Scheda film

Regia e Soggetto: Tonino Zangardi
Sceneggiatura: Tonino Zangardi, Angelo Orlando
Fotografia: Giovanni Mammolotti
Montaggio: Osvaldo Bargero
Scenografie: Dionisia Cirasola
Costumi: Claudio Manzi
Musiche: Mammooth
Italia/Germania, 2008 – Drammatico – Durata: 102′
Cast: Sara Forestier, Adriano Giannini, Goya Toledo, Luca Lionello, Alessandro Haber, Monica Guerritore, Elsa Mollier
Uscita: 20 aprile 2012
Distribuzione: Minerva Pictures

 Un giorno quel dolore vi sarà utile

Ci sono voluti circa quattro anni per portare nelle sale Sandrine nella pioggia, ma questa nel complesso e ingarbugliato sistema distributivo nostrano non è di certo una novità. E come spesso accade per opere di natura indipendente l’unica e ultima speranza rimasta per sbrogliare la matassa è l’autodistribuzione, che permette alla produzione di sedersi al tavolo direttamente con il singolo esercente interessato a programmare la pellicola nella e nelle proprie sale. Questo, alla pari di tanti altre opere, è il destino che è toccato all’ultima fatica cinematografica di Tonino Zangardi che, dopo un breve ma importante percorso nel circuito festivaliero internazionale (Courmayeur Noir in Festival, Busan International Film Festival e quattro premi Busto Arsizio Film Festival nel 2011), approda in quello ufficiale in una cinquantina di copie passando dalla porta di servizio con dignità e caparbietà.
Sandrine nella pioggia ci porta in una Mantova piovosa dove si intrecciano le storie di anime e di corpi che pur incontrandosi non si trovano mai. Vicende del quotidiano di una città di provincia, si tingono di un’atmosfera magica e surreale, dove Leonardo, nel tentativo di inseguire Sandrine, la misteriosa ragazza che forse viene dal passato, annulla il suo presente. Ma quale sarà il suo futuro? Sin dalla sinossi è facile intuire che storia e personaggi vengono incastonati all’interno di una sceneggiatura che mescola il più classico dei drammi sentimentali con elementi thriller e atmosfere tipicamente noir. Tempo e atmosfere sospese che strizzano per mood l’occhio al cinema di Antonioni che delle location utilizzate da Zangardi ha fatto pura poesia in immagine. Qui, il regista del pluri-premiato Allullo Drom e di Prendimi e portami via disegna una sorta di mistery story che mette l’uno di fronte all’altro vittime e carnefici, in un rapporto fatto di passione incontrollabile prima che di amore puro, perchè nato da un senso di colpa e da una perversione sentimentale che prova costantemente a mettere a disagio la platea piuttosto che spingerla verso l’immedesimazione.
Il tutto riversato in un meccanismo narrativo che purtroppo alla lunga si rivela fragile, inceppandosi a metà strada, quando al contrario bisognava confermare quello che di buono si era visto e sentito nei primi sessanta minuti. Il risultato è una netta spaccature che rivela agli occhi dello spettatore la doppia anima di un film nel film; anime che non riescono a coesisitere e ad essere l’una la naturale e coerente estensione dell’altra. Due facce della stessa medaglia che rappresentano il meglio e il peggio di un’operazione che, nella prima parte viaggia a vele spiegate ben oltre la soglia della sufficienza, per poi naufragare in una seconda caratterizzata negativamente da un accumulo incontrollato di eventi e digressioni che fanno crollare il castello di carte drammaturgico eretto in fase di scrittura dallo stesso Zangardi e da Angelo Orlando. Eppure il prologo della sparatoria prometteva ben altri esiti rispetto a quelli rivelati dallo schermo, da parte di un film che sfugge alla regola non scritta dell’happy ending con un epilogo che non ha nessuna intenzione di chiudere il cerchio. Del resto, è la stessa protagonista della pellicola in un passaggio del film a confermarcelo: “tutto nella vita finisce e di quello che non finisce prima o poi ci si stufa”. Un po’ quello che accade dopo aver finito di vedere Sandrine nella pioggia.
A non stufare è, invece, il lato squisitamente estetico e stilistico della pellicola, che rende la fruizione meno traumatica. La regia sobria e funzionale alla storia di Zangardi rivela un gran gusto per la costuzione dell’inquadratura, per il movimento della macchina presa e per la scelta delle focali, sostenuto da una fotografia (un applauso meritato va al D.o.p. Giovanni Mammolotti) che contribuisce ad armonizzare l’intera componente tecnica. Scene come quelle della villa, del molo sulla riva del lago, dell’hangar e soprattutto della corsa sotta la pioggia battente dei due protagonisti nel finale, ne sono la cartina tornasole più evidente. 


RARO perché… è il nuovo film, benché vecchio di quattro anni, di un regista di nicchia.

Note: il film esce soltanto al Nuovo Cinema Aquila di Roma.

Voto: * *

Fancesco Del Grosso