Scheda film
Regia e Musiche: Clint Eastwood
Soggetto e Sceneggiatura: Dustin Lance Black
Fotografia: Tom Stern
Montaggio: Joel Cox, Gary Roach
Scenografie: James J. Murakami
Costumi: Deborah Hooper
USA, 2011 – Drammatico/Biografico/Storico – Durata: 137′
Cast: Leonardo DiCaprio, Josh Hamilton, Geoff Pierson, Cheryl Lawson, Kaitlyn Dever, Brady Matthews, Gunner Wright
Uscita: 4 gennaio 2012
Distribuzione: Warner Bros
Ma dove FBiaI se il vizietto non ce l’hai?
Chi era veramente J.(ohn) Edgar Hoover, padre dell’FBI e del metodo di ricerca scientifico contemporaneo (sui cui sistemi sono oggi basate le numerose serie poliziesche che imperversano sugli schermi statunitensi e non solo), acerrimo nemico dei comunisti e lato oscuro di un paese enigmaticamente democratico come gli USA?
A raccontarsi, nella maniera più consona ad Hollywood, è lui stesso (impersonato per tutto il film da uno straordinario Leonardo DiCaprio, appesantito dal trucco col passare degli anni), a partire da quando, sul finire della propria carriera, si apre ad un agente suo sottoposto, rivelandogli un passato ricco di ombre e di misteri. Un personaggio estremamente affascinante e complesso, legato fortemente alla madre Anne Marie (Judi Dench), a fronte di un padre malato e pressoché inesistente, la quale gli comprava i vestiti e sognava per lui quel futuro grandioso che poi effettivamente riuscì ad avere; poi all’amico e collega fidato Clyde Tolson (Arnie Hammer), cui lo cinse un rapporto in pesante odore di omosessualità; nonché alla segretaria personale Helen Gandy (Naomi Watts), che seppe sempre proteggerne i segreti, anche oltre la morte.
Partendo quasi in medias res, con il protagonista che inizia subito a raccontarsi, Eastwood supera la biografia ed analizza i meccanismi che hanno scandito la vita di J. Edgar, narrandone i rapporti intricati con i suoi più intimi famigliari e sodali, ma anche con personaggi quali Robert Kennedy, Martin Luther King e tutta la serie di ben otto presidenti della nazione che si sono avvicendati nel corso della sua esistenza.
Per la prima volta insieme, Eastwood e DiCaprio, rispettivamente al di qua ed al di là della macchina da presa, realizzano un’alchimia quasi efficace, unendo una regia classica e leggermente distaccata ad un’interpretazione sfaccettata ed attenta, quest’ultima coadiuvata dall’eccellente lavoro della truccatrice Sian Grigg, che ha invecchiato l’attore ed il suo personaggio, portandolo dai venti ai settanta anni. E se il “vecchio” Clint cura i dettagli, ad esempio presentando la prima volta l’ambiguo Tolson come un’ombra dietro una porta a vetri, già avanti con gli anni e quasi scomodo, oppure enfatizzando la figura materna o ancora mostrando Hoover che indossa i suoi vestiti ricordandola, il giovane Leonardo riesce a rendere con estrema misura e verosimiglianza un uomo che nella sua vera vita è stato ben sopra le righe.
Eastwood, idealmente vicino al Partito Repubblicano, ma non certo a quello rappresentato dalla famiglia Bush, più che altro un libertario, non nuovo ai fantasmi del proprio paese dopo il superlativo dittico dedicato ad Iwo Jima, sembra voler fare di J. Edgar, nemico dei bolscevichi negli Stati Uniti, una sorta di satira, tingendola di melodramma e sfiorando a tratti il ridicolo involontario, tendendo ad insistere fin troppo sulla sua presunta omosessualità. Non è però questo l’unico neo di un film su una figura comunque sgradevole: a gravare sull’opera è proprio la mancanza di empatia da parte dello spettatore con quella che è l’altra faccia del sogno americano, cioè l’incubo, un uomo di cui tutta una nazione non sa se andare effettivamente fiera o meno. Un po’ come accadde con The aviator di Scorsese, anche quello curiosamente interpretato dal bel (e bravo) DiCaprio, la magnificenza iperrealista della messa in scena e l’acuta analisi di un personaggio che incarna vizi e virtù di un intero paese, rischia di restare semplicemente un compitino ben realizzato, ma freddo e poco attraente. Malgrado qui in particolare si cerchi di trovare un lato sgradevolmente umano nell’uomo raccontato, svelandone chiaramente l’inevitabile lato gay, i continui salti temporali lungo la sua vita, ben marcati dal trucco, rischiano di non coinvolgere il pubblico, ma di annoiarlo, mentre un buon libro su Hoover, come i tanti che si è letto lo sceneggiatore Dustin Lance Black (vincitore di un Oscar per il copione di Milk, altra opera in tema di omosessualità), sarebbe più esaustivo ed avvincente.
Voto: * * *
Paolo Dallimonti