Scheda film

Regia: Drew Goddard
Soggetto e Sceneggiatura: Joss Whedon, Drew Goddard
Fotografia: Peter Deming
Montaggio: Lisa Lassek
Scenografie: Martin Whist
Costumi: Shawna Trpcic
Musiche: David Julyan
USA, 2011 – Horror – Durata: 95′
Cast: Kristen Connolly, Chris Hemsworth, Anna Hutchison, Fran Kranz, Jesse Williams, Richard Jenkins, Bradley Whitford
Uscita: 18 maggio 2012
Distribuzione: M2 Pictures

 Come un Vaso di Pandora

Cinque studenti di college partono su un camper alla volta di una casa nel bosco per trascorrere un week-end di assoluto relax. Dopo aver fatto rifornimento in una pompa di benzina gestita da un uomo inquietante giungono a destinazione. Ormai a loro agio nella baita, iniziano a giocare a obbligo e verità quando una botola si apre svelando una cantina colma di strani oggetti: di lì a poco saranno presi d’assalto da una famiglia di zombi, mentre da una sala-bunker un gruppo di tecnici osserva attraverso telecamere nascoste ogni loro mossa.
Mai sinossi fu così fuorviante quanto quella creata per promuovere l’uscita nelle sale di Quella casa nel bosco, opera prima partorita dalle menti di Drew Goddard e Joss Whedon, rispettivamente regista e produttore di un horror meritevole di entrare nella tanto abusata categoria dei cult. Meritevole perché capace come pochi altri tentativi andati a segno di mutare strada facendo pelle e connotati, lasciando letteralmente a bocca aperta lo spettatore grazie a uno di quei colpi di scena da vero e proprio illusionista.
Il duo, che del film firma anche la sceneggiatura, materializza sullo schermo un autentico gioco di prestigio che permette al plot e ai personaggi che lo animano di passare dalla mediocrità all’eccellenza, in un genere che da sempre vive e ha vissuto di clamorosi picchi e di altrettanti clamorosi tonfi. Il tutto nell’arco di un battito di ciglia, quanto basta a rovesciare le sorti di un teen-horror che da minestra riscaldata di cliché, atmosfere, situazioni e figure ricorrenti sin dalla notte dei tempi nella cinematografia della paura, si tramuta in un crescendo di trovate narrative e tecnico-stilistiche che consegnano allo sguardo della platea di turno un valzer vorticoso di macelleria di alto livello e humour nero che crea corrispondenze e assonanze tra la tradizione e il nuovo che avanza. Di conseguenza, ciò che sembrava già visto e sentito, tanto poco originale da risultare persino irritante e inutile, acquista, grazie al suddetto coup de théâtre da manuale, una nuova veste in grado di scardinare i cattivi pensieri che si stavano facendo largo nel pensiero del fruitore, in particolare in quello degli addetti ai lavori chiamati a giudicarlo.
Goddard tira fuori dal cilindro quella sorpresa che oramai non ti aspetti più, così abilmente tenuta nascosta per un’ora circa, scoperchiando così una sorta di Vaso di Pandora che libera tutto e il contrario di tutto, ma che per rispetto ovviamente non riveleremo neanche sotto torchio. Con il cambio di rotta narrativo e drammaturgico anche la componente visiva e la messa in scena esplodono in un’accelerazione incontrollabile di campi controcampi e vorticosi movimenti di macchina che azzerano le parole per lasciare spazio all’azione. E sullo schermo rimangono barili di sangue e anfratti sparpagliati qua e là a ricordare che non bisogna mai sottovalutare il potere immaginifico di chi il cinema lo sa fare e alla grande.

Voto: * * * *

Francesco Del Grosso

 #IMG#Cinque ragazzi…

Cinque ragazzi trascorrono un week-end in una casa isolata tra i boschi, ma presto si accorgeranno di non essere soli. Nel frattempo, alcuni tecnici sorvegliano a distanza ogni loro mossa da una sala di controllo.
Annunciato per il 2010 ma rimasto nel limbo per due anni a causa della bancarotta della MGM, arriva nelle sale Quella casa nel bosco, esordio alla regia dello sceneggiatore Drew Goddard (Cloverfield), che ha scritto il film in collaborazione con Joss Whedon, regista del fortunatissimo The Avengers e inventore di Buffy e Angel.
Divertita destrutturazione dell’horror-movie, il film fa un allegro falò degli stereotipi fondativi del genere, lasciandone soltanto le ceneri. L’incipit, a cui abbiamo assistito un infinito numero di volte, mette in scena il consueto gruppetto di studenti di college, ognuno corrispondente a una precisa tipologia: Holden, l’intellettuale compassato; Marty, la spalla comica; Curt, il maschio alpha; Jules, la ragazza sessualmente aggressiva; Dana, la vergine. Ognuno di loro è un archetipo, così’ come la casa nel bosco è l’epitome di decine di altre “case”, da Sam Raimi a Cabin Fever, e svela sin dall’inizio la propria natura di set artificiale. I goliardici tecnici della sala controllo/regia, trasparenti alter ego di Whedon e Goddard, manipolano leve, schiacciano interruttori, si assicurano che tutto vada come deve andare, in modo da soddisfare le aspettative del pubblico che richiede il suo rituale sacrificio di sangue ma, per carità, fatto secondo le regole. Il gruppetto ha la facoltà di decidere di quale morte morire, di innescare la fabula a seconda dell’oggetto manipolato (carillon, bambola, medaglione, diario, sfera pseudobarkeriana), anche se, a voler essere pignoli, non tutti appaiono congruenti con il set. Nel frattempo il regista-demiurgo e il suo sceneggiatore azzerano psicologie e indirizzano le dinamiche tra i personaggi utilizzando sostanze chimiche. I cinque ragazzi vengono spogliati della loro individualità, abbassandone l’intelligenza e innalzandone la libido, proprio come in un qualsiasi “reality show”. Il pubblico della sala di controllo può scommettere, ma solo tra un numero limitato di alternative, le medesime proposte da un genere ormai fortemente convenzionale. Questa volta avremo a che fare con semplici “Zombies” oppure con una più appetitosa “Zombie Redneck Torture Family”? Qualunque sia la scelta, il risultato è immutabile.
Il “Truman Show” dell’horror riserva però più di una sorpresa e molta ironia, fino a scomodare l’orrore cosmico del Lovecraft buonanima. Strada facendo, vengono smontati i meccanismi dello slasher, un po’ come avveniva nel divertente Behind the Mask: The Rise of Leslie Vernon (2006) di Glosserman, rispettando minuziosamente l’ordine dei decessi; si sbeffeggiano orde di anonimi sceneggiatori, che riducono i personaggi a marionette senza cervello; si demoliscono legioni di registi privi della seppur minima inventiva; si fa l’apoteosi del cinefilo-nerd che, abbagliato dalla truculenta mischia teratologica, potrà considerarsi appagato da una copiosa messe di citazioni. L’enciclopedico citazionismo si eleva a cosmogonia per il piacere dello spettatore, ma l’ilarità sovente bordeggia la vacuità. Il trastullo metalinguistico che aspira al saggio critico, arguto quanto si vuole, è alla fine una constatazione di “impotentia generandi”, come accadeva per gli innumerevoli Scream del pessimo Kevin Williamson, che ha definitivamente affossato il genere. Essendo impossibilitati a creare nuove forme, inabili all’invenzione, si ironizza sull’appetito malsano del pubblico per l’iterazione fine a se stessa e al tempo stesso si innalzano lamentazioni. E’ assodato che l’horror d’oltreoceano perseveri nel rimasticare esausti clichè o a proporre remake snaturati di senso ma, pur smaliziato, spassoso (irresistibile il set in stile J-Horror) e intelligente, neanche Quella casa nel bosco offre una soluzione accettabile a una situazione di stallo. Se si vuole esulare dalla norma tocca distogliere lo sguardo dalle produzioni americane e rivolgersi verso la Francia (Laugier e Maury & Baustillo), la Spagna (Balaguerò) e persino la Svizzera (l’ottimo Sennentuntschi di Steiner). Nel cast si segnala un Chris Hemsworth pre-Thor e un gustoso cameo di Sigourney Weaver nei panni di “The Director”, definizione che gioca acutamente sul doppio senso della parola.

Voto: * * *¼

Nicola Picchi

 Il grande macello

Cinque giovani, altrettante incarnazioni dei più tipici stereotipi del genere horror (la puttana, l’atleta, lo studioso, il matto e la vergine) partono per trascorrere il weekend in una casa sperduta nel bosco, dove li attendono reconditi orrori che saranno loro stessi ad evocare. Ma questo, direte voi, è quanto di più visto e già sentito…
Nel mentre, anzi, addirittura prima, dei tecnici, capeggiati dai veterani Sitterson (Richard Jenkins) e Hadley (Bradley Whitford), in una struttura futuribile ma non troppo, piena di manopole e bottoni, controllano attraverso pressoché infinite telecamere le loro mosse, ben consapevoli del triste destino che attende i ragazzi là fuori, i quali, scopriremo presto, sono all’interno di un luogo accuratamente protetto e confinato. Ma pure questo, qualcuno obietterà, sa di “Grandi Fratelli” e dei reality show più biechi e ritriti…
Eh no, signori, purtroppo la verità è ancora lontana e – per ovvi motivi – non può qui essere rivelata, nonostante sia accennata in parte fin dai titoli di testa. Basti solo sapere che Goddard e Whedon, rispettivamente regista e co-sceneggiatore, autori di innovative serie TV quali Buffy, l’ammazzavampiri, Angel, Lost e di insoliti film come Serenity e Cloverfield, si sono qui superati, mettendo in scena i luoghi (più) comuni del genere per poi illuminarli di una luce (neanche troppo) nuova e per immolarli infine sotto il citazionismo più estremo e completo – è presente uno dei più esaustivi pantheon dell’orrore – tirando in ballo nobilissime paure letterarie e catastrofici sviluppi, con in aggiunta un guizzo del fanta-horror relativamente recente (La casa di Raimi e la stessa comparsata finale della Weaver).
Per quanto sia impresa ardua parlare di un film – letteralmente – a scatole cinesi come questo, in cui le sorprese si susseguono l’una dietro l’altra, è lecito dire che rispettivamente nell’omaggio e nel metalinguaggio qui si vada oltre, in piccolo, Il bosco fuori di Gabriele Albanesi, grazioso compendio di molti topoi del genere, e superi, in grande, la serie dei quattro Scream di Wes Craven. In più però Goddard e Whedon – ed in questo risiede molta della loro elevata statura – ci inseriscono un nemmeno troppo sottile elemento (metaforicamente) politico: in tempi di crisi come questi, i giovani (precari, bamboccioni, strafatti) sembrano dire no ad un mondo di grandi che vuole “sacrificarli” in ogni modo, paiono rifiutare un universo con a capo un’oligarchia che comanda sui molti esigendo da loro enormi sacrifici, qualunque sia il costo; non ripongono più fiducia in questa umanità stanca e, se è il caso di tirare la cinghia, malgrado sia definitivamente e senza ritorno, preferiscono almeno una volta farlo in compagnia.
Ecco quindi che Quella casa nel bosco è un film di fronte al quale molti più o meno vecchi tromboni storceranno il naso, non capendolo affatto, sottovalutandolo alla grande o, peggio ancora, riconoscendosi nelle accuse a loro rivolte, mentre dall’altro lato è destinato ad incontrare il favore di più giovani generazioni che forse non afferreranno completamente tutto il potenziale eversivo, pur gradendo il truculento spettacolo in superficie, ma nelle quali subliminalmente instillerà un germe volto – speriamo – al cambiamento.
Tra humour nero dispensato a piene mani e grand guignol esasperato, oltre alla sceneggiatura di ferro di Goddard e Whedon, la riuscita di un film come Quella casa nel bosco è merito di un cast ben assortito, in cui spiccano i cinque giovani, tra cui un Chris Hemsworth prima di Thor – le riprese della pellicola, travagliatissima, si svolsero nel 2009 – i bravissimi ed autoironici Jenkins e Whitford e, last but not least, Sigourney Weaver in un cameo che è una vera manna per ogni horrorofilo e che da solo vale il prezzo del biglietto.

Voto: * * *½

Paolo Dallimonti