Scheda film
Regia: Roman Polanski
Soggetto: Yasmina Reza (dalla sua commedia “Le dieu du carnage”)
Sceneggiatura: Yasmina Reza, Roman Polanski
Fotografia: Pawel Edelman
Montaggio: Hervé de Luzw
Scenografie: Dean Tavoularis
Costumi: Milena Canonero
Musiche: Alexandre Desplat
Francia/Germania/Polonia/Spagna, 2011 – Drammatico – Durata: 79′
Cast: Jodie Foster, Kate Winslet, Christoph Waltz, John C. Reilly, Elvis Polanski, Eliot Berger, Joseph Rezwin
Uscita: 16 settembre 2011
Distribuzione: Medusa
Ispirato a “God of Carnage” di Yasmina Reza
Due coppie piuttosto dissimili si incontrano per discutere dello scontro avvenuto tra i loro due figli.
La diversità di vedute, e la scarsa volontà di confrontarsi davvero, creeranno una situazione difficile che finirà per replicare il conflitto avvenuto tra i ragazzi, e ampliare le differenze tra i quattro.
Era dai tempi di Chi ha paura di Virginia Woolf? che non si metteva in scena un conflitto tra borghesi piccoli piccoli così incisivo.
Polanski fissa il suo sguardo impietoso ben oltre la maschera di buone disposizioni e concilianti intenti, costruendo, con la complicità di quattro attori in stato di grazia, una convincente rappresentazione dell’inferno personale di chi mai avrebbe pensato di esser costretto a mettere in discussione la propria idea di sé.
L’input è banale: una lite tra ragazzini che però degenera in violenza. L’apparenza conciliante dei genitori è presto messa alla prova dalla vicinanza, che finisce per diventare confronto, nello spazio ristretto che i quattro condividono per tutta la durata dell’incontro.
Ciascuno ha le sue manie e le sue convinzioni sotterranee e niente di quel che si vede all’inizio risulterà vero, alla fine. La facciata cordiale presto si sfalda per fare posto a un girotondo di alleanze e guerriglie emotive, e l’ironia iniziale finisce per mutarsi in sarcasmo.
La tensione sale sotterranea, mai esplicita e fa capolino nella narrazione attraverso sbalzi subliminali, che spesso ammiccano più che raccontare apertamente ciò che davvero c’è da sapere.
Il tutto è reso con la regia più tesa e sbilenca che si possa immaginare, con l’occhio di chi, mentre guarda, non può fare a meno di sentirsi coinvolto dapprima, e disgustato poi.
Nascosta tra l’erba ben curata della riuscita sociale si annida una primitiva divinità che invoca alla carneficina e Polanski, come pochi altri prima di lui, usando uno sguardo disincantato apre la via alle alleanze segrete con lo spettatore. Nessuno dei personaggi raffigurati è interamente buono o cattivo, ma insieme tutti incarnano la parte di noi che vuole vedere il sangue.
Raccontata con stile e perfetta sincronia, questa ennesima messa in scena della realtà che si nasconde nell’animo umano ha radici lontane e nello stesso tempo attuali. Il racconto si snoda con rabbia e con un umorismo tagliente, mentre la staticità della rappresentazione mette ben in chiaro il fatto che, in secoli di rappresentazioni teatrali dei conflitti umani, nulla è cambiato, se non il modo che abbiamo di spazzare sotto il tappeto delle convenzioni la nostra natura più nera.
La regia sobria e totalmente scevra di sottolineature sostiene con garbo quel che alla fine è solo una rappresentazione teatrale, la cui forza reale sta nella capacità degli attori di reggere la tensione della presenza costante in scena.
I quattro protagonisti brillano a turno sotto i riflettori dello smantellamento progressivo del sé, con una menzione speciale per la coppia Winslet/Waltz che si sfalda per prima, con il gusto dissacratorio di chi sa per certo che, dopo un simile confronto, gli ingenui interlocutori pacifisti e irritantemente buonisti non vedranno più le cose alla stessa maniera.
Mentre lo spettatore, che avrà accettato ancora una volta di essere accompagnato nella platea dell’ennesimo teatro a vedere la solita storia di cattiveria umana, scoprirà con un certo grado di divertimento che, talvolta, la consapevolezza di essere in presenza di uno stereotipo, non vuol dire necessariamente sapere davvero come questo si confermerà.
Voto: * * * *
Anna Maria Pelella
#IMG#New York, in un parco…
New York, in un parco pubblico due ragazzini litigano e uno rompe all’altro due denti, i genitori si incontrano per decidere come gestire l’evento. Quella che poteva sembrare una riconciliazione fra adulti si tramuterà invece in un litigio dai risvolti imprevisti.
Un vero esercizio di stile di Polansky che trasloca sul grande schermo la piece teatrale di Yasmina Reza, “Il Dio del massacro”, facendone la sua ennesima splendida, anche se in tal caso breve, pellicola; aiutato dalla sublime prova recitativa di un gruppo di attori da Oscar ove spicca la solita Jodie Foster e dove le riprese, tutte rigorosamente in interno, alternano i movimenti degli attori sul grande schermo che si schierano attorno al tavolino del soggiorno affiancandosi o dividendosi a seconda delle momentanee alleanze, o divergenze, di vedute che si vengono a creare. Il tutto partendo da una lite fra ragazzini che tramuta un tentativo di riconciliazione fra genitori, apparentemente riuscito, nello sfogo di ogni frustrazione da parte degli adulti, tutti figli di una borghesia “Made in USA” che viene più volte trasversalmente attaccata nel corso della pellicola, a partire proprio da Jodie Foster, nel ruolo di una paladina dei diritti umani, proseguendo con le rispettive vedute di ognuno degli altri litiganti; l’avvocato perennemente in contatto con il proprio studio che crede nel Dio del Massacro e non stravede per gli aiuti umanitari o il rappresentante di articoli per la casa che dall’avvocato non è visto se non come un banale qualunquista. Una pellicola che come si conviene Polanski non ha potuto girare negli Stati Uniti ma che degli USA ha preso di mira la parte più perbenista e forse peggiore facendone un ennesimo capolavoro.
Voto: * * * *
Ciro Andreotti