow e il bravo Thomas Horn, Molto forte, incredibilmente vicino trova la sua vis nella vivacità e nella sfrontatezza del suo protagonista ma sembra assimilarne anche le difficoltà di relazione e le contraddizioni: è sicuramente difficile imprimere sulla pellicola il dolore senza rischiare di sovraesporne le caratteristiche e Daldry – che pur certamente non persegue la strada del sensazionalismo del lutto – sembra impantanarsi nelle pieghe più struggenti di questo dettagliato e accorato quadro emotivo. Malgrado spesso indugi nel didascalismo e in un certo manierismo estetico, il film sa raccontare con tenerezza il logorroico bisogno del suo protagonista di dare un senso a ciò che lo circonda e inseguendo la sua forsennata ricerca attraverso i cinque distretti di New York, Stephen Daldry punta i riflettori sulla riscoperta dell’altro e sull’importanza della determinazione. Una ricca commistione di buoni sentimenti e lacrime che sono valsi a Molto forte, incredibilmente vicino due nomination agli Academy Awards, una per il Miglior Film e una per il Miglior Attore Non-Protagonista.

Voto: * *½

Priscilla Caporro