Scheda film

Regia: Luc Besson
Sceneggiatura: Rebecca Frayn
Fotografia: Thierry Arbogast
Montaggio: Julien Rey
Scenografie: Hugues Tissandier
Costumi: Olivier Bériot
Musiche: Eric Serra
Francia/G.B., 2011 – Biografico/Drammatico – Durata: 132′
Cast: Michelle Yeoh, David Thewlis, Jonathan Raggett, Jonathan Woodhouse, Susan Wooldrdge, Benedict Wong, Flint Bangkok
Uscita: 23 marzo 2012
Distribuzione: Good Films

 Il coraggio di una donna contro una feroce dittatura

Pur non essendo un film politico, l’ultima pellicola di Luc Besson tratta un argomento delicato e difficile, attualissimo, destinato a far discutere. Film d’apertura del Festival Internazionale del Film di Roma 2011, The Lady racconta la storia e la lotta di Aung San Suu Kyi (interpretata da Michelle Yeoh), donna birmana e Premio Nobel per la Pace, costretta agli arresti domiciliari per oltre quindici anni. Gli eventi del film partono dalla nascita dell’opposizione della donna contro la dittatura militare birmana, una delle più sanguinose al mondo, e segue gli sviluppi complicati della guerra fredda scatenata da parte del regime contro i suoi tentativi di istaurare un pensiero democratico nel suo paese. Ma ciò su cui si è voluto concentrare il regista è la storia d’amore tra la protagonista e il marito, un accademico inglese, durato tutto una vita tra difficoltà e lontananza fisica, ma rafforzato dal valore e il sentimento comune che li portò a lottare per la libertà del popolo birmano.
Luc Besson ha lavorato per tre anni a questo progetto dovendo affrontare non pochi ostacoli: dalla mancanza di documentazione sulla reale situazione di Aung San Suu Kyi (attualmente comunicare con la donna non è facile e ricordiamo che è stata liberata solo nel 2010), per le resistenze a trattare un simile argomento, ma anche perché sono poche le persone ancora in vita o in libertà che hanno conosciuto o lavorato con “Suu”. Infatti va riconosciuto il lavoro certosino compiuto da lui e dalla sua sceneggiatrice, Rebecca Frayn, sui pochi testi disponibili che comunque hanno portato ad un lavoro avvincente ed intenso. Al di là della vicenda storica, ormai tristemente nota ai molti, che sicuramente coinvolge lo spettatore per il coraggio e la determinazione di una donna che, senza usare alcun tipo di violenza o di moderna tecnologia, ma solo con la sua forza di volontà e con la certezza delle sue convinzioni, si è fatta voce dei bisogni di un popolo, ciò che più colpisce di questo film è l’amore inteso sia come forza universale ma anche come bene tangibile che sembra muovere Aung San Suu Kyi giorno dopo giorno, così come suo marito e i suoi figli. Una famiglia interamente votata ad una causa superiore, il riscatto di un popolo contro delle atrocità e delle barbarie verso le quali non si può più tacere. Ed allora non essere presenti al compleanno del figlio non è una gravissima colpa, come non lo è essere al capezzale del proprio marito, perché l’amore ci segue ovunque e tutto si fa per amore.

Voto: * * * *

Giada Valente

 #IMG#La donna che visse rivolte

La stagione cinematografica italiana 2011-2012 pare essere quella della redenzione o almeno della tentata svolta per molti registi. Dopo il Roland Emmerich di Anonymous, ecco arrivare – anche se era già stato presentato alla fine di ottobre alla sesta Festa del Film di Roma – Luc Besson con The lady.
L’inizio è tra il tragico ed il poetico: una bambina si vede uccidere il padre militare davanti agli occhi. Lui è il generale Aung San, capo della fazione nazionalista del Partito Comunista della Birmania e principale uomo politico del suo paese che ne negoziò l’indipendenza col Regno Unito, lei la figlia Aung San Suu Kyi, il luogo è la Birmania o Myanmar o ancora Burma, il tempo il 1947.
Quella bambina crescerà, allevata dalla madre insieme ad altri due fratelli e diventerà la principale attivista per la pace e la democrazia nel suo paese, in opposizione al regime dittatoriale del generale Saw Maung e divisa tra la propria patria – nella quale dovrà restare, pena non potervi più rientrare – e la propria vita che, sotto forma di marito malato e due figli, continua a scorrere nell’altra parte del mondo. Verrà arrestata più volte e non potrà andare ad Oslo nel 1991 a ritirare il premio Nobel per la Pace (andrà la sua famiglia occidentale) e nemmeno ad accudire e piangere il coniuge Michael Aris, malato di cancro, che si spegnerà nel 1999.
A metà tra il biopic e l’instant-movie, il film vuole raccontare fin dall’infanzia la vita dell’ancora vivente Aung San Suu Kyi (Michelle Yeoh), pendendo però troppo verso l’agiografia, rischiando di fare della sua protagonista solo uno sterile santino, contrapposto ad un dittatore da operetta (che si fa leggere le carte e spara senza pietà alla fattucchiera artefice di un presagio non troppo felice), un risultato forse neanche troppo utile alla sua causa. Così il regista di Nikita non sfugge ai ralenti che hanno sempre caratterizzato la sua opera, e, nel finale, per un gioco di inquadrature e di dolly, sembra quasi che la sua eroina in un comizio leviti.
Però tutto sommato Besson, grazie anche ad interpreti straordinari, come la Yeoh e soprattutto il quasi irriconoscibile David Thewlis, nel doppio ruolo del coniuge della donna e di suo fratello gemello, realizza un film interessante, avvincente e doveroso, su una realtà in occidente non conosciuta quanto si dovrebbe, malgrado grondi spesso di retorica. Ma, visto che comunque è per una buona causa, lo si perdona anche.

Voto: * * *

Paolo Dallimonti