Scheda film

(Tr. Lett.: Nel nome della figlia)
Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Tania Hermida P.
Fotografia: Armando Salazar
Montaggio: Juan Carlos Donoso, Vanessa Amores
Scenografie: Juan Carlos Acevedo
Musiche: Nelson García (con l’aggiunta di Felipe e Javier Gangotena)
Ecuador, 2011 – Commedia – Durata: 100‘
Cast: Eva Mayu Mecham Benavides, Markus Mecham Benavides, Martina León, Sebastián Hormachea, Francisco Jaramillo, Paúl Curillo, Dianneris Díaz
Uscita nel paese d’origine: 9 settembre 2011

 Infanzia bruciata

Passato alla Festa del Film di Roma, dove ha vinto il premio nella sezione Alice nella Città, per cui era in concorso, En el nombre de la hija è il delicato racconto dell’infanzia di Manuela (Eva Mayu Mecham Benavides), ragazzina ancora per poco, che si trova a trascorrere insieme al fratellino Camilo (Markus Mecham Benavides, fratello anche nella realtà) l’estate del 1976 sulle Ande, nella tenuta dei nonni materni. Padre socialista ed ateo, la piccola si troverà a difendere le sue idee, di fronte agli avi cattolici, che cercheranno di imporle la loro fede e di cambiarle il nome, considerato sconveniente, arrivando anche a battezzarla. Ma un incontro inatteso con uno zio matto, confinato lontano da tutti in un remoto angolo della proprietà come un qualcosa di cui vergognarsi e che ancora mantiene il dono intatto della fanciullezza, l’aiuterà al passaggio verso l’adolescenza. Dopo quell’estate tra le montagne, Manuela non sarà più la stessa…
Girata in 35 mm nelle valli di Paute e Yunguilla, nella Provincia del Azuay in Ecuador nell’agosto del 2010, con uno stile molto rigoroso, tra Ferreri e Buñuel, con un occhio anche a Fellini (chi vi ricorda lo zio pazzo?), la pellicola della regista ecuadoregna Tania Hermida P., che si è avvalsa del cast tecnico che l’aveva assistita nel precedente Qué tan lejos (anch’esso inedito da noi), è un’opera al tempo stesso raffinata, con vari sottotesti (il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, l’elogio della follia, l’intimo segreto di ognuno), ma anche cruda e dura, come i volti dei suoi interpreti, prima fra tutti la protagonista o alcuni dei suoi parenti materni, come pure lo è la sincerità dei bambini, in particolare quando la loro condizione privilegiata è ormai agli sgoccioli.
L’andamento della narrazione è estremamente lineare, passando per tappe obbligate, tra le quali anche la morte, sia quella fisica che quella della fantasia, che scandiscono il passaggio all’età più matura.
I giovanissimi attori, scelti attraverso un casting di milletrecento fanciulli, tra Cuenca (città natale della regista), Quito e Gualaceo, hanno le facce giuste ed aiutano il film a volare alto, là dove arrivano i sogni dei bambini, per non fare più ritorno.
Rarissimo perché… troppo sudamericano?!
Note: passato alla Festa del Film di Roma 2011 nella sezione Alice nella Città, dove è stato premiato, il film non è MAI uscito in Italia.

Voto: * * *½

Paolo Dallimonti