Scheda film

Regia, Fotografia e Montaggio: Mike Cahill
Soggetto e Sceneggiatura: Brit Marling, Mike Cahill
Scenografie: Darsi Monaco
Costumi: Aileen Diana
Musiche: Fall On Your Sword
USA, 2011 – Fantascienza – Durata: 92′
Cast: Brit Marling, William Mapother, Matthew-Lee Erlbach, DJ Flava, Meggan Lennon, AJ Diana, Bruce Colbert
Uscita: 18 maggio 2012
Distribuzione: 20th Century Fox

Sale: 9

 Esistenze speculari

Il Sundance è da sempre sinonimo di qualità, un marchio che certifica a caratteri cubitali la bontà di gran parte delle pellicole indi che regolarmente transita nella sua selezione annuale. Dall’edizione 2011, dove si è aggiudicata l’Alfred P. Sloan Prize per gli interessanti temi di scienza e tecnologia di cui tratta, nonché il Premio Speciale della Giuria, arriva nelle sale nostrane grazie alla lungimiranza della Fox Searchlight Pictures (messa un po’ in discussione dalla scelta di programmarla in piena Cannes) la folgorante opera prima di Mike Cahill, Another Earth.
Il film ci porta nella vita di Rhoda Williams, una studentessa dalle ottime capacità tanto che è stata ammessa al MIT (Massachusetts Institute of Technology). Il suo interesse per l’astrofisica è intenso tanto che una sera provoca un drammatico incidente stradale. La causa immediata è data dal fatto che è stato scoperto un pianeta che è speculare alla Terra e che lo stesso sta iniziando a fare la sua comparsa nel cielo. Rhoda, alla guida della sua auto si distrae guardando in alto e uccide il figlio e la moglie incinta di John Burroughs, un noto compositore. Una sinossi dalla quale emerge in maniera prepotente una capacità di calamitare a sé la curiosità di qualsiasi tipo di spettatore, perché figlia di un cocktail afrodisiaco di dramma, melò e sci-fi. Il risultato è una fantascienza minimalista che non ha bisogno della pomposità e della magniloquenza degli scenari futuristici e ultratecnologici, popolati da minacce aliene, navi spaziali e megalopoli fluttuanti. Piuttosto lavora e scava nelle paure ataviche proiettate in un futuro orrorifico sull’orlo dell’apocalisse, con un pianeta speculare dove il tempo e lo spazio hanno incrociato le loro coordinate con quelle della Terra. Una (Fanta)scienza concettuale, dal retrogusto new age, che si presenta allo spettatore sotto forma di un esempio di cinema acustico (basta chiudere gli occhi e lasciarsi trascinare dalle sonorità elettroniche dei newyorkesi Fall on Your Sword), da ascoltare prima che da vedere, che esprime “una congenita incapacità di visualizzare l’ignoto”, come dichiarato da Gianni Canova in occasione dell’uscita nel 1997 di Contact.
Ed è proprio dal film di Robert Zemeckis, trasposizione dell’omonimo romanzo di Carl Sagan, dal suo approccio all’anti-materia dello spirito che si congiunge con il dolore del corpo che Cahill prende spunto per percorrere magistralmente il filo rosso che, cinematograficamente parlando, si snoda da Doppia immagine nello spazio di Robert Parrish a Melancholia di Lars von Trier, passando per Solaris di Andrej Tarkovskij. Qui l’esperienza fisica si va a sovrapporre con quella mentale, dando origine a un’opera che fagocita la platea, la stordisce, catapultandola in una dimensione “altra”, cristallizzata e dalle atmosfere glaciali (restituite da una fotografia saturata e virata verso tonalità blu e grigiastre). La topografia degli spazi e la temporalità sembrano quasi venire meno, non esistere né drammaturgicamante né narrativamente, perché i luoghi e i giorni passano sullo schermo senza lasciare tracce, con il solo pianeta “Terra 2” a segnare il loro progredire avvicinandosi sempre di più fino a far pensare all’inevitabile collisione.
La povertà dei mezzi a disposizione non impedisce al giovane regista statunitense di pensare in grande, di plasmare un affascinante involucro sci-fi, nel quale riversare un dramma intimo e personale che, attraverso un faccia a faccia tra le quattro mura di una casa, permette alla storia e ai personaggi che la animano (i bravissimi e intensi Brit Marling e William Mapother) di confrontarsi con sentimenti ed emozioni terrene come il rimorso, la rabbia, il perdono, la speranza, l’amore, la paura e la pura meraviglia. L’evento scientifico rimane fuori dalla porta, filtra e arriva alle orecchie e agli occhi delle persone attraverso portali sulla rete, le televisioni e le radio accese che ne seguono passo dopo passo gli sviluppi. Questo spinge Rhoda e John, ma anche noi, a interrogarsi e a interrogarci su quesiti alti, più grandi di loro e di noi.
In Another Earth, Cahill non offre risposte (e come potrebbe del resto visto che di risposte non ne ha nessuno), piuttosto suggerisce alternative, stimolando continuamente vecchie e nuove fantasie o ipotesi, dando voce con i flussi mentali della protagonista a quello che da secoli è impresso nell’immaginario comune («Nella grandiosa storia del cosmo, che vive da oltre tredici miliardi di anni, la nostra Terra si è duplicata altrove. C’è qualcuno identico a te, da qualche parte nello spazio»). Il grande merito di Cahill è soprattutto quello di essere riuscito ad amalgamare il tutto nella sceneggiatura quanto nella regia, regalandoci in modalità random momenti spaventosi (il primo contatto con il pianeta Terra 2, l’incidente iniziale) e altri di assoluto lirismo (le passeggiate della protagonista per le strade a rallentatore con il pianeta Terra 2 perennemente sul sfondo e che scena dopo scena si fa sempre più visibile a occhio nudo). Il risultato è angoscioso, ossessivo nel suo ritmo lento, enigmatico, che inchioda lo spettatore allo schermo grazie a un potere ipnotico che sorprende.
RARO perché… è un film più minimalista che di fantascienza.

Voto: * * *½

Francesco Del Grosso