Scheda film
Regia: Giuliano Montaldo
Soggetto: Giuliano Montaldo, Vera Pescarolo Montaldo
Sceneggiatura: Giuliano Montaldo, Andrea Purgatori
Fotografia: Arnaldo Catinari
Montaggio: Consuelo Catucci
Scenografie: Francesco Frigeri
Costumi: Elisabetta Montaldo
Musiche: Andrea Morricone
Italia, 2011 – Drammatico – Durata: 94′
Cast: Pierfrancesco Favino, Carolina Crescentini, Eduard Gabia, Francesco Scianna, Elena Di Cioccio, Elisabetta Piccolomini, Andrea Tidona
Uscita: 13 gennaio 2012
Distribuzione: 01 Distribution
Derelitto e castigo
Nell’operosa Torino industriale dei nostri anni, il tenace Nicola (Pierfrancesco Favino) è a capo di una fabbrica, ereditata dal padre, che la crisi economica gli sta portando via. Non bastano i continui incontri con gli operai, le udienze presso le banche, né la speranza di una join venture con una compagnia tedesca a cercare di salvare la difficile situazione. La dedizione al gioiellino di famiglia lo sta anche allontanando dalla moglie Laura (Carolina Crescentini) che trascura, la quale, frenata dall’orgoglio del marito, potrebbe solo con un gesto far sanare alla sua facoltosa famiglia le gravi condizioni in cui versa la fabbrica. Ed il sospetto che lei possa tradirlo, a sua volta gli farà trascurare gli interessi economici. Quando tutto sembrerà perduto, Nicola riuscirà miracolosamente a recuperare ogni cosa, moglie e baracca comprese, ma su di lui graveranno non pochi segreti, alcuni dei quali neanche conosce…
L’anziano leone Giuliano Montaldo, ad ottant’anni suonati ed a tre anni dall’ultimo I demoni di San Pietroburgo, ancora emette qualche ruggito, seppure un po’ rauco. Da un soggetto suo e di sua moglie Vera Pescarolo Montaldo (che l’ha anche aiutato dietro la macchina da presa) e da una sceneggiatura scritta dal regista insieme ad Andrea Purgatori, esce un film che parla di crisi, economica e sentimentale, di mancanza di lavoro e di assenza d’affetti, di bugie, di delitti e di castighi. Dostoevkijana così come piace al suo autore, la vicenda scivola però più volte nel ridicolo involontario, sia per alcune scelte, come quella dei ristoratori giapponesi spacciati per danarosi investitori dagli occhi a mandorla, che per alcune svolte portanti della storia che hanno la tenue consistenza di una barzelletta. Come può essere credibile che un imprenditore, il quale rischia ogni giorno di finire sul lastrico, arrivi a dannarsi l’anima per un ex extracomunitario che gli insidia garbatamente la moglie, sputtanando un impero famigliare per una questione tutto sommato inconsistente?!
Pur girato in una fotografia livida e sbiadita come gli animi dei protagonisti, curata da Arnaldo Catinari, ed interpretato da un ottimo cast, pur partendo dalla scelta saggia di prediligere il vuoto interiore degli uomini a quello dei loro portafogli, L’industriale è un film che a tratti avvince ed a tratti delude, lasciando che alla fine prevalga un senso d’insoddisfazione.
Voto: * *½
Paolo Dallimonti
Montaldo racconta la crisi
#IMG#Nicola (Pierfrancesco Favino), proprietario di una fabbrica che produce pannelli solari, è con l’acqua alla gola: le banche non gli danno i finanziamenti di cui ha bisogno e se non trova nuovi investitori in fretta, dovrà dichiarare bancarotta.
Mentre cerca una soluzione, scopre che anche l’ultima cosa che gli resta, l’amore della moglie Laura (Carolina Crescentini) si sta allontanando da lui: il sospetto che Laura abbia una relazione extraconiugale spinge Nicola a seguirla di nascosto.
L’Industriale di Giuliano Montaldo conferma due cose: che Pierfrancesco Favino è l’attore di maggior talento della sua generazione e che il cinema italiano non è oggi all’altezza dei suoi migliori interpreti. Nei primi minuti, l’attacco al sistema bancario e al governo promette un’intensità e un coraggio che poi non vengono confermati, e portano il pubblico a sperare in un film che documenti la drammatica situazione del paese dal punto di vista di una persona abbastanza determinata per accusare apertamente i responsabili della crisi e della mancanza di soluzioni.
Ci sono due storie sovrapposte: quella del tentativo di Nicola di salvare la fabbrica e quella del tentativo di Nicola di salvare il proprio matrimonio. L’equilibrio tra le due non funziona a dovere e quando nella seconda parte la sottotrama del presunto tradimento di Laura cresce a dismisura, il film si spegne in una specie di noir non riuscito.
La Torino svuotata, bloccata dalle manifestazioni e scolorita fino ai limiti del bianco e nero è l’unico graffio di un film che al momento decisivo sceglie il melodramma e accantona il tema economico e sociale, la cui soluzione la trova in un’improbabile sceneggiata.
Non convince del tutto il personaggio di Laura. Appare stridente, infatti, la psicologia di un personaggio che cerca di aiutare il marito ma allo stesso tempo cerca tra le braccia di un parcheggiatore extracomunitario il calore che sta svanendo nel suo matrimonio.
La confusione e l’isolamento sono per Montaldo gli stati d’animo prevalenti dell’Italia contemporanea, effetto devastante della crisi economica e morale che sta investendo l’Occidente. Purtroppo l’intento di raccontare la difficile caduta di chi lavora onestamente dinanzi al cinismo e allo sciacallaggio delle banche che il film sembra avere non riesce, dato che il protagonista del film è sempre un uomo benestante, sposato con una donna ricca e bellissima e quindi molto lontano dalla situazione di chi si ritrova davvero senza alcun tipo di garanzia nella vita.
Montaldo non divide gli italiani in ricchi e poveri, ma in persone oneste e persone disoneste e sceglie un protagonista ricco con un solido codice morale per mettere ulteriormente in risalto la difficoltà delle persone oneste di cavarsela.
Dare troppa attenzione, nella seconda metà del film, alla vicenda coniugale fa svanire però la sensazione che il film tratti un tema universale e importante e che sia un manifesto dell’incapacità delle istituzioni di aiutare l’Italia puntando sul lavoro e sull’etica.
I tempi che corrono travolgono soprattutto le brave persone, non c’è speranza. Peggio ancora: la disperazione fa uscire il peggio di noi, l’incomunicabilità distrugge i rapporti umani e il sospetto vince sulla fiducia, portando a esiti disastrosi.
Montaldo voleva puntare il dito contro un sistema fallimentare che sta distruggendo l’integrità del nostro paese ma, nonostante la bellissima interpretazione di Favino, alla fine ripiega su se stesso e non trova alcuna via d’uscita.
Voto: * *½
Giada Valente